martedì 18 marzo 2014
​La Cancelliera dà credito a Roma, ma non apre a maggiori margini di spesa. «Bicchiere mezzo pieno». Il ministro dell'economia Schäuble: resti il rigore .
ANALISI Il pragmatismo tedesco che piace al nostro premier di F. Riccardi
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L’apertura di credito politica c’è, ed è an­che superiore alle attese. Quanto alle con­crete possibilità per l’Italia di prendersi un po’ di respiro rispetto alle regole di bilancio, si ve­drà. «Sono veramente impressionata, si tratta di un cambiamento strutturale», dice Angela Merkel a­prendo la conferenza stampa. Impressionata dal­le riforme che gli ha presentato Matteo Renzi, che potrebbero, se realmente messe in campo, rende­re superabili gli scetticismi sul Belpaese. Nei 60 minuti di dialogo serrato, il premier avrà ri­petuto cento volte la parola «crescita», «croissan­ce», « growth». L’ha imparata anche in tedesco, « wa­chstum ». La sua tesi è una e una soltanto: negli ul­timi anni all’Italia non è mancato il controllo dei conti, ma è mancato il denominatore, il Pil. «Ci do­vete dare la possibilità di dare fiato alle famiglie e alle imprese, e sarà più semplice rientrare nei pa­rametri ». La cancelliera ascolta, con una simpatia che non riesce a nascondere, muovendosi tra var­chi aperti e porte chiuse. E le sue parole alla stam­pa sono l’espressione plastica della sua posizione ancora intermedia rispetto alle richieste italiane: «La regola del 3% è già sforata – dice senza far ca­pire se si riferisce al resto dell’Europa o al caso spe­cifico dell’Italia, che nel 2013 ha chiuso ai limiti – ma non ho dubbi che poco a poco sarà recupera­ta ». Parole difficile da decriptare. Sembrano voler dire: sforare o allargarsi non è per forza un tabù, l’importante è prendere davvero una rotta nuova, anche perché sui conti italiani resta sempre un margine misterioso d’incertezza. Non dice, Merkel, se potremo utilizzare qualche decimale di deficit per tagliare le tasse. Ma il suo gradimento 'politi­co' al governo italiano lo fa capire in un altro mo­do: «Sono certa che queste riforme potranno ave­re un’efficacia per arrivare a rispettare i patti». È la concessione di un paio di anni per mettere a po­sto il sistema-Italia? Troppo presto per dirlo. L’ef­fetto- apertura sembra infatti svanire pochi secon­di dopo, quando afferma che «l’Italia rispetterà il fiscal compact» (il piano di rientro forzato dal de­bito) e «rispetterà il patto di stabilità giorno per giorno». Certo però che l’idea di stimolare la do­manda interna aumentando le buste paga incas­sa applausi a Berlino: «I mercati sono fatti anche di psicologia, il governo italiano sta lavorando per riempire il bicchiere. Il bicchiere è mezzo pieno, non mezzo vuoto, questo è il messaggio e noi ci rallegriamo». Proiettare l’impegno di Renzi oltre l’anno solare è già una buona notizia per Merkel, che ha visto Mon­ti e Letta apparire e sparire in pochissimi mesi. L’o­rizzonte- 2018 è l’ideale anche per lei. E sono una buona notizia le nuove regole 'alla tedesca' sul mercato del lavoro: «Non farti frenare, Matteo, la tua proposta va nel verso giusto. Le diffidenze so­no normali, ci vogliono 2-3 anni per ottenere ri­sultati e tu devi essere coraggioso», gli ha detto la cancelliera raccogliendo l’eco delle proteste sin­dacali. E spiegando come si fa a tirar dritti quando una fetta di rappresentanza sociale rema contro. Certo la leader tedesca, quando ammette di aver «esaminato tutti gli aspetti delle riforme», non fa nulla per smentire l’immagine da 'giudice' delle politiche italiane. Ma volto e tono mostrano altro. E forse la frase più significativa passa inosservata: «È chiaro che l’Italia tiene conto della stabilità ma anche delle due componenti crescita e occupazio­ne ». Sembra un parziale 'via libera' a sviluppare la politica economica illustrata da Renzi mercoledì scorso, e non è pochissimo. Il vertice Renzi-Merkel va integrato, per essere ca­pito, con il faccia a faccia tra i ministri dell’Econo­mia Padoan e Schäuble. «Bene l’accelerazione su produttività, crescita e disoccupazione giovanile. È però anche giusto che il consolidamento delle fi­nanze statali attraverso le riforme strutturali non sia rinviato», scrive il Tesoro tedesco nella nota uf­ficiale, esprimendo tutto il disagio per un even­tuale passaggio dal 2,6 al 2,8 di deficit nel 2014. Mentre dallo staff italiano dell’Economia filtra so­lo un moto d’orgoglio: «Abbiamo parlato di spen­ding e riforme. Non hanno voluto sapere le coper­ture, non era un esame».
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