venerdì 11 maggio 2018
Il ministero dell'Ambiente, che era parte civile: «La fonte primaria della contaminazione è la discarica». Sisto, legale della "Lombardi Ecologia srl": «Nessuna compromissione» dei terreni
Tutti assolti al processo per la discarica di Conversano
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Nessun «presunto disastro ambientale». La discarica in Contrada Martucci a Conversano, 30 km da Bari, non ha causato alcun inquinamento secondo il Gup del Tribunale di Bari Antonio Diella, che ha assolto «perché il fatto non sussiste» i dieci imputati, titolari e tecnici della società “Lombardi Ecologia srl” proprietaria della discarica, componenti della Commissione di collaudo regionale e l'amministratore della società “Progetto gestione bacino Bari 5” che gestisce l’impianto. Una sentenza emessa dopo il processo con rito abbreviato.

Il giudice ha anche disposto il dissequestro (dopo oltre quattro anni) delle vasche d i raccolta rifiuti della vecchia discarica, però inspiegabilmente rimettendo «agli organismi di controllo e agli enti locali competenti le valutazioni sulla eventuale possibile ripresa o inizio di esercizio, utilizzazione, messa in sicurezza di tutto o in parte delle vasche della vecchia discarica e degli eventuali interventi da far effettuare sui pozzi di monitoraggio, sulla estrazione del percolato e sugli eventuali pericoli di esplosione derivanti dalla fuoriuscita di biogas».

Soddisfatto il legale che difende l’azienda: «Ci sono voluti sei anni, meticolose perizie e una difesa aziendale a tutto campo perché fosse accertato che l’attività della Lombardi Ecologia non ha comportato alcuna compromissione dell’ambiente», dice l'avvocato Francesco Paolo Sisto.

Dunque non è bastato l’impianto accusatorio del pm che ha coordinato l’inchiesta, Baldo Pisani, non sono bastate le perizie e nemmeno le scoperte del Noe. Un esempio è la telefonata intercettata nel 2013 fra il chimico Onofrio Laricchiuta e Rocco Lombardi, titolare della “Lombardi ecologia srl”. «Stando a queste analisi tu da un anno avresti dovuto avviare la bonifica della falda, punto (...). Senti, secondo me la situazione si può recuperare, dovresti farmi un ordine di servizio, dove, cioè, dai incarico a noi, o a un terzo, o a chi cacchio vuoi tu, di ricontrollare tutta la falda e questi qua li togliamo davanti ai coglioni. Si può recuperare, perché ti garantisco che la falda... Cioè io sono pronto a... Voglio dire... Lo sai, perché sono anni che facciamo...».

Secondo il pm Pisani, il chimico «offriva la propria collabolazione per lauti guadagni, per alterare l'esito delle analisi». Sempre Laricchiuta – si lesse ancora nelle 138 pagine di motivazioni depositate dal pm alla richiesta di sequestro di parte della discarica (piene zeppe d’intercettazioni e appunto riscontri dei carabinieri), poi disposto dal giudice nell’aprile 2013 - si riferisce al fatto che alcuni «metalli pesanti non siano mai stati tutti oggetto di analisi, ad eccezione del ferro, evidentemente perché tali risultanze non sarebbero state convenienti. La criticità e la parzialità, nonché l'evidente alterazione dei valori del ferro, sono l'epifenomeno dei numeri in libertà che il laboratorio ha dato secondo la convenienza del committente».

L’ipotesi d’accusa, secondo cui la discarica aveva determinato l’inquinamento della falda e, di conseguenza, anche dei terreni agricoli dell’area, è stata ritenuta insussistente in base all’esito di un incidente probatorio che ha escluso la contaminazione dell’ambiente intorno all’impianto. Un risultato diverso da quello evidenziato dall’avvocatura distrettuale di Bari, che rappresentava il ministero dell’Ambiente, costituitosi parte civile. «I valori più elevati di nitrati a ridosso delle discariche o a valle – si leggeva ad esempio nella memoria depositata – sono evidenza di una interazione fra le acque di falda e il percolato di discarica».

Non solo, ma «la presenza di un acquifero d’importanza regionale e quindi una diluizione> degli inquinanti, «maschera l’entità del danno ambientale provocato dalle discariche». E ancora, «la presenza di pozzi con maggiore concentrazione di nitrati e di quelli risultati correlati al trizio, dimostra con ragionevole certezza che la fonte primaria della contaminazione è individuabile nella discarica».

A proposito, le memorie prodotte dagli avvocati di Mola e Conversano, due dei nove comuni parti civili, avevano chiarito anche meglio. «Che ci siano stati veri e propri attacchi alla salute ambientale» lo confermano «i risultati dell’incidente probatorio laddove mostra, per esempio, l’accumulo di percolato in fondo alle vasche di raccolta, il mancato o cattivo smaltimento di questo, lo stoccaggio di rifiuti solidi urbani in aree diverse dalle zone di stoccaggio». Dunque «l’ambiente ha mostrato di avere egregiamente resistito alle offese del passato». Ma se «finora il processo di contaminazione non ha prodotto gli effetti che si temevano sulla salute e sull’ambiente, non è però detto che non si verifichino in futuro».

Sempre ipotizzando reati nella gestione della discarica di Contrada Martucci, alcuni degli imputati assolti sono ancora a processo, con rito ordinario, per falso ideologico, omissione di atti d’ufficio, truffa, frode in pubbliche forniture e gestione di rifiuti non autorizzata.

La “Lombardi Ecologia srl”, infine, non è nuova a vicissitudini giudiziarie. L’azienda pugliese nel 2010 aveva vinto la gara per la discarica “Tre Monti” di Imola, aggiudicandosi un appalto da 4 milioni di euro. Appena arrivati, Domenico De Mise e Nicola Lombardi, dirigenti della “Lombardi Ecologia srl”, agganciarono un funzionario di “Hera Ambiente”, che avrebbe dovuto controllare la regolarità della gestione. Secondo le accuse, i due cercarono di ottenere controlli addomesticati offrendo in cambio una vacanza in Puglia o Sardegna alla famiglia del funzionario, denaro o altri regali a scelta e infine De Mise cercò d’infilare nel gilet del funzionario un grosso rotolo di banconote da cinquanta euro. Il 29 maggio 2015 fu condannato De Mise e il 29 novembre 2016 toccò anche a Lombardi.

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