mercoledì 21 febbraio 2018
Il modello educativo della Oliver Twist è stato inserito tra le dieci migliori pratiche didattiche dell’Unione Europea. A 6 mesi dal diploma, oltre il 70% degli studenti ha trovato un lavoro stabile
Maestri artigiani e studenti del corso di falegnameria promosso dalla Fondazione Cometa alla scuola professionale Oliver Twist di Como

Maestri artigiani e studenti del corso di falegnameria promosso dalla Fondazione Cometa alla scuola professionale Oliver Twist di Como

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La scuola che non sembra una scuola, tanto è diversa dagli standard comunemente diffusi e conosciuti in Italia, coniuga la bellezza degli spazi al rigore dello studio, l’accoglienza degli studenti alla dedizione e passione degli insegnanti. Varcando il cancello della Oliver Twist di Como, centro di formazione indirizzato soprattutto all’istruzione professionale ma che ospita anche il primo e, al momento, unico, liceo scientifico artigianale d’Italia - si viene catapultati in un mondo dove la parola “accoglienza” è pratica quotidiana e fonte di continua ispirazione per chi ci vive e lavora.

Nata trentadue anni fa dall’esperienza di affido familiare dei fratelli Erasmo e Innocente Figini, l’associazione Cometa ha dato vita, all’inizio degli anni 2000, alla scuola di formazione Oliver Twist che, nel breve volgere di un decennio, ha visto crescere in maniera esponenziale sia gli iscritti che la tipologia dei corsi. Oggi, il centro di formazione professionale comasco conta 360 alunni circa, suddivisi nei corsi tessile, servizi alle imprese, vendite, ristorazione e legno. Oltre il 30% degli allievi ha bisogni educativi speciali e necessita di percorsi personalizzati. A sei mesi dal diploma, il 70% degli studenti (con punte dell’80% nel per- corso sala-bar) svolge un’attività lavorativa. Nel 2016, l’European training foundation, agenzia della Commissione Europea, ha riconosciuto il modello scuola-impresa di Cometa tra le dieci migliori realtà a livello continentale.

Per studiare i caratteri distintivi di questo modello di scuola e, soprattutto, valutare la sua trasferibilità in altri contesti sociali e territoriali, la Fondazione Agnelli ha promosso il rapporto “L’approccio educativo di Cometa”, realizzato dalla ricercatrice dell’Università Milano Bicocca, Gaia Banzi, sotto la supervisione della professoressa Susanna Mantovani, un’autorità nel campo della pedagogia. Il rapporto è stato presentato ieri, nel corso di una partecipata mattinata di lavoro nella sede di via Madruzza. «L’istruzione professionale – ha ricordato in apertura il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto – è uno dei punti deboli del sistema scolastico italiano. Per questo ci è parso interessante approfondire i tratti distintivi dell’esperienza di Cometa e della scuola Oliver Twist, così originali e diversi dallo standard abituale della scuola italiana. L’analisi dei fattori che ne spiegano il successo, può, infatti, ispirare tentativi di miglioramento dell’offerta formativa in altri territori e situazioni». Un passaggio niente affatto scontato né automatico, ha però messo in guardia la ricercatrice della Bicocca, Gaia Banzi, ricordando che l’originalità del progetto Cometa si fonda innanzitutto sul radicamento nel territorio e sull’ascolto attento dei bisogni che da esso vengono manifestati, oltre che sulla forte motivazione degli insegnanti.

Una condizione, anche questa, «non scontata», perché presuppone nel docente la «passione ad accompagnare lo studente al successo formativo ». A Cometa, ha insistito Gaia Banzi, «il maestro guida il lavoro, ma i protagonisti sono i ragazzi». Sono loro al centro delle preoccupazioni e delle attenzioni della comunità, fatta da insegnanti, imprenditori ed educatori, cui si deve il successo del modello Cometa. Un sistema, è stato più volte ricordato, che «offre molto ai propri studenti perché chiede molto ai propri docenti». Un modello accogliente ed esigente allo stesso tempo, che cerca di tirare fuori il meglio da ciascuno. Un argine, è stato sottolineato, a quelle vere e proprie emergenze nazionali che sono l’inclusione e la dispersione scolastica. «L’inclusione sociale e la produttività sono le sfide principali per l’Europa », ha ricordato Maria Vittoria Garlappi della European training foundation, esaltando questa «buona pratica italiana». Che ha colpito, positivamente, anche il rappresentante dell’Unesco, Shyamal Majumdar: «L’inclusione è un fattore trainante dell’innovazione e dell’eccellenza », ha ricordato, sollecitando Cometa a «continuare a costruire » sulla strada dell’educazione.

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