Dal 15 ottobre obbligo di certificazione per i lavoratori - Archivio
Lo scorso 21 settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge 127 contenente misure urgenti per l’accesso ai luoghi di lavoro pubblici e privati. Da venerdì prossimo al 31 dicembre, chi esercita attività lavorativa, di formazione o di volontariato – anche sulla base di contratti esterni, quali appalto, somministrazione, fornitura eccetera – deve possedere ed esibire la certificazione verde Covid- 19 (il cosiddetto Green pass) per poter accedere al luogo in cui l’attività viene svolta. Ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato i Dpcm con le indicazioni operative. «Eravamo in difficoltà nell’interpretare alcune norme contenute nel decreto – spiega l’avvocato Roberto Podda, esperto di diritto del lavoro e partner dello studio legale K&L Gates –. Con i Dpcm si prova a fare chiarezza sul lavoro nel settore pubblico e privato. In sostanza tramonta definitivamente lo smart working nella Pubblica amministrazione ».
Entro il 15 ottobre le imprese devono definire le modalità operative del controllo, anche a campione e possibilmente al momento dell’accesso al luogo di lavoro. «I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle eventuali violazioni – sottolinea il giuslavorista – devono essere individuati con atto formale del datore di lavoro. I lavoratori che non siano in possesso del Green pass o si rifiutino di mostrarlo sono considerati assenti ingiustificati, senza diritto alla retribuzione o ad altro emolumento, sino alla presentazione della certificazione e comunque non oltre il 31 dicembre». I lavoratori che accedano ai luoghi di lavoro e risultino privi di Green pass possono essere sanzionati disciplinarmente e sono comunque soggetti a una sanzione ammini-strativa sino a 1.500 euro. Le imprese che entro il 15 ottobre non definiscano le modalità del controllo o che, in concreto, non effettuino tale verifica sono invece soggette a sanzioni amministrative sino a 1.000 euro. «Anche se il testo del decreto è breve e contiene pochi articoli – conclude Podda – si intuisce che voglia sollecitare l’obbligo di vaccinazione ai lavoratori per riprendere l’attività produttiva in modalità pre-pandemia. Tuttavia non è stato considerato l’impatto psicologico di quei dipendenti che ora devono rientrare in fabbrica o in ufficio dopo quasi un anno e mezzo di lavoro agile. Invece serviva gradualità e un accompagnamento psicologico strutturato».