giovedì 30 agosto 2012
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Giacomo e Domenico guardano il grande escavatore completamente distrutto dalle fiamme. Lì tra gli imponenti ulivi anneriti dal fuoco. «Lo lasceremo qui, come un monumento alla resistenza contro la ’ndrangheta. Ci porteremo i ragazzi per far vedere cosa può fare la violenza mafiosa ma anche per spiegare che noi non ci arrendiamo. Anzi metteremo un cartello per raccontare cosa è successo a chi passa da queste parti. Per incuriosire…». Qui la scorsa notte qualcuno ha incendiato il mezzo all’interno dell’uliveto a Castellace, frazione di Oppido Mamertina. Terreno confiscato alla cosca dei Mammoliti e assegnato alla cooperativa Valle del Marro, nata dalla collaborazione tra la Diocesi di Oppido-Palmi e Libera, e col sostegno del Progetto Policoro della Cei. L’ultimo attentato di un lungo elenco. Nel giugno 2011 un altro incendio aveva colpito circa quattrocento piante secolari. Novanta irrimediabilmente perdute. Proprio per questo i giovani della cooperativa, guidati da Giacomo Zappia e Domenico Fazzari, avevano subito chiesto di estirparle per ripiantarne di nuove. Malgrado l’attentato e l’urgenza di riportare l’uliveto alla produzione, ci è voluto ben un anno per avere l’autorizzazione, tra lentezze burocratiche, intralci e scarsa collaborazione delle istituzioni locali e regionali. Così solo martedì il grande escavatore ha potuto cominciare a lavorare. Per poco. Alle 21,30 le fiamme, appiccate direttamente al motore per fare più danni, lo hanno irrimediabilmente colpito. Un chiaro segno che la ’ndrangheta non vuole che quell’uliveto sia segno di speranza e lavoro onesto e pulito come gli altri terreni che da sette anni la cooperativa coltiva nella Piana di Gioia Tauro. L’ennesima intimidazione. Tra furti, incendi e danneggiamenti sono ormai più di quindici gli atti violenti, l’ultimo proprio a Castellace dove a gennaio, in un altro uliveto confiscato ai Mammoliti, sono state tagliate decine di piante. Un episodio che, come ci disse allora il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, aveva innescato un’inchiesta che promette importanti sviluppi. Ma intanto la violenza mafiosa ha colpito nuovamente. E il danno è molto grave. Anche l’escavatore era stato confiscato (alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto nel Crotonese) e assegnato alla cooperativa che ora ben difficilmente potrà trovare i soldi per acquistarne un altro (30-40mila usato, più di 100mila nuovo). Per fortuna è scattata la solidarietà. I fratelli De Masi, imprenditori di mezzi agricoli di Rizziconi, proprio il paese dove la scorsa notte sono state uccise tre persone, da tempo al fianco dei giovani delle coop, hanno deciso di prestare un proprio escavatore per finire i lavori. Poi si spera in qualche altro aiuto. Ma non solo questo. «L’attentato è la conferma della giustezza di quello che stiamo facendo - commentano Giacomo e Domenico - ma lascia l’amaro in bocca. Chiediamo alle istituzioni risposte forti». Ma certo non arretrano, come conferma don Pino Demasi, vicario generale della Diocesi e responsabile di Libera «Gli autori dell’incendio hanno lanciato una sfida, non vogliono che coltiviamo quel terreno, ma non ci intimidiscono; siamo più forti, i criminali devono capire che quelle terre sono ormai libere, non cederemo».

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