giovedì 21 marzo 2024
La Fondazione Ismu: nel 2022 concessi 213.716 riconoscimenti, primi in Europa. La demografa Ortensi: ancora l’onda lunga degli arrivi iniziati con gli anni Novanta. Gli iter burocratici? Troppo lunghi
Code di stranieri negli uffici della Polizia

Code di stranieri negli uffici della Polizia - Fotogramma

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L’Italia è il Paese europeo che ha concesso più cittadinanze a persone straniere nel 2022, ma il problema è che per ottenere questo titolo servono in media 15-16 anni tra requisiti richiesti e iter legale necessario. Nasconde una notizia nella notizia, l’ultimo rapporto diffuso da Fondazione Ismu sulla concessione della nazionalità italiana ai migranti ed è il fatto che solo adesso di fatto si è chiusa quella che Livia Ortensi, demografa e responsabile del settore statistico della Fondazione, definisce come «l’onda lunga delle persone giunte nella penisola tra gli anni Novanta e il primo decennio degli anni Duemila e poi rimaste sul territorio in questi anni. Sono stranieri che ormai hanno una forte anzianità migratoria».

Basta vedere chi sono i “nuovi italiani” compresi nei 213.716 censiti dall’istituto: sono diventati nostri concittadini persone originarie dell’Albania (38mila) del Marocco (31mila) e della Romania (16mila), i Paesi simbolo di quella stagione. È probabile che con le seconde e terze generazioni si assisterà, nel prossimo decennio, a una sostanziale stabilizzazione, quando non a un calo, nelle concessioni di cittadinanza. Nel frattempo, il balzo rispetto al 2021 è stato netto, con un +76% di acquisizioni.

Più ostacoli che opportunità

Molti ragazzini diventano italiani innanzitutto perché i loro genitori lo diventano, ma le modalità sono diverse a seconda dei casi. I criteri della continuità di residenza (con la richiesta di una presenza ininterrotta di almeno 10 anni sul nostro territorio) e della capacità di reddito minimo (con la richiesta di dichiarare almeno 8mila euro, che salgono a più di 11mila per i nuclei familiari, da dimostrare in un arco di tre anni) sono tra gli ostacoli più alti incontrati da chi vuole completare il percorso, mentre è più facile diventare italiani attraverso il matrimonio o il cosiddetto “criterio di elezione”, che consente a un neodiciottenne di origini straniere di diventare italiano entro il compimento dei 19 anni, se fa richiesta del titolo. Poi c’è il tema della doppia cittadinanza, consentito da molti Paesi ma non da tutti. «È un grosso problema, soprattutto per chi proviene da Paesi come Cina e India – spiega Ortensi –. Cinesi e indiani, diventando nostri connazionali, perdono infatti automaticamente la cittadinanza del Paese d’origine e questo rappresenta un freno importante nei percorsi di possibile integrazione: in questo caso ti viene chiesto di recidere un legame che soprattutto per le prime generazioni è stato ed è fondamentale».

Il nodo seconde generazioni

Tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2022, il 26% è rappresentato da ragazzi di età compresa tra 0 e 14 anni. Se si considera anche la fascia di età 15-19 anni, si arriva a comprendere il 37% di tutte le acquisizioni. Quanto alla provenienza, i bambini tra 0 e 14 anni diventati italiani nel 2022 sono originari soprattutto di Pakistan (44%), Bangladesh (42%), Egitto (41%) e Marocco (39%). Le percentuali più basse si riscontrano tra i brasiliani (5%), gli argentini (7%) e gli ucraini (10%). Ma è possibile capire a che livello sono gli altri Stati europei, dove le leggi sono meno complicate? «No, un confronto sarebbe improprio - risponde la responsabile del settore statistico dell’Ismu - anche perché in altri contesti la storia migratoria è più antica. Senza dubbio, con una legge che avesse puntato sull’accorciamento dei tempi per la cittadinanza, in Italia il picco di acquisizioni si sarebbe registrato cinque anni fa. Basta vedere quanto è accaduto in Svezia, dove sono sufficienti cinque anni per ottenere il titolo». Da noi, il paradosso è contrario: le normative in vigore da oltre trent’anni creano più problemi che benefici. «Un altro aspetto a cui guardare, infine - prosegue Ortensi - riguarda la prospettiva che hanno le seconde generazioni: per loro la cittadinanza non è un traguardo finale, come poteva essere per i loro genitori. È un passaggio, tanto che molto di loro diventano cittadini italiani e poi se ne vanno altrove: guardano a questo riconoscimento con lo spirito di chi vuole muoversi nel mondo, non con il bisogno nascosto di trovare a tutti i costi un’identità, come invece pensiamo noi».

I dati in Europa

II totale, nel 2022, nell’Unione Europea sono state 989.940 le persone che hanno acquisito la cittadinanza del Paese in cui vivono, con un aumento di circa il 20% (+163.100) rispetto al 2021. Dietro all’Italia, ci sono Spagna (181.581 cittadinanze, pari al 18% del totale Ue) e Germania (166.640 cittadinanze, il 17%). Lo Stato membro dove è più bassa l’età media dei neocittadini è la Grecia: qui la metà ha meno di 21 anni. Il Paese con l’età media più alta è, invece, Cipro (42 anni). Il 39% delle persone alle quali è stata concessa la cittadinanza di un Paese Ue nel 2022 ha meno di 25 anni.

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