La giusta transizione. Cop28 e i nodi da sciogliere
domenica 26 novembre 2023

Giovedì si apre a Dubai la Cop28 sul cambiamento climatico. Il mondo guarda con apprensione all’appuntamento delle Nazioni Unite nella speranza che possa segnare una tappa importante per il raggiungimento degli obiettivi legati alla sostenibilità climatica. Gli ultimi dati rilasciati dall’Onu, proprio in questi giorni, non sono incoraggianti. Le emissioni di gas a effetto serra - dopo il calo dovuto alla pandemia - hanno ripreso ad aumentare. Nonostante l’accresciuta sensibilità e gli innegabili passi in avanti di questi ultimi anni, il sentiero di evoluzione che in questo momento il mondo sta seguendo non è ancora quello giusto. Senza una ulteriore correzione di rotta, il trend delle emissioni ci porterebbe fatalmente a un aumento compreso tra i 2,5 e 2,9 gradi rispetto al livello preindustriale. Con conseguenze catastrofiche.

Per scongiurare tale esito, e raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi (dove si era convenuto di impegnarsi per contenere l’aumento sotto i 2 gradi), è necessario da qui al 2030 realizzare una riduzione delle emissioni pari almeno al 35%. Un obiettivo ambizioso. Che non possiamo però farci scappare.

Per il bene delle prossime generazioni e dell’intero pianeta. Al cuore della transizione che ci aspetta c’è un possente sforzo di innovazione tecnologica per sostituire le fonti fossili con energia rinnovabile e non inquinante. Ma è chiaro che percorrere questa strada è difficile perché i costi che comporta sono enormi. Il che, se non si vuole essere ipocriti, implica mettere in discussione alcuni dei dogmi degli ultimi 40 anni.

Nel rapporto sopra citato, si trova un dato molto chiaro: il 10% della popolazione più ricca è responsabile del 50% per cento delle emissioni globali; mentre il 50% più povero è responsabile per il 12%. A conferma del fatto che all’origine dei nostri guai vi sono modelli di consumo e stili di vita sbagliati. Se si vuole essere realisti, occorre ricordare che non sarà possibile fare i necessari passi avanti se non si parte dall’idea che sono i più ricchi a dover pagare di più. Tanto più che, negli ultimi decenni, la crescita mondiale ha accentuato le disuguaglianze e favorito una forte concentrazione della ricchezza. Le risorse per pagare la transizione economica ci sono. Ma sono nella disponibilità di pochi che, come si è visto, sono anche quelli che inquinano di più. Una contraddizione sempre meno tollerabile.

La transizione ecologica sarà possibile - e soprattutto sarà tempestiva - solo se si procederà secondo giustizia. Condizione per altro necessaria anche per ottenere quel consenso popolare che serve per sostenere un cambiamento così impegnativo. La questione della sostenibilità non è dunque solo una questione tecnica. Ma anche politica ed istituzionale. Ed è su questo piano che i nodi di fondo devono essere sciolti. Fissando impegni comuni, certo. Ma anche cominciando a sciogliere il groviglio che strozza il necessario cambio di passo: lo slegamento da ogni vincolo politico e responsabilità sociale del sistema finanziario internazionale.

Al nodo delle risorse, si aggiunge poi quello della pace. Come dimostrano le esperienze delle tante Cop degli ultimi decenni (con l’eccezione di Parigi), gli accordi sono difficili da raggiungere. E ancora più da attuare. In questa cornice, di certo non aiuta il clima di guerra che aleggia nel mondo. Chi guerreggia per la supremazia politica difficilmente sarà disposto a negoziare sul cambiamento climatico. Il nesso tra pace e lotta al riscaldamento globale è evidente. I tanti conflitti che insanguinano buona parte del pianeta non fanno altro che ostacolare il cammino verso il raggiungimento dei comuni obiettivi climatici. Vedere che, mentre la casa comune brucia, i potenti del mondo si perdono in scontri e contese che non portano da nessuna parte, dice della scarsa lungimiranza di tanti governanti.

Nessuno può nascondere la difficoltà di questi passaggi. È però la forza delle cose che ci spinge avanti e non fa perdere la speranza: riconoscere che tutto è in relazione e che nessuno si salva da solo oggi è prima di tutto un atto di intelligenza. Di quella nuova intelligenza di cui abbiamo estremo e urgente bisogno.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI