giovedì 26 luglio 2012
Vicesindaco e assessore: contrari all’apertura ai “matrimoni” gay. Oggi inizia la maratona per tentare di approvare la delibera. Ma altri consiglieri Pd minacciano il voto contrario. VAI AL DOSSIER
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Coppie di fatto, si allargano le divergenze nella maggioranza che governa il Comune di Milano. La discussione che il Consiglio comunale spera di concludere oggi, con la terza e ultima seduta-maratona per il voto finale, rischia di rompere gli equilibri all’interno della giunta. Infatti, dopo le posizioni di contrarietà manifestate da quattro consiglieri democratici, ieri l’affondo è arrivato dal vicesindaco Maria Grazia Guida e dall’assessore a Sicurezza e Coesione sociale, Marco Granelli, entrambi esponenti di spicco dell’ala cattolica del Pd. Alla vigilia del voto finale, Granelli e Guida mettono un punto fermo. No all’approvazione - vista con favore dalla sinistra della maggioranza che sostiene il sindaco Giuliano Pisapia - dell’emendamento preparato dall’ala laico-liberal del Pdl che, sostituendo la parola “famiglia anagrafica” con “unioni civili”, svincola il registro dalle leggi dello stato aprendo, di fatto, ai matrimoni omosessuali. «Investire sulla cura e il sostegno della famiglia è un nostro impegno decisivo proprio per ben amministrare questa città secondo il mandato avuto dai cittadini stessi – puntualizzano Granelli e il vicesindaco Guida che proprio su queste pagine, pochi mesi fa, si era smarcata dal registro comunale delle coppie di fatto voluto dal sindaco Pisapia. «Detto questo – proseguono – pensiamo che sia un dovere delle istituzioni affrontare il tema dell’esistenza nella nostra società di altre forme di relazione e convivenza, che necessitano di avere un riconoscimento secondo i principi indicati dall’articolo 2 della Costituzione che afferma diritti e doveri delle formazioni sociali dove le donne e gli uomini svolgono la loro personalità. Su questo crediamo fermamente che sia necessario un approfondimento, un dibattito vero e non ideologico, che primariamente dovrà trovare nel Parlamento la propria sede, per la sua rilevanza e per le competenze».E se da una parte, il dibattito e le deliberazioni del consiglio comunale possono agire un ruolo determinante per salvaguardare il diritto di tutti, «sempre va salvaguardata anche la distinzione posta dalla Costituzione tra famiglia e altre formazioni sociali», rimarcano, così come riconosciuto dall’articolo 29 della Costituzione.Guida e Granelli, quindi, dicono si al registro anagrafico ma no a quello comunale, completamente sganciato, dalla tutela della normativa anagrafica nazionale. Una correzione al testo che sarebbe invece ben accolta dall’ala laica e radicale della maggioranza milanese. «Stiamo affrontando una questione rilevante per la coesione sociale – aggiungono Guida e Granelli –. Una cultura e una visione sana di laicità richiedono una qualità di dibattito che non usi la querelle attorno al registro delle coppie di fatto per far passare da lì decisioni che chiedono ben altri percorsi legislativi perché questa impostazione sterilizza e blocca, divide e inasprisce un confronto legislativo che sentiamo doveroso». «Si assumano le deliberazioni necessarie sulle necessità amministrative per riconoscere la realtà di relazioni e convivenze differenti – concludono – senza far diventare questo impegno di natura amministrativa una via implicita per il riconoscimento come famiglie per altre forme di convivenza». Intanto dall’aula del consiglio, gli esponenti del Pd che hanno già comunicato l’astensione al voto potrebbero salire da quattro a cinque, «se non ci saranno segnali di apertura da parte del sindaco», informa alla vigilia della discussione finale, il vicepresidente del consiglio ed esponente del Pd, Andrea Fanzago.
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