venerdì 12 dicembre 2014

​Il Consiglio dei ministri riunito dalle 19 per modificare le norme.
Le procure contro le mafie del Welfare I Pignatone: presto altre operazioni
DOSSIER La spartizione degli affari 

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«Su 50mila carcerati, solo 257 per corruzione. Non è serio. Non basta lo sdegno: regole più dure domani in consiglio ministri». Di buon mattino ecco il fuoco di copertura, su Twitter, al provvedimento il Consiglio dei ministri dovrà varare, a contrastare l’impatto mediatico che l’inchiesta di Roma suscita. La stretta era stata annunciata martedì in un messaggio su Youtube. Solo un piccolo rinvio, da ieri a oggi, per conciliare la riunione con gli impegni istituzionali all’estero dello stesso premier e del ministro della Giustizia Andrea Orlando: oggi  - per dirla alla Renzi - sarà la volta buona. Un rinvio servito anche a mettere a punto il testo che si profila complesso, fra spinte e contro-spinte, da un lato l’esigenza di alleggerire l’ingorgo della giustizia, dall’altro quella di un offrire un deterrente più forte contro il fenomeno che dilaga. Il Consiglio dei ministri è iniziato puntuale alle 19, come previsto. Renzi aveva annunciato quattro misure anti-corruzione: l’allungamento dei termini della prescrizione per i reati di in materia di corruzione, l’aumento della pena minima da 4 a 6 anni, l’estensione della confisca, l’inserimento della condizione della restituzione dei proventi illeciti per ottenere sconti di pena o il rito abbreviato. Lo strumento dovrebbe essere un disegno di legge. Fra le ipotesi anche un aumento della pena massima, che passerebbe da 8 a 10 anni. «La politica non arrivi sempre dopo la magistratura », auspica il presidente del Senato Pietro Grasso: «Non si può ottenere l’impunità attraverso la prescrizione». «Bene intervenire sulle pene, ma ancora più utile sarebbe l’intervento sulla prescrizione», sottolinea anche il presidente dell’autorità anti-corruzione Raffaele Cantone. «Insieme alle iniziative sulla prescrizione, sarebbe estremamente utile qualche forma di sistema premiale», è però il suggerimento del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: «Si dice di non ricorrere alle misure cautelari - rimarca - e poi si aumentano le pene... È difficile conciliare le due cose». La prescrizione è al centro anche del dibattito nel governo. Dal canto suo Angelino Alfano predica prudenza. «Occhio - dice il ministro dell’Interno e leader Ncd -, perché se ci sono dei giudici lumaca, non possono scaricare sul cittadino indagato la loro lentezza».  Si toglie un sassolino dalla scarpa l’associazione magistrati: «Il governo è intervenuto rapidamente in materie come le ferie e la responsabilità civile dei magistrati, mentre sulla corruzione finora ci sono stati solo annunci», annota il segretario generale Maurizio Carbone. «Aumentare le pene è la soluzione più facile». La proposta, anche da parte del 'sindacato' delle toghe è «una disciplina di tipo premiale come nei reati di mafia, quindi dei premi a chi collabora, insieme al ripristino del falso in bilancio, fondamentale per svelare i fenomeni corruttivi».  L’associazione dei penalisti va al contrattacco, accusa le toghe di fare «populismo demagogico». «Accenti un po’ sbrigativi», smorza i toni il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E, ribadendo disponibilità al confronto, ricorda come il reato di autoriciclaggio sia già legge dello Stato, mentre la reintroduzione del falso in bilancio è già in discussione al Senato.
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