La Corte d'Appello di Salerno, respingendo le tesi della difesa, ha confermato la condanna a 30 anni per Danilo Restivo.
Erano stati colpi duri, fino alla fine. Un
serrato botta e risposta nell'aula della Corte
di Assise di Appello di Salerno, su una storia, quella
dell'omicidio di Elisa Claps, sulla quale oggi molto
probabilmente sarà costruito un importante pezzo con la
sentenza a carico di Danilo Restivo, unico imputato per quella
morte, condannato in primo grado a 30 anni di reclusione.
Anche stamattina il pm Rosa
Volpe e i legali di Restivo, Alfredo Bargi e Marzia Scarpelli,
avevano chiamato in causa i punti salienti di questa storia: il
giorno, il luogo dell'omicidio, la traccia del dna di Restivo
trovata sulla maglia che Elisa indossava il giorno della sua
morte, ma anche le tracce di sangue sugli abiti di Restivo di
quel 12 settembre 1993. Ferma la posizione della Procura
generale sulla colpevolezza di Restivo: il pm ha ribadito che
Restivo è nel sottotetto della chiesa della Ss Trinità di
Potenza che uccise Elisa. Quegli imbrattamenti lungo le scale
dei quali aveva parlato la difesa di Restivo lasciando intendere
che qualcuno aveva potuto portare lì il corpo di Elisa dopo
averla uccisa altrove, secondo quanto dimostrato dalla perizia
Pascali "non erano macchie biologiche", ha detto la Volpe.
Netta la posizione del pm anche su un altro dubbio insinuato
dalla difesa Restivo in merito alla presenza sulla maglia di
Elisa di altre tracce di dna mai analizzate: "non c'era la
soglia minima di Dna per comportare un accertamento valido
scientificamente".
Un argomento, quello del Dna, sul quale la difesa Restivo
invece aveva insistito mettendolo alla base della richiesta del rinnovo
del dibattimento, "al fine di una interpretazione del risultati
relativi alla presenza del dna di Restivo da parte un perito o
collegio di periti in modo da poter basare le convinzioni su un
accertamento terzo".
Poi, le tracce di sangue sugli abiti che Restivo indossava il
giorno dell'omicidio di Elisa. Per l'accusa, come riferito dallo
stesso Restivo in un verbale del 1993, gli abiti erano macchiati
di sangue; per la difesa, Restivo ha detto che aveva sì
sporcato di sangue sia i pantaloni che la camicia "tanto è
vero che una volta tornato a casa dopo essere stato in ospedale
sono stato costretto a cambiarmi", ma è anche vero che, dice
Bargi, "nessuno in ospedale ha notato tali macchie e se davvero
Restivo avesse ucciso Elisa, gli spruzzi di sangue sarebbero
stati in ogni parte"; le macchie erano invece state determinate
da una piccola ferita causata dalla caduta lungo le scale
mobili.
Momenti duri, quelli in aula, davanti ai quali la mamma di
Elisa è spesso uscita fuori dall'aula. Non ha infatti
sopportato che qualcuno come la difesa abbia potuto insinuare
che Elisa potesse essere stata, quel giorno, in qualche modo
consenziente e seguire Danilo in quel sottotetto volutamente. Ha
ancora una volta esposto la foto della sua Elisa, proprio
davanti alla cella di Danilo che ha seguito il tutto senza quasi
alcuna reazione. Si è dunque concluso così il dibattimento:
con l'assenza di un movente, con una posizione precostituita su
Restivo colpevole e sulla necessità di ulteriori accertamenti,
per la difesa. Con la colpevolezza, ogni oltre ragionevole
dubbio, per l'accusa. E questa è stata la posizione che per la Corte costituisce la verità processuale, confermando la condanna di Restivo.