lunedì 26 agosto 2019
L'uomo morto domenica a Brescia aveva subito, ventenne, un incidente nel 1988. Era accudito dalla famiglia a casa: «La vita è così. Va vissuta, non ragionata»
Ansa

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È una storia bella e commovente quella di Ignazio Okamoto – detto Cito – morto domenica a Brescia a 54 anni, di cui 31 vissuti in stato vegetativo. Nella notte del 19 marzo 1988 Cito, insieme a 4 amici, è vittima di un grave incidente: entra in coma, un amico muore, gli altri tre si salvano.

Ignazio, che aveva studiato ragioneria e aveva appena terminata il servizio militare, era appassionato di tecnologia, pieno di vita e di amici, ma la storia della sua vita prende una svolta inaspettata. Hector, il padre messicano, di origine giapponese che ora ha 77 anni, e Marina, la madre, di Collebeato, nel Bresciano, che ne ha 74, insieme al fratello minore, lo accolgono così, nella sua nuova condizione.

Dopo i primi due anni presso il centro riabilitativo di Lonato, lo portano a casa a Collebeato dove continua a vivere con loro, assistito e curato. Hector, che era artigiano, lascia il lavoro e si prende cura a tempo pieno di quel figlio che non si risveglia ma che apre gli occhi e ti segue con lo sguardo, che non parla con la voce ma a suo modo forse capisce. Una decisione «ragionata» perché, spiega Hector, «era quello che andava fatto, e che mi sentivo di fare».

Lo fa ovviamente con l'aiuto di molte persone: amici, parenti, obiettori di coscienza, Caritas diocesana... Lo nutrono, inventando ricette speciali, lo fanno "passeggiare" in giardino, lo lavano, lo vestono. Non hanno «mai pensato all'idea di staccare la spina» perché «Ignazio ci dava la sensazione di percepire qualcosa».

Non si aspettavano che morisse anche se vivevano alla giornata, pronti ad ogni evenienza, anche al risveglio. «Abituarsi al vuoto
sarà dura – ha detto Hector – ma la vita è così. Va vissuta, non ragionata».

Il senso della vita e della sofferenza di Cito è stato l'amore che lo ha circondato, quello di Hector e Marina, quello degli amici
vecchi e nuovi, dei volontari, del mondo attorno a lui. L'amore – concreto, gratuito, non giudicante – ha scandito le giornate di Cito, ha scandito il tempo della sua famiglia. Per questo la storia di Ignacio è bella.

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