venerdì 12 dicembre 2014
​Il Consiglio dei ministri ha approvato l'atteso disegno di legge che porta da 4 a 6 anni la pena minima e la massima da 8 a 10 anni Prevista la rivalsa sugli eredi. Si allunga la prescrizione. Renzi: pronti alla fiducia.
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Contro la corruzione, il governo sceglie di adoperare il bisturi, anziché la clava. Sono le otto di sera quando il premier Matteo Renzi, al termine di un Consiglio dei ministri durato circa un’ora, chiarisce ai cronisti presenti in sala stampa che non ci sarà un provvedimento d’urgenza, perché «non si agisce per decreto sulla materia penale». Il giro di vite del governo si sostanzierà in quattro modifiche mirate (in parte già anticipate dallo stesso premier martedì) che fanno parte di un mini-ddl pensato come integrazione alla più ampia riforma in materia penale elaborata dal Guardasigilli Andrea Orlando.A illustrare le misure sono stati il premier e lo stesso Orlando. La prima riguarda la durata della detenzione: «La pena minima per la corruzione propria (quella per atto contrario ai doveri d’ufficio, ndr) passa da 4 a 6 anni, quella massima da 8 a 10», dice Renzi. L’innalzamento appare funzionale a ottenere che i condannati non scontino tutta la pena con misure alternative: «Siccome ci sono occasioni di patteggiamento che consentono di non andare in carcere e non pagare ciò che si deve pagare – dice il capo del governo –, è giusto cambiare le regole del gioco».L’innalzamento del termine massimo di carcerazione avrà l’effetto di aumentare quello di prescrizione, che così salirà a 12 anni e mezzo. In via generale, attualmente l’articolo 157 del codice penale (modificato dalla "Ex Cirielli" nel 2005), prevede che la prescrizione estingua il reato, una volta decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge. Il governo intende procedere col progetto di riforma dell’istituto, che «congela per due anni la decorrenza» dopo «la condanna di primo grado» e «di un anno dopo la condanna di secondo grado» (come già previsto nel ddl sul processo penale, esaminato in un Cdm a fine agosto).Ma il punto più robusto del tackle portato dal governo pare essere la restituzione allo Stato, e dunque alla comunità, del denaro e degli altri beni accumulati da corrotti e corruttori, attraverso lo strumento della confisca giudiziaria: «È prevista la restituzione del maltolto – scandisce Renzi –. Chi viene condannato deve pagare tutto, fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo». Non solo: in analogia a quanto avviene per i condannati in vicende di mafia (la norma fu introdotta nel 2008 in un pacchetto anti crimine varato dal governo Berlusconi), sequestri e confische saranno possibili a carico di figli e altri eredi dei condannati per corruzione: «Gli eredi – avverte Renzi – saranno corresponsabili nel senso patrimoniale». E Orlando aggiunge: toccare il malloppo fa paura ai corrotti. Infine, il quarto punto riguarda il patteggiamento: l’accesso allo sconto di un terzo della pena verrà condizionato, pena l’inammissibilità, alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato (oggetto, come abbiamo visto, di confisca obbligatoria) e al risarcimento integrale del danno.Il capo del governo rivendica di aver agito con tempestività, senza forzare la mano attraverso un decreto legge, ma chiede altrettanta reattività alle forze politiche: «Non daremo tregua ai corrotti. Se questo è un compromesso, sono pronto a fare compromessi tutta la vita. Possiamo andare a testa alta. Ora speriamo che il Parlamento sia veloce. Su questa materia potremmo anche decidere di apporre la fiducia». Il testo dovrebbe partire della Camera e il Pd, con Davide Ermini, pensa a un emendamento per consentire sconti di pena a chi collabora con gli inquirenti. Ma il premier lancia anche un «grande appello» a chi amministra la giustizia: «Agli avvocati difensori diciamo: scordatevi la carta della prescrizione perché la allunghiamo, ma contemporaneamente diciamo ai magistrati che è fondamentale che si arrivi a sentenza il prima possibile». Altrimenti, conclude, «sulla corruzione c’è l’indignazione momentanea», ma alla fine «non c’è chiarezza su chi sia colpevole e chi no».

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