mercoledì 6 maggio 2009
Al via il «Prestito della speranza», fondo di 180 milioni di euro destinati a 30mila famiglie povere con almeno tre figli, colpite dalla crisi. Colletta nelle chiese italiane il 31 maggio.
  • IL PROGETTO: Cos'è, a chi è destinato, come funziona
  • DA SAPERE: Il percorso per ottenere il finanziamento
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    Il primo passo sarà la Colletta nazionale del 31 maggio. Con l’obiettivo dichiarato di raggiungere 30 milioni di euro, oltre che «di aprire il cuore alla generosità», come ha detto il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Quindi con questa cifra partirà il Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà. «Un segno e uno strumento di speranza per attraversare la crisi e non soccombere ad essa». A questo Fondo contribuiranno anche le banche italiane, insieme con privati, associazioni e istituzioni. E il tutto si tradurrà in finanziamenti di 500 euro mensili della durata di un anno (rinnovabili per altri 12 mesi) a favore delle famiglie con almeno tre figli o con persone disabili, che hanno visto cessare le loro fonti di reddito. Secondo le prime stime dovrebbe trattarsi complessivamente di circa 30mila nuclei familiari in tutta la Penisola.L’iniziativa del cosiddetto «prestito della speranza», già annunciata nelle scorse settimane, è stata presentata ufficialmente alla stampa, ieri mattina, dal cardinale Bagnasco e dal presidente dell’Abi, Corrado Faissola, subito dopo la firma della Convenzione tra la Conferenza Episcopale Italiana e l’Associazione Bancaria, che ne sancisce in pratica l’avvio.Il presidente della Cei ha messo in rilievo le principali caratteristiche del meccanismo. «Saranno le Parrocchie insieme alle Caritas – ha spiegato infatti – ad individuare e selezionare rigorosamente le famiglie in difficoltà per poi indirizzare alla Banca che potrà in tempi brevi concedere il prestito a ritmo mensile. La restituzione avverrà quando ce ne saranno le condizioni e comunque non prima di uno o due anni, ed avrà la durata massima di cinque anni». Ma soprattutto Bagnasco si è soffermato sui valori di solidarietà che stanno dietro alla Colletta e al Fondo. E in riferimento alla prima, in particolare, ha sottolineato: «La Colletta nazionale della domenica di Pentecoste riveste un grande valore pedagogico perché rappresenta un’azione che educa in concreto alla solidarietà e alla condivisione, all’apertura del cuore e alla generosità». «Non solo – ha aggiunto il porporato – aiuta pure a vivere questo momento di obiettiva difficoltà per tanti con una scelta concreta che intende rimuovere la cause profonde della crisi e cioè l’avidità del denaro e la cupidigia del possedere».Al di là di tutto, ha quindi proseguito il presidente della Cei, «la Colletta nazionale è pure un gesto dal profondo sapore ecclesiale perché si ricollega ad una prassi antica, di cui il testimone più significativo è l’Apostolo Paolo che organizza la Colletta per i poveri di Gerusalemme». E proprio seguendo l’esempio paolino Bagnasco ha messo in evidenza che «la raccolta in denaro ha un valore anche cultuale», dal momento che, «come ha di recente ricordato Benedetto XVI, amore per i poveri e liturgia divina vanno insieme» e che «l’amore per i poveri è liturgia».Dal canto suo il Fondo di garanzia «si propone come una iniziativa di respiro nazionale, la prima in assoluto nel suo genere, per venire incontro a chi fa le spese di questa imprevista stagione». E cioè «a quella parte della popolazione che in realtà non ha mai scialacquato e che già prima era in sofferenza per una cronica ristrettezza». Il cardinale ha anche spiegato che «la scelta delle famiglie» come destinatarie dei prestiti, «non è causale», ma «corrisponde ad una convinzione profonda che vede in essa non soltanto l’ammortizzatore sociale più efficiente, ma anche la trama relazionale più necessaria per un armonico sviluppo delle persone e dunque della società».Rispondendo, poi, ad una domanda, Bagnasco ha precisato che il «prestito della speranza è destinato alle famiglie secondo il dettato costituzionale». Per altre situazioni ci sono già le iniziative ordinarie della Caritas e delle diocesi (ad esempio i centri di ascolto, i fondi antiusura, le iniziative per le emergenze). Più in generale, ha concluso il presidente della Cei, «come pastori diamo voce alla gente e alle preoccupazioni generali, che non sono poche né piccole, ma sarebbe un guaio ancora peggiore seminare panico e uccidere la speranza».
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