giovedì 1 giugno 2023
Una famiglia su dieci a Milano è morosa. Lo sfogo di una madre in fila alla Cisl: «Costretta a far dormire mio figlio in cantina al freddo». Confedilizia esprime «sfiducia sugli affitti lunghi»
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Gli affitti sono ogni giorno più cari. Specialmente nelle grandi città. Nel 2021 (ultimi dati Istat disponibili) 2 milioni e 500mila famiglie spendevano quasi la metà del proprio reddito per la casa. Oggi, un affitto medio per una stanza singola varia dai 452 euro di Roma ai 628 di Milano. Perciò - è inevitabile - cresce anche il numero di famiglie in ritardo con i pagamenti. Circa una su dieci. Ed è su queste morosità, più o meno incolpevoli, che aleggia lo spettro dello sfratto.

Negli ultimi venti anni di monitoraggio del ministero dell'Interno, sono stati eseguiti oltre 500mila sfratti. Con il quadruplo di richieste presentate dall'Ufficiale giudiziario. Da un anno a questa parte, dopo una breve pausa dovuta al Covid-19, le espulsioni sono riprese senza tregua in un tessuto sociale già fiaccato da crisi economiche e finanziarie. «Milano versa in una condizione post-Covid surreale, i prezzi sono aumentati di oltre il 30% - spiega Carmelo Benenti, segretario del sindacato inquilini Cgil di Milano -. Ora non è più sostenibile il costo al metro quadro sia per l'acquisto sia per l'affitto». Non stupisce, perciò, che solo una sparuta minoranza di sfratti sia effettuata per necessità del locatore, mentre circa uno su sei per finita locazione. Nel resto dei casi, oltre l'80%, dalla casa si viene espulsi perché morosi. Non senza disagi per gli stessi proprietari che devono rientrare in possesso degli immobili. Fra di loro, ha commentato Confedilizia in un'audizione alla Camera dello scorso 16 maggio, si registra una «diffusa sfiducia, acuita da un blocco degli sfratti durato quasi due anni» che sta «allontanando molti proprietari dalle locazioni di lunga durata». In altre parole, sottoscrivere affitti lunghi anni da un lato è meno remunerativo e dall’altro più rischioso. Eppure, il recente boom di locazioni brevi ha fatto impennare i prezzi alimentando - di fatto - un circolo vizioso.

​Le proposte delle istituzioni

Nei Consigli regionali, da mesi, si discute di porre un limite agli affitti più corti. Almeno nelle città d’arte. In Veneto, per la prima volta in Italia, una proposta di legge ha ipotizzato un tetto a 180 giorni all’anno. L’ipotesi non è stata presa in considerazione dal ddl “affitti brevi”, di cui è uscita in questi giorni una prima bozza dal ministero del Turismo, in cui il governo ha fissato a 2 giorni il limite minimo delle locazioni senza esprimere soglie massime. A Milano, invece, l’attenzione delle istituzioni pare rivolta proprio alle famiglie in crisi per gli sfratti. Anticipare i tempi di informazione, assicurare puntualità nelle esecuzioni e diminuire l’impatto sui soggetti in condizioni di necessità. Questi gli obiettivi del tavolo che a fine gennaio ha coinvolto prefettura, istituzioni e associazioni meneghine per costruire una rete di sostegno a supporto dei più fragili.

​L'identikit degli sfrattati

Ma, da allora, la situazione è rimasta grave. Ogni giorno, in media, secondo gli esperti almeno 10 famiglie nel capoluogo lombardo attendono che le forze dell’ordine vengano a sfrattarle. Si tratta di giovani che hanno perso il lavoro, famiglie monoreddito a cui è nato un figlio, madri con bimbi piccoli oppure anziani soli a cui la pensione non basta per vivere. Secondo Mattia Gatti, segretario Sicet (sindacato inquilini Cisl) Milano, disegnare un identikit non è semplice: «Capita la persona che lavora nel campo dei servizi, della ristorazione, dell’edilizia, delle pulizie. Ma tutti sono accomunati dall’avere lavori poveri e spesso precari». In effetti, la platea degli sfrattati è ogni giorno più larga e variegata. Non solo nuclei in povertà assoluta, spiega il segretario, ma anche famiglie del cosiddetto ceto medio. Preoccupa sempre di più la situazione delle periferie. «Si è allargato molto il cerchio in cui non si trovano soluzioni abitative – continua Gatti -, bisogna cercare il posto scollegato ma i lavoratori come fanno?».

​Il grido di chi cerca casa

Eppure, i veri problemi iniziano quando lo sfratto è stato ormai eseguito. A Saladino Thopal, ex operaio 60enne, è successo decenni fa. «Quando stavo bene pagavo i contributi, ho lavorato in fabbrica in Italia dai 20 ai 32 anni – ci racconta -. Poi un incidente mi ha reso disabile al 35%, mi hanno licenziato e sono in strada da 30 anni». E non va sempre meglio a chi invece il lavoro ce l’ha. Giuva Flores viveva da sola con il figlio nella periferia milanese. Pagava 400 euro di affitto e lavorava come domestica. Finché, come un fulmine a ciel sereno, le arrivò l’avviso di sfratto: il contratto della casa non era stato depositato e i soldi non erano mai arrivati al vero proprietario dell’immobile. «Di ritorno dal lavoro, dalla mattina alla sera, ci hanno buttato fuori di casa – racconta in lacrime – ho preso mio figlio e siamo andati a dormire al freddo in una cantina, per una settimana con solo una coperta». Oggi, grazie a un’amica, ha trovato una soluzione precaria nella speranza che il Comune gli riconosca la morosità incolpevole, concedendole un alloggio in un’abitazione temporanea. «Viviamo in 7 con un solo bagno piccolo – continua -. Mio figlio si alza ogni mattina alle 5 per andare a scuola. L’altro giorno mi ha chiamato per dirmi che si era addormentato sull’autobus ed era arrivato al capolinea».

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