sabato 27 aprile 2019
Fa discutere la scelta, annunciata da un organizzatore, di non invitare atleti dell'Africa alla mezza maratona del Trieste running festival per sollevare il problema dello sfruttamento sportivo
Una maratona con atleti africani (archivio Ansa)

Una maratona con atleti africani (archivio Ansa)

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Dopo i porti chiusi c’è anche la porta chiusa della Mezza maratona di Trieste. Non c’è pace in Italia per il popolo africano anche se questa volta ad essere colpita ed esclusa è l’onda nera africana dei maratoneti. I più forti del mondo, quelli che vincono tutte le gare di corsa, dalle Olimpiadi al giro del quartiere sotto casa, sono migliaia sparsi nel mondo, ma a Trieste non potranno essere ed ingaggiati al pari degli atleti europei o di altri continenti così come dichiarato in conferenza stampa da Fabio carini Presidente di Apd Miramar organizzatore dell’evento: “Nessun atleta africano correrà la mezza maratona che verrà disputata in occasione del 'Running Festival' che si terrà dal 3 al 5 maggio”.

Subito si alza la polemica -anche se Carini prova a dare delle giustificazioni concrete alle sue affermazioni che giura non hanno nulla di razziale: “Basta mercimoni - afferma -. Quest'anno abbiamo deciso di prendere soltanto atleti europei per dare uno stop affinché vengano presi dei provvedimenti che regolamentino quello che è attualmente un mercimonio di atleti africani di altissimo valore, che vengono semplicemente sfruttati e questa è una cosa che non possiamo più accettare".

In Italia, prosegue Carini "troppi organizzatori subiscono le pressioni di manager poco seri che sfruttano questi atleti e li propongono a costi bassissimi e questo va a scapito della loro dignità – perché molto spesso non intascano niente e non vengono trattati con la giusta dignità di atleti e di esseri umani - ma anche a discapito di atleti italiani ed europei, che non possono essere ingaggiati perché hanno costi di mercato".

Col passare delle ore montano le polemiche sia da parte dei partiti politici che dei tanti podisti che si sono iscritti e che non vogliono più partecipare ad una gara che dovrebbe essere una festa di inclusione e di uguaglianza ed invece è diventata lo strumento per fare propaganda. L’organizzatore Carini però va dritto per la sua strada: “Hanno preso una cantonata mostruosa, ora è il momento che da questa Trieste, città multiculturale, si dica basta allo sport che non è etico. il nostro obiettivo è che questo non rimanga un fatto isolato ma che si cambi le regole".

A Trieste hanno senz’altro sbagliato il modo e la sede per denunciare un mondo sommerso che forse pochi conoscono ma che esiste. Ovvero quello di procuratori sportivi poco professionali e molto scorretti che lucrano sui sogni e sulla voglia di riscatto di questi atleti keniani, etiopi o ugandesi che vedono nelle corse in Europa un modo per cambiare vita, per svoltare, per scappare da fame e carestie e poter aiutare la propria famiglia.

Ci sono procuratori italiani seri e che portano atleti dalle elevate capacità e che gareggiano in contesti decisamente ricchi come ad esempio la maratona di Londra che si corre oggi e poi c’è un sottofondo di gare di basso livello con in palio per i vincenti poche centinaia di euro.

Gli agenti sfruttano questi atleti, dovrebbero guadagnare commissioni sulla vittoria pari al 10-15% ed invece spesso accade che li fanno venire dall’Africa con un permesso di soggiorno, li fanno gareggiare per tre mesi nel periodo più intenso di gare e si intascano i premi vittoria lasciando poco o nulla all’atleta che non è tutelato in alcuna maniera, per poi rimandarli a casa.

Pochi quelli sotto contratto in maniera seria, c’è sicuramente da combattere questa crepa nel mondo del running, però vi sono le sedi appropriate per denunciare tali situazioni se un organizzatore ne è a conoscenza. Errato pensare di farlo in maniera pubblica alla vigilia di una importante competizione come quella triestina che è di livello internazionale e tra le più rinomate in Italia con ben 1.400 partecipanti provenienti da 28 Paesi esteri. Al via austriaci e ungheresi, australiani e giapponesi, sudamericani e statunitensi. Basta che non siano africani.

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