lunedì 26 luglio 2010
Sono prevalentemente dell’Est, i venti Paesi che si sono schierati, a fianco dell’Italia, contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che vorrebbe vietare di esporre la Croce nei luoghi pubblici, soprattutto nelle scuole. Intervista al professor Puppinck (Eclj).
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«Ad oggi sono divenuti venti i Paesi dell’Europa, che con un gesto senza precedenti, si sono uniti all’Italia, nel suo ricorso alla sentenza contro l’esposizione del crocifisso nelle scuole pronunciato il 3 novembre da una camera della seconda sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo». Dal suo osservatorio privilegiato di Strasburgo, il direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj), professor Grégor Puppinck può misurare, giorno dopo giorno, l’impatto del dibattimento di fronte alla Grande Chambre svoltosi a fine giugno, che ha riavviato su richiesta del nostro governo l’esame del caso. Professore, a tre settimane dell’udienza che valutazione si può dare?Appare ogni giorno più chiaro che è stata ottenuta una vittoria considerevole contro le dinamiche della secolarizzazione. Se l’Italia non ha ancora conseguito il suo obiettivo da un punto di vista giuridico, di fatto ha riportato politicamente una vittoria assai significativa. Infatti, a oggi, non sono meno di venti i Paesi europei che hanno dato il loro sostegno ufficiale alla legittimità della presenza del simbolo cristiano nei luoghi pubblici e specialmente nelle scuole.Venti Stati? Veramente il conto della stampa si era fermato a dieci...In un primo momento, dieci Stati sono entrati nel caso Lautsi (la cittadina italiana di origine finlandese all’origine del ricorso contro il crocifisso ndr) come "terzi interventori". Ciascuno di questi Paesi (Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, Romania, Federazione russa e San Marino) ha presentato alla Corte una memoria scritta invitandola a rivedere la sua sentenza. Queste memorie non hanno solo un interesse giuridico, ma sono in primo luogo delle notevoli testimonianze della difesa del loro patrimonio e della loro identità di fronte all’imposizione di un modello culturale unico. La Lituania per esempio non ha esitato a fare un parallelo tra la sentenza Lautsi e le persecuzioni religiose che ha subito e che si manifestavano, come è noto, con il divieto dei simboli religiosi.E gli altri dieci Paesi?A questi primi dieci Paesi si sono aggiunti, finora, i governi di Albania, Austria, Croazia, Ungheria, Moldavia, Polonia, Serbia, Slovacchia e Ucraina che hanno pubblicamente messo in discussione la sentenza della Corte e domandato che le identità e le tradizioni religiose nazionali siano rispettate. Molti governi hanno insistito sul fatto che questa identità religiosa è all’origine dei valori e della unità europea.A questo punto come sono gli equilibri tra i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, nel cui ambito si colloca la Corte?Con l’Italia, già quasi metà degli Stati del Consiglio, si è opposta a questo tentativo di secolarizzazione, di scristianizzazione forzata delle scuole, rivendicando, in sostanza, un riconoscimento giuridico dello speciale ruolo del Cristianesimo nella società europea. Hanno di fatto anche difeso il loro radicamento in Cristo, perché è conforme al bene comune che Cristo sia presente ed onorato nella società.La composizione del raggruppamento di Stati che sono scesi in campo in difesa del crocifisso si presta a considerazioni di natura geopolitica?Questo raggruppamento, che unisce quasi tutta l’Europa centrale, orientale e balcanica, mostra che questa divisione può essere superata, come dimostra l’importanza del sostegno apportato all’Italia dai Paesi di tradizione ortodossa, qualunque sia ora il loro orientamento politico. Questo importante sostegno è dovuto in parte dalla decisione delle chiese ortodosse di difendersi dall’avanzata del secolarismo. Mettendo in pratica la richiesta del Patriarca Cirillo di Mosca di «unire le Chiese contro l’avanzata del secolarismo» il Metropolita Hilarion ha proposto la costituzione di una «alleanza strategica tra cattolici e ortodossi» per difendere insieme la tradizione cristiana «contro il secolarismo, il liberalismo e il relativismo che prevalgono nell’Europa moderna».Tutto ciò che significato storico ha?Questo fenomeno importante indica che la “transizione democratica” all’Est non si è accompagnata dalla “transizione culturale” fortemente sponsorizzata dall’Ovest. Si assiste oggi piuttosto ad un movimento inverso di riaffermazione identitaria che passa attraverso una riproposizione del modello ortodosso della relazione tra Chiesa e potere civile.E per quanto riguarda le istituzioni europee?Questo sostegno massiccio arrivato dall’Est alle posizioni italiane, può annunciare un rovesciamento nella dinamica di costruzione culturale dell’unità europea. In effetti, si è sempre pensato che l’unità europea si sarebbe fatta ineluttabilmente dall’Ovest all’Est, attraverso una “conquista dell’Est” al liberalismo economico, e culturale dell’occidente. Ora, in modo singolare, il caso Lautsi ha provocato un movimento di senso inverso dall’Est all’Ovest. L’Est dell’Europa, appoggiandosi sul cattolicesimo si oppone all’Ovest per difendere la cultura cristiana ed una giusta concezione della libertà religiosa. Evidentemente, i difensori della libertà nei confronti del materialismo non si trovano più nella stessa parte dell’Europa dove erano prima.
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