venerdì 26 maggio 2023
Parla la presidente del Comitato per il centenario della nascita di don Lorenzo Milani. «Attuale e profetica la sua testimonianza su scuola, povertà e pace». Domani a Barbiana Mattarella e Zuppi
Rosy Bindi

Rosy Bindi - ANSA

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L’essenziale è «far parlare lui». E sottrarre la figura di don Lorenzo Milani da «interpretazioni» più o meno fedeli del suo pensiero. Rosy Bindi ha le idee chiare sul compito che la attende come presidente del Comitato nazionale per il centenario della nascita del priore di Barbiana. E soprattutto ha le idee chiare sul significato della manifestazione di domani che avvia il “centenario”, e che vedrà la presenza, a Barbiana, del capo dello Stato Sergio Mattarella e del presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi: «Riconsegnare all’Italia un grande italiano, riconsegnare un grande credente all’intera comunità ecclesiale», sintetizza l’ex parlamentare, già ministra e politica di lungo corso, nonché esponente storica dell’associazionismo cattolico.

Cosa può dare questo centenario al Paese e alla Chiesa?

L’essenziale, a mio avviso, è che la Chiesa e la Nazione italiana dedichino un po’ del loro tempo a rileggere la sua opera e accogliere il suo messaggio. Far parlare don Lorenzo senza fermarci solo alle frasi famose. Questo rende ragione a tutti coloro che non l’hanno mai dimenticato. C’è una vivacità dentro le scuole, le parrocchie, nelle associazioni: nonostante non sia stato compreso da tutta la comunità ecclesiale e civile, c’è una continuità nella trasmissione della sua testimonianza.

Don Lorenzo può andare oltre una generazione che si è ispirata a lui?

Per la mia generazione don Milani è stato un colpo al cuore sul piano ecclesiale e civile, un maestro qualificante della nostra formazione e delle nostre scelte di vita. Rileggerlo dopo tante esperienze personali ha reso, ai miei occhi, il suo messaggio ancora più attuale e profetico, capace, con la sua radicalità, di interpellare anche i ragazzi di oggi. Soprattutto su un punto: don Milani ha saputo coniugare l’obbedienza vera alla Chiesa, dimostrata in concreto accentando anche qualche ferita , con la capacità di rimanere coerente sulla necessità che la Chiesa stessa sia più fedele al Vangelo. Obbedientissimo e scomodissimo.
La scelta dei poveri parla al presente?

È stata una scelta incondizionata: con i poveri don Milani ha davvero condiviso tutta la sua vita. Intendo in senso letterale. Proveniva da una famiglia benestante, colta, cosmopolita e ha letteralmente spezzato i suoi privilegi con chi non aveva nulla. Senza il dono di tutta la sua ricchezza culturale e spirituale non sarebbe stato così importante per i suoi ragazzi. Questo ci interroga molto. Come Chiesa, che costantemente deve chiedersi se davvero sta mettendo i poveri al centro. Come comunità civile, che deve saper vedere le povertà crescenti e anche l’involuzione di una scuola che esclude e non include.

Cosa c’era dietro la sua grande opera?

Una grande sete di giustizia, che ha tradotto in una visione politica riassunta nel motto , l’“I care” opposta al “Me ne frego”. Il suo non era soltanto un gesto isolato di carità. Credeva nella forza liberante della Parola, istruzione e cultura erano fattori di uguaglianza e giustizia. La crisi della scuola non è solo crisi dell’istituzione, ma anche delle famiglie che non ritengono prioritarie per i loro figli “la cultura e la parola”. I nostri genitori si sono tolti il pane di bocca per farci studiare, oggi abbiamo tassi di dispersione espliciti e impliciti altissimi e il livello di laureati di Ungheria e Romania, non di Francia e Germania. Sono questioni attualissime.

Lei fa riferimento a interpretazioni discutibili del pensiero di don Milani. A cosa si riferisce?

La sua scuola era molto esigente: a tempo pieno, senza vacanze e senza ricreazione. Una scuola che includeva tutti e metterva ciascun allievo in condizione di crescere. Don Milani va dunque depurato dalla caricatura della “scuola facile” o dalla macchietta del prete comunista, del prete rosso. Nella lettera a Pipetta usa parole durissime verso il Pci. Perciò è necessario rileggerlo tutto, don Lorenzo. Per capire che la sua storia è di tutti, non di una parte.

A proposito, il governo partecipa a questa manifestazione?

Nel Comitato ci sono il ministero dell’Istruzione e il ministero della Cultura. Il ministro Sangiuliano ha firmato l’atto che ha dato vita al Comitato. Quindi le istituzioni ci sono tutte.

Nei vostri lavori avete mai immaginato cosa don Milani potrebbe dire di questi tempi di guerre, di pandemie...

Ci siamo imposti di non “immaginare” nulla. Leggere i suoi scritti, finalmente disponibili, è più che sufficiente. Sul tema della pace, ad esempio, basterà ricordare che don Lorenzo è morto da imputato per aver difeso gli obiettori di coscienza e per aver scritto una lettera ai cappellani militari in cui affermava, insieme ai suoi ragazzi, di non aver trovato nella storia d’Italia una sola guerra giusta.

I PRINCIPALI EVENTI DEL CENTENARIO

L’evento di domani è l’inizio di un percorso. Il Comitato per il centenario della nascita di don Lorenzo Milani ha articolato un viaggio lungo l’Italia intorno ai temi della scuola, della Costituzione e della politica, del lavoro e delle disuguaglianze sociali, della Chiesa. L’attualità delle esperienze pastorali di don Milano sarà affrontato insieme alla diocesi di Firenze, grazie al contributo del cardinale Betori. Con “Pro civitate” il Comitato rifletterà su Costituzione e Vangelo, mentre a Montesole, con la comunità dossettiana, si parlerà di Costituzione e politica. Il filone sul lavoro sarà sviluppato con le Acli di Bergamo e i sindacati. Gli approfondimenti su scuola e università vedranno protagonisti diocesi e dirigenti di Catania e l’ateneo Roma3. Partner del Comitato è anche la Rai, il mondo dello spettacolo contribuirà attraverso un momento teatrale con Sergio Castellitto.

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