lunedì 24 luglio 2023
Si è conclusa ieri la Conferenza su migranti e sviluppo convocata da Meloni. I timori delle Ong sui diritti umani. Oggi Saied da Mattar: Italia a fianco alla Tunisia.
Meloni e Saied

Meloni e Saied - Ansa

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Non c'è una lettura univoca della Conferenza su migranti e sviluppo svoltasi ieri - domenica 23 luglio - a Roma su iniziativa della premier italiana Giorgia Meloni e del presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied, con la regia del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. Quello che per il governo italiano è un "successo", per le opposizioni invece è solo una "passerella" per nascondere la pressione-record sulle coste italiane. E mentre i vertici Ue e i Paesi mediterranei intervenuti aprono al modello del "partenariato strategico" sulla scia di quello siglato tra Bruxelles e Tunisi, le Ong denunciano il tentativo dell'Europa di esternalizzare il controllo delle frontiere chiudendo entrambi gli occhi sul rispetto dei diritti umani. Polemiche anche per il mancato invito a Paesi come Francia e Germania, ufficialmente perché non sono territorio di primo approdo. Il "Processo di Roma" - così è stato chiamato il documento finale - si propone però di recuperarne l'apporto nei prossimi passaggi.

LE CONCLUSIONI DEL "PROCESSO DI ROMA"

Il "Processo di Roma" è una "piattaforma strategica, globale, inclusiva e pluriennale per l'azione collettiva" e per "rinnovare il loro impegno comune ad affrontare i fattori politici, socioeconomici e climatici della migrazione e degli sfollamenti internazionali forzati e a promuovere percorsi legali e sicuri per la migrazione e contrastare piu' efficacemente la tratta di esseri umani e il traffico di migranti". Un Processo che "si fonda sulla comprensione comune che è necessaria una risposta impegnata, coerente e globale per sostenere la stabilita' politica e promuovere lo sviluppo sociale ed economico, affrontare le cause profonde degli sfollamenti forzati, dare un contributo importante per promuovere la migrazione legale, prevenire e contrastare la migrazione irregolare e la tratta di esseri umani in tutta la più ampia regione del Mediterraneo, nel Medio Oriente e in Africa, guidati dai seguenti principi: rispetto della sovranità nazionale, compreso il rispetto del diritto interno; responsabilità condivisa; solidarietà; partenariato tra pari; sicurezza e dignità dei migranti e pieno rispetto del diritto internazionale, compresi i diritti umani, il diritto umanitario e dei rifugiati".

Il passaggio focale è il seguente: "Solo partenariati su misura, globali, equilibrati e reciprocamente vantaggiosi tra i paesi di origine, transito e destinazione, sostenuti anche dalle organizzazioni internazionali e dalle istituzioni finanziarie competenti, dalla società civile e dal settore pubblico e privato, possono fornire l'ampio consenso, la volontà politica e la capacità finanziaria necessari per affrontare le sfide migratorie come la migrazione irregolare e l'internazionalizzazione forzata". Tali partenariati, "strategici e lungimiranti", "contribuirebbero a creare una soluzione strutturale a lungo termine per la gestione sostenibile della migrazione".

"In questo spirito, i partecipanti si sono impegnati a lavorare insieme coerentemente con un approccio condiviso e differenziato nella pianificazione, mobilitando i finanziamenti più appropriati e attuando iniziative e progetti di cooperazione per lo sviluppo dei Paesi di origine e di transito anche per affrontare le sfide associate ai flussi migratori irregolari nella più ampia regione del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell'Africa, compresi i Paesi ospitanti dei rifugiati". Da questo punto di vista, c'è l'ipotesi della nascita di un fondo ad hoc alimentato dai Paesi partner.

Verranno rafforzate, si prosegue, le misure "per prevenire e frenare i flussi migratori irregolari, prevenendo nel contempo la perdita di vite umane, anche attraverso accordi bilaterali o multilaterali per combattere efficacemente il traffico di migranti via terra e via mare. In particolare, lo smaltimento a terra di imbarcazioni improvvisate e inadatte alla navigazione; il recupero o lo smaltimento delle navi utilizzate per la migrazione irregolare; bloccare le forniture di imbarcazioni non sicure o di imbarcazioni destinate ad essere utilizzate per scopi non sicuri; rafforzare la cooperazione tra le autorità doganali e di frontiera". Serviranno "cooperazione e partenariati operativi tra le autorità di contrasto e giudiziarie" per "smantellare le reti criminali dedite al traffico di migranti e rafforzare le capacità nazionali di gestione delle frontiere", con azioni per colpire pure "gli interessi finanziari dei passatori e dei trafficanti", con il fine di "rintracciare, congelare e potenzialmente confiscare i profitti illeciti derivanti dal traffico e dalla tratta di esseri umani conformemente al diritto nazionale".

Ancora, il Processo di Roma vuole promuovere "una mobilità ordinata e legale verso l'Europa e sostenere i processi di integrazione", e garantire "procedure accessibili, efficienti e trasparenti per il rilascio dei visti da parte dei paesi di destinazione". Sono punti condivisi, come pure "iniziative e misure per la protezione internazionale di chi ne ha bisogno". "I partecipanti hanno convenuto che gli effetti negativi dei cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per lo sviluppo sostenibile. Hanno ribadito il loro impegno per l'attuazione dell'accordo di Parigi e hanno espresso il loro pieno sostegno alla prossima presidenza degli Emirati Arabi Uniti della COP28 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. I partecipanti hanno inoltre concordato sul nesso clima-energia e sul nesso clima-rifugiati e hanno convenuto di rafforzare il ruolo dell'Africa, del Mediterraneo e del Golfo come hub per la cooperazione in materia di energie rinnovabili", spiega il documento.

