giovedì 7 settembre 2017
La legge rischia di fare le spese della psicosi anti-stranieri e dei calcoli elettoralistici. I ministri dem decisi a portare a casa in Senato il testo già approvato alla Camera, anche con la fiducia
Il Senato in una foto dell'archivio Ansa

Il Senato in una foto dell'archivio Ansa

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Il treno è partito, e anzi, sarebbe in dirittura d’arrivo, ma oltre ai veti, anche i sondaggi frenano la corsa dello ius solitemperato e dello ius culturae. Nel clima di tensione che alimenta spinte razziste, la legge voluta fermamente dal centrosinistra farebbe perdere punti di consenso, secondo le proiezioni statistiche in mano ai dem.

E però, nel governo il premier Paolo Gentiloni, i ministri Minniti, Franceschini, Orlando e Lotti sono decisi ad andare avanti. Verosimilmente anche con la fiducia. Il nodo da sciogliere resta quello dei numeri: con il partito di Alfano contrario al provvedimento, difficilmente la legge andrà in porto. L’ipotesi che si fa strada, allora, è una trattativa nel governo sui temi contenuti nella manovra. Non sarebbe la legge elettorale la 'moneta di scambio' per trovare un’intesa di fine legislatura. Piuttosto i temi economici sul tappeto sarebbero al vaglio per un compromesso utile a portare il provvedimento alla meta. Con la fiducia, appunto, considerati gli oltre 50mila emendamenti, quasi tutti della Lega, che con il capogruppo Centinaio assicura «le barricate ». Ma per arrivare all’intervento estremo del governo, la squadra deve essere ovviamente in sintonia. A questo punto difficilmente il Senato metterà in calendario a breve il testo.

Di certo di ius soli temperato si riprenderà a parlare quando la manovra sarà avviata, se non dopo la sua approvazione. Comunque ad accordi presi. Secondo fonti dem, anche al di là delle perplessità del segretario Renzi, che ha smesso di premere l’acceleratore sulla legge, pure fortemente voluta dall’inizio della legislatura. L’ex premier continua a ripetere di «non voler creare problemi a Paolo (Gentiloni, ndr)».

Resta la ferma volontà di diversi esponenti dell’esecutivo, che intendono mantenere gli impegni presi con gli elettori. «Ogni giusta e necessaria forma di contrasto a tutto ciò di illegale legato all’immigrazione deve essere accompagnata dall’accoglienza e dal rispetto verso quelle persone che vengono nel nostro Paese rispettandone le leggi, per ricostruirsi una vita», spiega il titolare della Cultura Dario Franceschini. Con lui anche i titolari della Giustizia e dell’Interno e quello dello Sport si dicono certi che prima di chiudere i battenti la legge sarà approvata. Ma la contrarietà di Alternativa popolare resta forte. «Dico ai ministri Minniti e a Orlando che in questi giorni hanno parlato da uomini di partito e non di governo, che il nostro obiettivo è l’integrazione degli extracomunitari, che gli accessi siano controllati e il governo sta lavorando per questo – commenta il capogruppo Maurizio Lupi – , ma mettere adesso la fiducia su un tema esplosivo come lo ius soli vuol dire passare da una politica di governo e responsabilità a una politica di bandiera».

Insomma, a rischio potrebbero esserci le sorti dell’esecutivo, secondo Lupi. Di certo, ammette il vicepresidente Pd della Camera Roberto Giachetti, «se non si mette la fiducia non si approverà mai: quindi la valutazione politica che va fatta è se ci sono le condizioni per mettere la fiducia e questo ovviamente lo deve stabilire il governo». Quanto agli alfaniani, commenta, «dovrebbero fare pace con sé stessi, nel senso che loro lo hanno votato alla Camera e sentire oggi che questo argomento è un argomento giusto ma che al momento non è una priorità...».

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