giovedì 26 maggio 2011
Riunito a Palazzo Grazioli l’ufficio di presidenza del Pdl: «Sbagliato politicizzare la campagna elettorale». Ma poi, a «Porta a Porta», il Cavaliere torna all’attacco. I nostri candidati deboli, gli altri incapaci. Il premier parla anche di successione: «Il problema lo sto affrontando, ma ogni volta succede il finimondo». Il capo-delegazione a Strasburgo Mauro: «Nel partito deficit di dibattito».
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Nel deludente risultato del primo turno molto ha influito la scelta - sbagliata - dei candidati. Quasi mette le mani avanti, Silvio Berlusconi, come per tenere al riparo il governo da possibili ricadute per i temuti esiti dei ballottaggi di Milano e Napoli. La frase trapela dall’ufficio di presidenza del Pdl. Non proprio un incoraggiamento per Moratti e Lettieri impegnati a raccattare voti. Infatti interviene subito il portavoce Paolo Bonaiuti per smentire. Ma serve a poco, ancora un paio d’ore e dalla registrazione di Porta a Porta il premier ripete che «sono elezioni particolarissime in cui influisce la personalità del candidato». Dalla riunione a Palazzo Grazioli era emersa anche un’ammissione: «Sbagliato politicizzare la campagna elettorale», dice. Poi, di nuovo nel salotto di Vespa ecco la frase che scatena la bagarre: «La Moratti e Lettieri sono persone che hanno gestito aziende, capaci di prendere decisioni, gli altri sono amministratori improvvisati. Credo che Pisapia e De Magistris non riusciranno a vincere, se a Milano e Napoli - ecco l’affondo - la gente andrà a votare senza lasciare a casa il cervello». È un fiume in piena, Berlusconi. «De Magistris è un incapace totale, un demagogo. Piace alle donne ma ha combinato solo sfracelli». E aggiunge: «Mi viene voglia di dire che Napoli non si rivolga più al presidente del Consiglio se poi si fanno del male da soli e si mettono nelle mani dell’estrema sinistra...». Parla del decreto che tanto ha fatto discutere, e sul quale la Lega si era messa di traverso, per bloccare la demolizione delle case abusive a Napoli. Poi frena un po’: «Il decreto lo faremo lo stesso», assicura. E un po’ minaccia, visto che l’ala ambientalista era insorta all’idea. «Ma la voglia sarebbe di non farlo perché mi sembra davvero una follia pura votare per uno così. Il decreto però - insiste - non è una sanatoria». Poi attribuisce la colpa dell’insuccesso a un difetto di comunicazione: «Abbiamo contro – accusa – un blocco mediatico terrificante, a partire dal Corriere della Sera, da Sky e La7 e le trasmissioni Rai pagate con i soldi di tutti che stanno con la sinistra. Per questo - dice - abbiamo perso a Milano». E definisce «una follia» le multe dell’AgCom ai cinque tg che l’hanno intervistato venerdì scorso.Torna anche sul caso Ruby e sulla nota telefonata in questura: «Sono una persona che soccorre le persone in pericolo... Lo farei anche per Rosy Bindi...», prende di mira per l’ennesima volta la presidente del Pd. Ma tornando ai rischi di esiti negativi dei ballottaggi, esclude «nella maniera più assoluta» tranelli della Lega. «Non ci sono purtroppo alternative», dice. Un «purtroppo» che tradisce la fatica. Ma, assicura, «tra me e Bossi c’è un accordo e un’amicizia sicura. Voglio bene a lui e lui vuole bene a me. Ci siamo detti che lasceremo insieme», rivela. Anche se ammette che nel luglio scorso sia la Lega che Giulio Tremonti «insistevano per andare subito ad elezioni». Tuttavia, dopo la tregua sancita l’altra notte sui ministeri e sulle riforme, una frecciatina la lancia: «A Bologna - dice - il candidato l’ha deciso la Lega, non aveva possibilità».Torna poi sulla possibile successione. Non la esclude. Anche se, «nel Pdl tutte le volte che accenno alla possibilità, accade il finimondo. È un problema che sto affrontando, se favorisse la ricomposizione dell’area moderata sarei pronto», assicura senza però dare l’idea che parli di un futuro prossimo. «Sto dando vita a una nuova classe dirigente molto valida, ci sono ottimi ministri nel governo», torna a dire, ma stavolta evita di far nomi. Confessa però stanchezza: «Mi sono condannato per 17 anni all’infelicità», dice. Ma ora si dice convinto che «ci aspettano due anni di lavoro fantastici, finalmente con questa nuova maggioranza possiamo fare le riforme». A partire da quella del fisco.Ma anche nel Pdl sale il dibattito, il capodelegazione a Strasburgo Mario Mauro parla di un partito «incapace di condurre in modo saggiamente critico il proprio dibattito interno. Le cose - nota - si risolvono o con abbandoni o con atteggiamenti a volte esageratamente ossequiosi».
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