sabato 5 ottobre 2019
Intervista all'indomani della rivelazione di Avvenire: il trafficante di uomini libico seduto allo stesso tavolo degli 007 italiani. «Ma sui migranti il governo ha voltato pagina»
Il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia (archivio Ansa)

Il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia (archivio Ansa)

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Grande risonanza sui media di tutto il mondo ha avuto l'inchiesta di Nello Scavo sulla presenza al Cara dei Mineo in Sicilia, l'11 maggio 2017, del trafficante di uomini libico Bija al tavolo dei negoziatori con gli 007 italiani. Obiettivo dell'incontro era "studiare il modello Mineo". L'Italia stava allora negoziando con le autorità libiche il blocco delle partenze di profughi e migranti. Bija, nel mirino dell'Onu per le sue attività di schiavista, è ancora tra i capi della Guardia costiera libica (QUI LA PRIMA PUNTATA DELL'INCHIESTA)

«Andremo certamente a fondo. La meritoria inchiesta giornalistica di Nello Scavo si riferisce al 2017, dovremo essere certi che non vi sia alcuno scambio con gli scafisti. Non è certo questa la maniera di risolvere la questione dei migranti irregolari». Parte subito con un impegno netto Carlo Sibilia, riconfermato sottosegretario all’Interno (lo era già nella gestione Salvini): eliminare anche solo i sospetti che vi siano trattative con chi traffica esseri umani.

«Ci stiamo adoperando in una direzione chiara, perché siano accelerate le procedure di rimpatrio di quanto non hanno diritto di stare nel nostro Paese. Adesso, con il nostro decreto, c’è uno strumento in più», afferma il sottosegretario. Che conferma, poi, il cambio di passo nell’approccio, prima ancora che nella normativa, avvenuto con l’arrivo al Viminale di Luciana Lamorgese: «Abbandonata la linea della propaganda i fatti ci stanno dando ragione. C’è chi ha deciso di scappare di fronte alle responsabilità e chi se le è assunte, neutralizzando l’aumento dell’Iva», è l’attacco di Sibilia a Salvini.

«Aver messo il dialogo al centro della nostra azione, invece di cercare sempre lo scontro, sta producendo grandi risultati, con gli accordi di Malta, e ora con questo decreto rimpatri. Senza indietreggiare sulla sicurezza».

Che effetti potrà portare questo decreto?
Porterà procedure molto più veloci. Grazie alle interlocuzioni in sede Onu e con le commissioni internazionali per il diritto di asilo abbiamo potuto stilare una lista di Paesi "sicuri" con i quali stipulare accordi. Stiamo superando la fase dell’emergenza, per entrare in quella dell’integrazione e della sicurezza, con una gestione regolata dei flussi.

Salvini vede una nuova emergenza migranti.
Nessuna emergenza. I dati dicono che nel 2017 avevamo 103.500 arrivi, nel 2018 ne abbiamo avuti 21mila. Nel 2019 con tutta probabilità non supereremo i 10mila.

Ma il cambiamento, nel 2018, in larga misura è "targato" Minniti.
È vero. E dando atto a chi ha avviato questa nuova fase, ora bisogna focalizzarci sulla sicurezza.

Come giudica gli accordi di Malta sulla ripartizione dei migranti?
Un grosso passo avanti. L’Italia incassa il supporto di Francia e Germania, finora mai ricevuto. Certo, il testo che verrà votato la prossima settimana a Strasburgo richiederà una difficile negoziazione, ma di sicuro questo pre-accordo va nella direzione del superamento di Dublino. Si tratta di dare contenuto tecnico all’affermazione di Conte: «Da ora quando si arriva in Italia si arriva in Europa».

I voti decisivi degli eurodeputati di M5s per Ursula von der Leyen sono stati la scelta giusta?
Questo assetto che abbiamo scelto ci permette, oltre ai risultati ottenuti sui migranti, di parlare più serenamente oggi di misure economiche, avendo scongiurato l’aumento dell’Iva. È innegabile: votare questa Commissione è stata una scelta responsabile, sicuramente difficile, che ci consente ora di spingere sulla flessibilità, riducendo il cuneo fiscale o introducendo misure per le famiglie. Risultati che con un atteggiamento ostile e riottoso non avremmo mai ottenuto.

Tre anni fa i 368 morti di Lampedusa. Che cosa è cambiato, da allora?
La gestione dei flussi, fondamentalmente, checché se ne dica, è cambiata con i decreti Minniti. Ora basta guerre sull’immigrazione e toni urlati. Noi diciamo: mai più immagini di bambini morti in mare. Serve umanità e rigore. E più sicurezza, anche nelle stazioni.

Non solo porti, quindi.
La percezione di sicurezza deriva da altro. Le stazioni, i parchi dove avviene lo spaccio: bisogna spostare l’asse della nostra attenzione.

Sui decreti sicurezza che interventi auspica?
Il faro per le modifiche è costituito dai rilievi del Quirinale. Sulla sicurezza non indietreggiamo, ma senza accordi per i rimpatri non può esserci sicurezza. Per questo puntiamo sulla collaborazione. Con gli altri Paesi, ma anche con la Chiesa, specie sui corridoi umanitari.

Sullo ius culturae però il M5s frena.
Dati alla mano siamo il primo Paese d’Europa per concessione di cittadinanza, soprattutto per i ragazzi fino a 19 anni. Vuol dire che le nostre leggi funzionano bene già così, semmai si tratta di velocizzare le pratiche, superando il blocco del turn over nella Pa. Abbiamo indetto dei concorsi nelle prefetture, per questo.

L’alleanza di governo come va?
Questo passaggio politico è una sfida. È un governo nato per rispondere a chi aveva in testa, per interessi di parte, di andare all’incasso dei consensi acquisiti. Martedì, invece, con il taglio dei parlamentari otterremo un risultato cercato da anni. Una riforma costituzionale epocale che farà risparmiare un miliardo in due legislature da reinvestire in servizi, aumentando l’efficienza del Parlamento.

Ma il Pd chiede di cambiare la legge elettorale.
È evidente che ci sarà da rivedere il meccanismo della rappresentanza. Così come ci sarà da intervenire sui regolamenti parlamentari.

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