
A Genova oggi il saluto di Mattarella a un partigiano durante le commemorazioni per l'80esimo della Liberazione - Ansa
«Genova è libera, popolo genovese esulta! Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d'esercito si è arreso alla forza spontanea di un popolo: il popolo genovese!»: con queste parole il 26 aprile 1945 Paolo Emilio Taviani, rappresentante della Democrazia Cristiana nel Cln-Liguria (fu poi più volte ministro della Repubblica), lanciò il messaggio radiofonico ripreso anche dalla Bbc che annunciava la liberazione di Genova. Non è casuale la scelta del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di commemorare il 25 aprile in occasione dell' 80° anniversario della Liberazione a Genova, Città Medaglia d'Oro al Valor Militare per il contributo dato alla Resistenza. Nella Breve storia dell'insurrezione di Genova (1960) Taviani ricostruisce quell’episodio emblematico della Resistenza: come riconosciuto dagli stessi Alleati è nella città ligure che le formazioni partigiane insorgono insieme al popolo genovese che si libera con le proprie forze, prima dell’arrivo delle forze alleate. Il racconto di Taviani parte dal 27 luglio 1943 - il 25, la notte del Gran Consiglio, Mussolini era stato destituito - quando a Genova si costituisce il Comitato di Liberazione Nazionale che inizia ad organizzare il movimento partigiano. Ci sarebbe voluto ancora del tempo perché il movimento acquisisse la forza necessaria per coinvolgere la città nell’insurrezione generale. Nell’aprile 1945 gli Alleati riprendono l’offensiva sul fronte del Tirreno, superando la linea gotica e occupando Bologna già insorta. La sera di lunedì 23 aprile1945, le autorità fasciste fuggono da Genova e il generale germanico Meinhold fa sapere al Cardinale Arcivescovo Pietro Boetto che le truppe tedesche avrebbero abbandonato la città e la provincia in quattro giorni, che non l'avrebbero distrutta, purché non fossero stati ostacolati nei loro movimenti. La Curia informa il CLN, che si riunisce in segreto presso la chiesa di San Nicola alle 21. All'alba del 24 aprile, a maggioranza e non all'unanimità secondo la prassi (si temevano rappresaglie per la popolazione), il CLN stila un manifesto in cui si incita la popolazione all'insurrezione: è solo la ratifica 'politica e unitaria' del CLN del moto insurrezionale già in atto che porterà in poche ore almeno 20.000 genovesi ad unirsi alle bande partigiane.
I fascisti si dileguano temendo ritorsioni, ma rimangono le truppe tedesche. Le forze di liberazione conquistano i presidi strategici: alle dieci del mattino del 24 aprile hanno già occupato il Palazzo del Comune, l'azienda dei telefoni, la questura e le carceri di Marassi; le aree portuali presidiate dai tedeschi sono circondate. I reparti germanici si trovano isolati con i collegamenti telefonici tagliati, le comunicazioni ferroviarie e stradali bloccate dai partigiani. Il comando tedesco si convince dell'impossibilità e dell'inutilità di forzare il blocco partigiano (gli Alleati sono prossimi a La Spezia) e la sera del 24 chiede di incontrarsi con il CLN: il 25 aprile il generale Meinhold firma l'atto di resa. Nei reparti della Kriegsmarine, comandata dal capitano di vascello Max Berninghaus, si decide la condanna a morte di Meinhold sconfessandone la capitolazione: i combattimenti si protraggono fino a tutto il 26 quando in serata arrivano le avanguardie delle truppe alleate che entrano in città la mattina del 27. A 'wonderful job', così gli ufficiali americani della Divisione Buffalo entrati a Genova definiscono la liberazione della città trovandosi di fatto il lavoro già compiuto.
L'insurrezione genovese avrebbe inciso su tutto il corso della guerra in Italia: erano state distrutte o disperse due divisioni tedesche. Milano poteva insorgere senza preoccupazioni e le divisioni tedesche del Piemonte sarebbero state facilmente contrastate dai contingenti partigiani delle Langhe e delle Alpi. Per Taviani 300 morti e 3000 feriti furono il contributo di sangue che Genova pagò per la sua insurrezione, «ma fra tutte le morti di una guerra inutile e rovinosa, queste sono state certo le più preziose, perché hanno riscattato l'onore d'un popolo, che sembrava smarrito nelle ore infauste dell'8 settembre».
L’episodio si contrappone ad una delle tante tesi revisioniste che hanno sostenuto l’irrilevanza della Resistenza rispetto al ruolo degli Alleati. La Liberazione certo è avvenuta grazie al loro contributo decisivo, costato il sacrificio di tante vite umane, ma è stata conquistata anche dal popolo italiano. Il movimento partigiano ne ha rappresentato l’avanguardia in tutte le sue diverse componenti ideologiche e sociali, ponendosi in prima linea nei combattimenti per «un riscatto di fronte al mondo e all’avvenire dell’onore nazionale» (Ferruccio Parri). La Storia d'Italia può dunque ricordare l'insurrezione e la liberazione di Genova come una vittoria popolare e tutta italiana, conseguita per gli ideali che avrebbero portato alla Repubblica e alla Costituzione: la Resistenza rimane il momento fondativo della democrazia, dei nostri diritti e della nostra dignità di uomini liberi.