lunedì 28 gennaio 2013
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Niente contributi pubblici a bar, negozi o edicole che ospitano slot machine. È operativa la delibera della Provincia autonoma di Trento, varata nell’ambito della finanziaria 2013 come nuovo segnale concreto per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo, dopo gli interventi avviati  un anno fa con una campagna di prevenzione e formazione. L’assessorato al commercio non solo ha previsto che non sia concesso alcun incentivo a esercizi commerciali nei quali sono collocati apparecchi per il gioco d’azzardo ma ha anche vincolato la concessione a chi s’impegna a non istallarne nemmeno in futuro. Un modo per valorizzare la scelta degli esercenti più sensibili che rinunciano al guadagno indotto dalle slot e dal relativo giro di clienti. In caso di mancato rispetto degli impegni assunti il contributo potrà essere revocato. Solo l’applicazione e l’efficacia dei controlli potranno confermare l’effetto di questo provvedimento che interroga gli esercenti trentini. Fra loro, un agguerrito edicolante di Tione, nelle Giudicarie, che proprio in questi giorni ha deciso in controtendenza di staccare la spina alle sue macchinette mangiasoldi: «Le avevamo da due anni – spiega Cristian Maffeis, titolare dell’esercizio insieme alla moglie Cinzia – ma ora abbiamo detto basta, dopo aver visto molte persone finire in una situazione critica per questa dipendenza. Che, tra l’altro, alimenta un giro d’affari molto vasto, che sottrae risorse all’economia sana». Non è un caso che all’edicola Maffeis il posto lasciato libero dalle slot sia stato subito occupato da distributori di prodotti tipici (formaggi e yogurt biologici) di una fidata azienda locale. L’iniziativa della Provincia autonoma di Trento va ad aggiungersi a quelle di altre realtà istituzionali che si sono attivate per contrastare l’emergenza gioco d’azzardo. Drastica l’iniziativa di Bolzano – un’altra Provincia Autonoma – che ha imposto ai 250 bar del Comune (sono escluse dalla disposizione di legge le tabaccherie e le sale gioco) di liberarsi delle slot entro il 15 dicembre scorso. Anche il Veneto ha dichiarato una guerra a tutto campo alle macchinette mangiasoldi: è stato inserito nel regolamento comunale dei pubblici esercizi un criterio qualitativo per favorire in termini di punteggio quegli esercenti che scelgono di non tenere nei loro bar slot, videogiochi o terminali della Lotteria. E a novembre, a Reggio Emilia il consiglio comunale si è espresso positivamente per una variante al regolamento urbanistico edilizio che introduce norme restrittive per l’insediamento di sale da gioco pubbliche. Lo stesso ha fatto Pavia, capitale dell’azzardo che vanta il record di presenze di slot machine: una ogni 136 abitanti.Imponente l’iniziativa che ha coinvolto oltre cinquanta sindaci lombardi, fattisi promotori di un Manifesto che chiede un impegno preciso al prossimo governo: una legge nazionale, leggi regionali e poteri alle amministrazioni locali. I sindaci chiedono di poter regolamentare gli orari e di poter fermare l’apertura di nuovi locali dedicati all’azzardo, soprattutto se si trovano vicino a luoghi sensibili. E l’elenco prosegue: a Modena, gli uffici finanziari del Comune stanno valutando la possibilità di introdurre uno sconto sulla Tares – la tassa sui rifiuti – per i bar che non installano le slot; a Chiarano, in provincia di Treviso, il sindaco ha installato all’ingresso del paese cartelloni luminosi dal messaggio inequivocabile: «Il gioco d’azzardo arricchisce solo gli strozzino», oppure: «Se conosci un giocatore d’azzardo, digli di smettere».(Ha collaborato Diego Andreatta)<+copyright>
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