Infine, "condividendo lo spirito, le finalità e l'approccio del Processo di Roma, i partecipanti invitano le organizzazioni internazionali e le istituzioni finanziarie Internazionali a considerare le forme più appropriate di sostegno finanziario per i Paesi di origine e di transito per l'attuazione delle suddette iniziative e progetti di cooperazione". Gli impegni presi verranno definiti in un piano d'azione, e sarà istituita "una rete di rappresentanti dei partecipanti alla conferenza che si riunirà regolarmente per individuare meccanismi di coordinamento e seguire l'attuazione del piano d'azione. Il piano d'azione sarà specificamente discusso e perfezionato nelle riunioni di follow-up. Questi possono essere previsti back-to-back con grandi eventi nell'agenda internazionale, come il vertice Italia-Africa in autunno, il vertice del G20 in India e la COP 28 negli Emirati Arabi Uniti a novembre-dicembre". I Paesi non rappresentati alla conferenza "sono invitati a manifestare il loro interesse e a partecipare a riunioni di follow-up, in particolare sulla base del loro impegno a fornire un contributo tangibile ed efficace agli obiettivi e alle iniziative del Processo di Roma". "La Tunisia è pronta a garantire la continuazione di questo processo ospitando un prossimo evento di alto livello", conclude il documento che sarà trasmesso "al Segretario Generale delle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni e istituzioni internazionali e regionali competenti".

LE PAROLE DI VON DER LEYEN

Particolarmente attese, ieri, le parole della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, che con Meloni e l'olandese Rutte ha costituito il "team Europe" che ha siglato l'accordo con la Tunisia. "Produrremo energia pulita in Europa, ma dovremo anche importare energia pulita dall'estero. La produzione di elettricità pulita nella Ue costa, nella migliore delle ipotesi, 10 centesimi per chilowattora. In Tunisia potrebbe costare anche solo due centesimi. La Tunisia ha le necessarie risorse naturali di vento e sole in abbondanza. Avrebbe un enorme vantaggio competitivo. Questa è una classica situazione win-win: l'Europa ha interesse a investire in Tunisia e la Tunisia ha interesse a sviluppare capacità di autoconsumo e di esportazione. Vogliamo che il nostro accordo con la Tunisia sia un modello. Un progetto per il futuro. Per partenariati con altri paesi della regione. Vogliamo adottare un approccio pragmatico basato su interessi condivisi e valori comuni. Vogliamo trovare soluzioni su misura per le realtà locali''.

"L'intera regione - prosegue Von der Leyen - dispone di vaste risorse naturali come sole, vento e paesaggi immensi in abbondanza, avete il potenziale e l'ambizione di essere una potenza energetica globale in un mondo senza rete. L'Europa sostiene già questa ambizione. Ad esempio attraverso nostre partnership sull'idrogeno con l'Egitto e il Marocco. Oppure - su scala più ampia, abbiamo il nostro piano di investimenti Global Gateway, del valore di 300 miliardi di euro. Global Gateway non solo ha le dimensioni per fare la differenza, ma definisce un nuovo approccio ai grandi progetti infrastrutturali. Gli investimenti europei saranno fortemente focalizzati sulla creazione di catene di valore locali".

SAIED AL QUIRINALE. MATTARELLA: ITALIA A FIANCO ALLA TUNISIA

Conclusa la Conferenza, stamattina, lunedì 24 luglio, il presidente tunisino Saied è stato ricevuto al Quirinale. "Questo nostro incontro è un'occasione per sottolineare l'amicizia che intercorre tra i nostri popoli, tra i nostri Paesi. Vorrei sottolineare le riflessioni che abbiamo fatto insieme due anni fa e sottolineare ancora una volta come l'Italia sia al fianco delle Tunisia nelle sfide importanti che vi sono e ribadire la nostra volontà di collaborare sempre più intensamente", ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "Lei in questi giorni ha incontrato più volte il presidnete del Consiglio italiano e conosce bene posizioni e iniziative dell'Italia" ha ricordato Mattarella.

AMNESTY: SBAGLIATI GLI ACCORDI CON TUNISI

All'indomani della Conferenza di Roma, Amnesty dà voce a tutte le preoccupazioni sul nuovo corso intrapreso dall'Italia e dall'Ue con la Tunizia: in una nota che fa il punto sui diritti umani nel Paese, Amnesty indica un "persorso di repressione" che dal febbraio 2023 ha messo "nel mirino oppositori politici, voci critiche e persone percepite come nemiche del presidente Saied attraverso indagini fasulle e arresti", come quello "nei confronti di almeno 21 persone - tra le quali oppositori politici, avvocati e imprenditori - per l'infondata accusa di cospirazione contro lo stato". Amnesty segnala, inoltre, l'"ondata di razzismo" suscitata da Saied con le sue dichiarazioni xenofobe di qualche mese fa nei confronti dei subsahariani: la polizia ha arrestato almeno 840 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate. A maggio, la tensione razziale nella città di Sfax è culminata nella morte di un migrante. A luglio, è morto anche un tunisino. Dopo questo episodio, le autorità hanno sgomberato decine di migranti e richiedenti asilo subsahariani spingendoli in Libia. "Decreto dopo decreto, colpo dopo colpo dal luglio 2021 il presidente Saied e il suo governo hanno gravemente compromesso il rispetto dei diritti umani. Sono state annullate libertà per le quali i tunisini e le tunisine avevano lottato duramente e si è rafforzato il clima di repressione e impunità", ha affermato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord.

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