domenica 23 ottobre 2022
«Legalizzare le droghe non toglie nulla o ben poco alle organizzazioni criminali e ha tanti effetti collaterali negativi». C’è anche il precedente dell’azzardo
Così la cannabis (non) legale cresce in Calabria
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«Legalizzare le droghe non toglie nulla o ben poco alle organizzazioni criminali. E ha tanti effetti collaterali negativi. É evidente e operazioni come l’ultima che abbiamo svolto lo dimostrano». Ad affermarlo è il procuratore di Vibo Valentia, Camillo Falvo. L’operazione è quella condotta dai carabinieri che ha portato al controllo nel territorio di San Calogero di un’azienda agricola autorizzata alla produzione e commercializzazione della canapa indiana cosiddetta legale. Le indagini hanno accertato che le piante coltivate, circa un migliaio, non corrispondevano a quelle autorizzate e riportate nella documentazione, concretizzandosi quindi il reato di produzione non autorizzata di sostanze stupefacenti. Nel corso della perquisizione in un capannone veniva trovato diverso materiale per il confezionamento della marijuana, due giubbotti antiproiettile e oltre 30 kg di sostanza stupefacente già confezionata. Successivamente veniva individuata, poco distante, una piantagione di marijuana, senza alcuna autorizzazione, con circa 200 piante. Il ritrovamento più importante veniva però effettuato a Rosarno presso un capannone sempre nella disponibilità dell’imprenditore dove i Carabinieri oltre a 2 kg di marijuana trovavano, nascosti in alcuni bidoni di plastica, sei pistole, un fucile a pompa, due kalashnikov e un migliaio di munizioni. «L’imprenditore - spiega il procuratore - era autorizzato a produrre cannabis a basso contenuto di sostanza psicotropa. In realtà abbiamo accertato che non era così. Parte di quella coltivazione aveva un Thc come quella drogante. La coltivavano in modo legale per avere una parvenza di bontà dell’attività che svolgevano, ma poi collateralmente facevano altro. E in territori come questo, in tutto il Sud ma soprattutto in Calabria, dove non si muove foglia che non vogliano le organizzazioni criminali, questo diventa molto pericoloso».

Non contento di avere l’autorizzazione alla produzione di cannabis legale, produceva anche quella illegale?
Capita spesso che chi è autorizzato a coltivare la cannabis legale poi in realtà coltiva quella illegale, qualche volta inconsapevolmente, ma raramente, ma tutte le altre volte giocando sul fatto di avere l’autorizzazione.

Che poi ovviamente commercializzano in modo illegale.
Certo. Non può essere immessa sul mercato legale. Giocano su due tavoli.

Da quando è procuratore ha fortemente incrementato operazioni sulle coltivazioni di cannabis nel Vibonese.
Lo facevo già quando ero in Dda a Catanzaro. Ora stiamo cercando di lavorare molto sulle coltivazioni. Anche l’anno scorso nella zona di Pizzo abbiamo trovato una situazione analoga, c’era l’autorizzazione ma poi il Thc e le quantità erano notevolmente superiori. Stiamo cercando di aggredire anche queste situazioni in cui a fronte di un’apparente legale coltivazione si cela tutto un mercimonio di sostanze illegali.

Visto che il Vibonese è un territorio a forte presenza della ‘ndrangheta, è la conferma che non solo la cocaina è nel suo interesse?
Tutti i settori illegali, dal gioco d’azzardo all’usura, dalle estorsioni allo sfruttamento della prostituzione, non possono essere attuati in un territorio come il Vibonese senza la partecipazione della ‘ndrangheta. L’operazione Rinascita Scott di tre anni fa ha tolto di mezzo un po’ tutti i vertici dell’organizzazione criminale, però come vede c’è sempre un grande fermento. Ne togli dal territorio cento alla volta e poi ce ne sono il doppio disposti a prendere il loro posto.

Ma queste persone come erano riuscite ad ottenere un’autorizzazione alla coltivazione legale della cannabis?
Sono in genere soggetti incensurati che fanno richiesta per ottenere l’autorizzazione e trattandosi di sostanze legali. Giocano su questo per poi coltivare quello che legale non è.

Non bisognerebbe controllarli meglio prima?
Certo, andrebbero controllati meglio. In questo caso la particolarità era data dal fatto che a fianco di questa coltivazione legale, che legale non era, c’era un altro terreno che veniva coltivato completamente illegalmente. E infatti i soggetti sono stati arrestati sia per l’una che per l’altra. E l’indagine va ancora avanti.

Anche perché poi avete trovato molte armi.
L’esperienza ci dice che di solito chi commette questo tipo di attività è inserito in un circuito più ampio. E quindi conviene approfondire. Così approfondendo e estendendo la perquisizione abbiamo accertato l’esistenza di questo arsenale a Rosarno.

Non da poco…
Due kalashnikov, fucili a pompa, sei pistole, è un arsenale che di solito viene utilizzato dalle organizzazioni criminali. Non li avevano certo per andare a sparare ai barattoli la domenica. Erano ben conservate per essere utilizzate all’occorrenza, evidentemente da qualcun altro.

Un’operazione come questa conferma i dubbi che legalizzare la cannabis tolga l’affare alle mafie? C’è il precedente del gioco d’azzardo che anche dopo la legalizzazione è rimasto un grande affare delle mafie.
E’ assolutamente tutto sotto il loro controllo. Tranne qualche briciola i grandi proventi illeciti confluiscono tutti a loro. Ovunque c’è da fare affari loro ci mettono lo zampino. Nei territori che controllano è così.

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