venerdì 14 ottobre 2011
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Gridano allo scandalo le opposizioni per l’infornata di nomine che ieri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a fiducia ancora calda, ha fatto uscire dal Consiglio dei ministri. Ma anche nel Pdl c’è maretta.Al termine della riunione Catia Polidori e Aurelio Misiti sono stati promossi da sottosegretari a viceministri (rispettivamente allo Sviluppo economico e alle Infrastrutture). Mentre Giuseppe Galati dei Cristiano Popolari è diventato sottosegretario all’Istruzione. Per liberare questa casella, il senatore del Pdl Guido Viceconte è stato spostato all’Interno, sempre come sottosegretario.

Come per i passaggi recenti - che hanno portato al governo proprio la Polidori, ex finiana, e il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, del gruppo dei Responsabili - in molti storcono il naso e interpretano le nomine come l’ennesimo premio-fedeltà da riscuotere a ostacolo superato. Al prevedibile coro delle opposizioni, si aggiunge, però, anche un forte malumore nel Pdl. Giri di telefonate e tanta rabbia nel partito, ma anche tra i cosiddetti malpancisti, tra gli alleati minori, confermano fonti parlamentari. Nel mirino soprattutto la Polidori, "rea" di non aver partecipato al voto sul rendiconto e, dunque, di aver contribuito alla situazione che ha richiesto la fiducia. E che, come Misiti, già era stata premiata. Dunque, perché farla salire di grado proprio nel giorno dell’ok al governo? Mentre la scelta di Galati viene spiegata come un riconoscimento ai Cristiano popolari di Mario Baccini (che esulta e assicura «sostegno alla segreteria di Angelino Alfano per realizzare in Italia la casa dei moderati»).

Anche un esponente di peso e solitamente moderato del Pdl, Enrico Costa, definisce apertis verbis la scelta delle nomine «difficilmente difendibile sul piano politico». Il capogruppo della Commissione Giustizia alla Camera esclude una propria delusione personale e critica innanzitutto la tempistica, legata la voto di fiducia. «Continuare così non è la scelta migliore» aggiunge. Lui è stato avvertito con un sms. E dopo il suo aperto sfogo, dice di aver ricevuto parecchi attestati di solidarietà dentro il partito.

«La maggioranza si comporta come se avesse aperto un banco al mercato di Porta Portese», incalza il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Va giù dura la numero uno dei suoi senatori Anna Finocchiaro, che parla di « nomine-baratto», con le quali «si è raggiunto un livello infimo di dignità istituzionale». Berlusconi «sta pagando le sue cambiali politiche», afferma il capogruppo alla Camera dell’Idv Massimo Donadi. L’accusa di compravendita, scambio di favori eccetera è assai gettonata. La lanciano, assieme a Di Pietro che parla di «pagamento cash», anche Italo Bocchino (Fli), Linda Lanzillotta (Api) e Roberto Rao (Udc). Quest’ultimo fa un paragone che indica come, a suo dire, il premier abbia altre priorità rispetto a quelle degli italiani: «La promessa di una poltrona in cambio dei voti necessari per ottenere l’ennesima inutile fiducia vale più di quella degli 800 milioni di euro stanziati per la banda larga e lo sviluppo del Mezzogiorno, poi dirottati altrove». La mette sullo storico, infine, il finiano Roberto Menia, il quale parla di «una vergogna politica» che accomuna Berlusconi a Caligola e i «suoi sodali» al celebre cavallo diventato senatore.

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