sabato 18 aprile 2009
Domani in tutte le chiese d’Italia una raccolta straordinaria di fondi. Per i primi interventi a favore dei più deboli. Bisogna passare al più presto dalle macerie alla rinascita.
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Un appello al popolo di Dio per mobilitarsi in aiuto dell’Abruz­zo ferito e delle fasce più vul­nerabili. Bambini, anziani, disabili e le famiglie povere della diocesi aquilana. Il senso della colletta nazionale voluta dalla Cei che si terrà domani in tutte le parrocchie d’Italia è quello di cingere in un grande abbraccio le zone terre­motate e aiutarle concretamente a ri­sollevarsi. Quanto verrà raccolto sarà poi affidato dalla Chiesa italiana alla Caritas per realizzare progetti precisi di ricostruzione.

COME CONTRIBUIRE

Un metodo che in passato è stato utilizzato con successo per la rinascita di aree devastate in I­talia e nel mondo, come dimostrano i precedenti più recenti dei terremoti di Umbria e Marche nel 1997, del sisma in Molise del 2002 e dello tsunami nel Sudest asiatico più di quattro anni fa. «Territori diversi per tradizioni – com­menta don Vittorio Nozza, direttore della Caritas nazionale – domani si u- niranno nella fede spezzando il pane eucaristico. Ciascuno è chiamato a da­re quanto può, è l’obolo della vedova. Con questo percorso di condivisione delle sofferenze e dei beni si manifesta l’unità della Chiesa italiana. Questo modello l’avevano delineato le prime comunità cristiane a Gerusalemme, che con la colletta sostenevano i fra­telli lontani in difficoltà». In quasi due settimane l’Italia dei vo­lontari all’Aquila ha dato una risposta all’altezza dell’emergenza, soccorren­do le popolazioni e allestendo 106 ten­dopoli per le migliaia di sfollati. Il rica­vato della colletta punta a gettare basi durature nel tempo. Servirà a fronteg­giare tutte le fasi della ricostruzione fi­no al rientro definitivo nelle abitazio­ni. La Caritas italiana, accorsa sul cam­po fin dalle prime ore del 6 aprile, ha ascoltato le richieste della popolazio­ne sia direttamente sia attraverso il fil­tro dei parroci e delle istituzioni civili. Ora è importante capire come ci i muo­verà dopo la colletta. «Abbiamo diviso la diocesi in otto zo­ne – spiega monsignor Nozza – e indi­viduato quattro livelli di intervento. È la nostra presenza accanto alle perso­ne dell’Aquila, nelle tendopoli e tra i prefabbricati, a suggerirci gli obiettivi della ricostruzione. Nel finanziamen­to di questi progetti confluiranno i fon­di raccolti con la colletta nazionale di domani, i cinque milioni di euro stan­ziati dalla Cei attraverso il cardinale Ba­gnasco, le offerte che stanno giungen­do alla Caritas italiana e a quelle dio­cesane da tutto il Paese e quelle della rete Caritas internazionale. Verranno privilegiati i più deboli, quelli che sen­za un aiuto concreto non possono ri­sollevarsi. Il numero di persone che sa­remo in grado di aiutare dipende dal­le offerte». I progetti, concordati con le comunità colpite, con l’Arcivescovo Molinari, le parrocchie, i Comuni e la Protezione civile si orientano sul medio termine. «Analo­gamente a quanto fatto in Molise, ad esempio, puntiamo come primo impegno sulla ricostru­zione di strutture poli­valenti per le comunità, dove gli sfollati possano riunirsi, prendere deci­sioni, discutere, fare festa. Sono pre­fabbricati pesanti che durano 35-40 an­ni e che faranno capo alla parrocchia. Va chiarito che non sono edifici per il culto, ma luoghi che possono fungere da chiesa per la messa domenicale, da scuola durante la settimana, da sala per il consiglio comunale o per le riunioni serali del volontariato. Conserveranno questa funzione finché dallo Stato non verrà riconsegnata la scuola o il palaz­zo comunale. In seguito resteranno al­la comunità parrocchiale col vincolo di adibirli all’animazione per i minori. Dove necessario, garantiremo il dirit­to allo studio, ricostruendo asili, ma­terne e scuole dell’obbligo». Una novità il secondo impegno assun­to. «Stavolta – conferma Nozza – sarà necessario investire nell’edilizia socia­le per accogliere anziani, malati, disa­bili e famiglie povere. Pensiamo di co­struire piccoli appartamenti che ver­ranno presi in carico dalle associazio­ni e dai gruppi caritativi». Terzo passaggio, ricostituire i centri di ascolto parrocchiali. «Anche in questo caso – precisa il di­rettore – l’obiettivo è favorire i poveri riattivando le antenne territoriali per monitorare i bisogni. Da ultimo, sulla scorta del Molise, il programma pre­vede la progettazione sociale e il so­stegno, col microcredito, di cooperati­ve sociali che puntino sull’agricoltura biologica e sulla valorizzazione del ter­ritorio in chiave turistica per dare la­voro a giovani e disoccupati». Il cammino di comunione e «l’obolo della vedova» diventano così la chiave per ridare speranza e progettare il fu­turo.

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