mercoledì 13 maggio 2009
Il Regio decreto prevede che tra i requisiti richiesti per un posto da operaio vi sia quello della cittadinanza italiana o di altro paese dell’Unione europea. I legali: «Comportamento illegittimo e discriminatorio ai sensi del Testo unico sull’immigrazione».
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Lui vorrebbe fare l’operaio all’Atm, ma un vecchio decreto regio glielo impedisce perché è straniero, così ricorre alle vie legali per cercare di superare un’empasse che la stessa azienda dei trasporti chiede da tempo di rivedere, viste le difficoltà nel reclutare personale. Un marocchino 18enne, residente in Italia dal 2004, diplomato «operatore elettrico e elettronico» vorrebbe presentare domanda di assunzione dall’Atm, ma pur avendo il curriculum vitae giusto, sa di non poterlo fare perché tra i requisiti richiesti per un posto da operaio vi è quello della cittadinanza italiana o di altro paese dell’Unione europea a causa del Regio decreto del 1931. Per questo ieri ha presentato ricorso al Tribunale del lavoro, chiedendo che venga dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento della società e che venga ordinato all’Atm di esaminare le domande di assunzione presentate da extracomunitari legalmente residenti in Italia tra cui la sua. L’operaio ha presentato il ricorso insieme all’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e ad Avvocati per niente onlus (Apn), iscritte all’elenco degli enti collettivi che operano nel campo del contrasto alle discriminazioni e che negli anni sono state promotrici di numerose azioni giudiziarie a tutela della parità di trattamento. E in questo caso, ad avviso dei tre i ricorrenti rappresentati dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, «il fatto che uno straniero extracomunitario legalmente residente in Italia non possa accedere alle medesime opportunità lavorative di un cittadino italiano o europeo, specie se al di fuori del pubblico impiego, costituisce comportamento illegittimo e discriminatorio ai sensi del Testo unico sull’immigrazione».Da parte sua l’Atm ha preso posizione, come aveva già fatto in passato, a favore di un’abolizione del decreto. «Più volte l’azienda – si legge in una nota – ha sottolineato come dal 1931 la realtà italiana ed europea sia cambiata chiedendo una revisione del sistema di regole. Siamo dunque favorevoli a dare il contributo per ridiscutere il sistema di leggi che regola il settore».
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