venerdì 21 giugno 2019
l premier: sono preoccupato, la Commissione non cede Il 2 luglio il 'verdetto'. Tria chiede a Cdp un miliardo di dividendi extra Mercoledì braccio di ferro con Salvini e Di Maio sull’assestamento
Conte ammette: procedura possibile. Ora è caccia aperta a 5-6 miliardi
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Arriva per ultimo, ma non vuol passare da ultimo della classe. Giuseppe Conte è al Consiglio Europeo più difficile dei suoi 13 mesi, che potrebbe preludere alla procedura per debito contro l’Italia. All’indomani della lettera fatta partire da Palazzo Chigi verso la Commissione Europea, nega di essere giunto a Bruxelles «a mani vuote ».

Ma al termine della prima giornata di colloqui dalla voce del capo del governo emerge l’ammissione: «Sono molto preoccupato ». Timoroso che questa Commissione, proprio per il fatto di essere alla scadenza (a ottobre), «possa essere anzi più rigorosa » e fare poco per evitare la procedura. È la prima volta che Conte fa trapelare questa sensazione. E aggiunge, però: «Non accetto reazioni emotive e punitive, si sottintende verso Salvini e Di Maio ma a danno del Paese». L’Italia ha guadagnato una settimana (il collegio dei commissari deciderà il 2 luglio, anziché il 26 giugno), ma nulla di più.

La dote di 3 miliardi circa di miglioramento dei conti 2019 (altra cosa sono i 2 miliardi “congelati” dal Cdm mercoledì notte che facevano parte dell’accordo con la Ue a dicembre 2018, quindi non vanno contati) che il governo continua a sbandierare, non sembra aver sortito grossi effetti. Ancora non ci siamo, l’Ue ne chiede 5-6. Tanto più dopo che il governo ha deciso di rinviare a «mercoledì prossimo» il ddl sull’assestamento di bilancio che certificherà lo stato del deficit al 2,1%, contro il 2,5 temuto dalla Commissione.

«Contesto radicalmente le loro stime, sono fuori dalla realtà. Non vorrei che prevalesse un’interpretazione irragionevole », ripete. Conte assicura che l’Italia non intende «sottrarsi ai vincoli europei » finché esistono, ma ha insistito molto sulla necessità di rivederli nella lettera spedita (dapprima solo in italiano) che, precisa, «contiene un messaggio politico chiaro».

Al punto che per Palazzo Chigi il “candidato ideale” alla presidenza della Commissione è «quello che più si predispone » a rivedere un sistema «controproducente». Di fatto però Conte (e con lui i ministri più “dialoganti”, Tria e Moavero) non ha ancora portato una risposta definitiva, anche perché non è certo che Salvini e Di Maio accettino di destinare al calo del deficit i risparmi 2019, nel timore che poi vengano risucchiati pure i fondi 2020 (altro anno su cui l’Unione vuole segni concreti) utili per la Flat tax leghista. E’ una fase in cui tutto torna utile: Cassa depositi e prestiti comunica di aver ricevuto dal Tesoro la richiesta di decidere, il 28, un extra- dividendo da quasi un miliardo con la distribuzione di “riserve di utili”. Un’entrata una tantum, tuttavia, e che per di più l’Ue potrebbe vincolare al taglio del debito.

L’accoglienza di Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici, è indicativa: «Evitare la procedura non lo si fa attraverso commenti sulle regole, che sono intelligenti». Conte gli replica da par suo: «Moscovici è un economista. I giuristi in realtà sanno che non esistono regole intelligenti o ottuse. È la loro applicazione che può essere più o meno intelligente». Una rara consolazione, per il governo, è che questa giornata era orientata più su altro (nomine in testa), il debito italiano non era centrale. Conte, giunto con calma perché non doveva partecipare alle pre-riunioni delle “famiglie” politiche (M5s e Lega non ne fanno parte), ha cercato di vincere stavolta l’immagine del leader isolato.

Prima del via al Consiglio ha avuto un incontro con Angela Merkel, anche col premier lussemburghese Bettel, col greco Tsipras e con Tusk, presidente del Consiglio Ue, poi uno scambio di battute con Juncker, il capo della Commissione, e l’olandese Rutte, prima di un colloquio col portoghese Costa. Ha seguito ogni dossier, chiedendo una modifica alle conclusioni del vertice in tema di agricoltura perché Roma «non è affatto soddisfatta di un negoziato che rischia di penalizzarci». Ma il pensiero resta fisso al dossier conti. Anche il commissario italiano passa in secondo piano. Se ne fa interprete Giancarlo Giorgetti: «Io? C’è la procedura da evitare, l’obiettivo ora è quello».

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