venerdì 28 luglio 2017
Seconda riunione, per il Viminale fatti «passi in avanti». Sì "condizionato" degli enti umanitari «se in nuovo testo accolte nostre obiezioni». Lunedì incontro finale per la firma del documento
Salvataggio in mare di un gruppo di migranti

Salvataggio in mare di un gruppo di migranti

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La decisione finale delle Ong è stata rinviata a lunedì pomeriggio, ma sul Codice di condotta sono stati fatti «passi in avanti». È la laconica espressione adoperata dal ministero dell'Interno al termine della seconda riunione con le organizzazioni non governative impegnate nel salvataggio in mare dei migranti. L'impressione è che la mediazione fra i tecnici del Viminale (guidati dal capo di gabinetto del ministero, Mario Morcone) e gli esperti legali delle Ong abbia dato i primi risultati, superando il "muro contro muro" di mercoledì per approdare a una nuova stesura del documento voluto dal ministro Marco Minniti, che tenga conto delle principali obiezioni formalizzate stamani dagli enti umanitari. Entro serata, le Ong dovrebbero ricevere una versione aggiornata del Codice di condotta. Quindi, avranno tempo fino a lunedì 31 luglio alle 16, quando dovranno decidere - in un ulteriore incontro al Viminale - se sottoscrivere o meno la carta di impegni.

Linea soft del Viminale: nuovo testo potrebbe accogliere rilievi Ong

Da parte del ministero ci sarebbe un'apertura su alcuni punti ritenuti essenziali dalle Ong: rispetto alla prima bozza, i tecnici potrebbero modificare (ammorbidendolo o stralciandolo) nel secondo testo il divieto di trasbordo da un'imbarcazione a un'altra, contestato da pressoché tutte le organizzazioni umanitarie, in quanto ostacolerebbe le operazioni di salvataggio (visto che diverse navi, come quella di Sea Eye, sono troppo piccole per poter condurre fino ai porti italiani gruppi considerevoli di migranti). Altro punto cardine sul quale il Viminale potrebbe adottare una linea soft rispetto alla richiesta iniziale è quello sulla presenza di agenti di polizia giudiziaria a bordo delle navi delle Ong.



Msf, «poliziotti a bordo solo se disarmati»

«Sul tema dei trasbordi ci pare di intendere un'apertura da parte del Viminale», dice ai cronisti al termine della riunione il presidente di Medici senza frontiere, Gabriele Eminente, mentre «sulla questione della polizia giudiziaria ci sono molti dettagli da discutere, il ministero ci sta lavorando con maggiore attenzione. Noi, nel modo più collaborativo possibile, abbiamo cercato di limitare le nostre richieste a quelle indispensabili». In un documento inviato prima della riunione e pubblicato sul proprio sito, Msf ha fissato quattro punti: «Speriamo che siano recepiti», afferma Eminente, chiarendo come sulla presenza della polizia «abbiamo chiesto come condizione imprescindibile affinché possa salire a bordo, che non sia armata, che la sua presenza non sia costante e che non ci sia nessuna interferenza con l'atto medico». Anche per Save the children «non ci sono punti insormontabili. L'incontro si è svolto in un
clima di grande collaborazione - riferisce Raffaela Milano -. Ci sono chiarimenti da fare, ma aspettiamo il testo definitivo sperando di poter arrivare a una firma». Il nodo sul divieto di trasbordo resta da sciogliere: «Rimane uno degli elementi su cui abbiamo chiesto approfondimenti, nel senso di garantire sì il massimo rispetto delle regole ma potenziando sempre l'attività di soccorso». Se anche gli ultimi problemi saranno superati, ragiona Milano, «siamo orientati a firmare».

Sea watch: «Non siamo sicuri di firmare»

Non si sbilancia invece l'organizzazione Sea watch, che fin dalla prima bozza del Codice aveva manifestato scetticismo: «Al momento non siamo ancora sicuri di firmare - fa sapere Sandra Hammamy -. Una nuova bozza con i punti chiave ci sarà inviata oggi, e l'organizzazione avrà la possibilità di discuterla durante il weekend. Lunedì, se saremo d'accordo, firmeremo». Per Hammamy, i punti critici da modificare sono diversi: si va dal divieto di trasbordo (cioè «l'impegno a non trasferire le persone soccorse su altre navi») agli obblighi relativi ai "flag states" (ossia l'impegno a tenere informate le autorità dello Stato di bandiera della nave╗) o ancora «i certificati» sull'idoneità tecnica a operare e «i contatti con la guardia costiera libica» (il Codice chiede di non interferire con le operazioni delle vedette locali). Ma il nodo gordiano resta quello su cui tutte le ong hanno protestato: «Non è un nostro obiettivo avere la polizia a bordo durante le operazioni di salvataggio - ribadisce Hammamy - . Su questo, non vediamo un approccio comune. Il loro punto di vista (del Viminale, ndr) è che la polizia non è autorizzata a lasciare le armi al capitano. Ma se su questo punto non ci saranno modifiche - conclude la rappresentante di Sea watch -, non firmeremo».

>>> LEGGI il documento Code of conduct for NGOs undertaking activities in migrants' rescue operations at sea <<<

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