Malati di cibo. Lo sono tutti coloro che soffrono di disturbi alimentari e che proprio attraverso il modo disordinato, a volte patologico, di nutrirsi manifestano malesseri più o meno gravi. Il sintomo è un’abitudine “alterata”: si mangia in modo irregolare e squilibrato, non si considera il pasto come un momento normale della vita quotidiana. Eppure c’è dell’altro, sotto: anoressia, bulimia e obesità non sono malattie dell’appetito, si tratta invece di malesseri che nascono da disagi psicologici profondi. Che attraverso il rapporto con il cibo – rifiutato come avviene per l’anoressia o al contrario cercato nevroticamente come nella bulimia – esprimono in modi diversi uno stesso bisogno: una disperata fame d’amore. E, spesso, l’imitazione di un’abitudine già presente in famiglia. Non a caso la frequenza di queste patologie è in continuo aumento, sia nei Paesi occidentali che nel resto del mondo. Da noi non va meglio: secondo l’Istat e l’associazione Aba (Associazione bulimia anoressia) sono quasi tre milioni gli italiani che si trovano a farci i conti. Numeri che potrebbero però lievitare fino alla quota di 5 milioni, perché ancora largamente sottostimati. Oltre il 3% della popolazione presenta problemi legati all’anoressia e bulimia conclamate, più del 10% soffre di obesità e il 35% è sovrappeso. Colpiscono in modo particolare bambini e giovani adulti. Le fasce di età più colpite sia tra i maschi che tra le femmine risultano quelle dei giovanissimi (l’età media nella fascia under 15 è di soli 10 anni, secondo la Società italiana di pediatria) e quella degli over 40, laddove il 20% dei pazienti è una madre. La radice comune di questa epidemia va rintracciata, certo, nei modelli diffusi da campagne pubblicitarie e marketing: sempre più bambini ed adolescenti infatti sono preoccupati per il loro aspetto fisico, ricercano i loro modelli di riferimento estetico nei personaggi visti in televisione e adottano comportamenti alimentari sbagliati. Ma il nodo vero sembra essere l’assoluta mancanza di educazione alimentare riscontrata nei bambini e documentata da studi (come quello del Polli Cooking Lab, che ha scoperto come oltre la metà dei bimbi delle elementari non sappia che cos’è la dieta mediterranea). Anche su questa mancanza di cultura alimentare si sta concentrando l’attenzione degli studiosi: si calcola che in Italia 1 bambino su 3 ha problemi di peso, e il 35% dei piccoli in sovrappeso ha genitori con lo stesso problema. Un cattivissimo esempio.