mercoledì 27 ottobre 2010
A una svolta le indagini sulla vendita, nel 2008, dell’appartamento nel Principato di Monaco ereditato da An e finito poi in affitto al fratello della compagna del presidente della Camera. E si scopre che Fini e Pontone erano indagati.
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La Procura della Repubblica di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta riguardante la casa di Montecarlo, al centro da luglio di una polemica riguardante la concessione in affitto dell’immobile – ereditato da Alleanza nazionale – a Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini.Nei confronti del presidente della Camera e dell’ex tesoriere di An Francesco Pontone, che erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di truffa, nulla è da contestare in relazione alla presunta vendita a prezzi «stracciati» dell’appartamento di boulevard Princesse Charlotte. Fini, al centro di una lunghissima inchiesta giornalistica da parte dei quotidiani Il Giornale e Libero, ha sempre rigettato le accuse e dichiarato che con il tempo la verità sarebbe emersa. Ieri a commentare la notizia è stato Pontone, che ha esultato: «Era una bolla di sapone. Si diceva che sarebbe scoppiata nel nulla e così è stato. Sono contento e soddisfatto, perché era un’azione sballata presa contro di me e contro il presidente della Camera». Anche Benedetto Della Vedova, vicecapogruppo di Fli alla Camera, ha espresso la sua soddisfazione via Facebook: «E andiamo avanti!».Probabilmente all’ex radicale funzionava il pc, non il telefonino. Perché, a quanto pare, un sms collettivo avrebbe raggiunto i parlamentari finiani, solitamente assi loquaci, vincolandoli al silenzio sulla vicenda. Smentisce Italo Bocchino: «Non facciamo commenti perché non è una notizia politica». Acido, invece, il commento del segretario de "La Destra", Francesco Storace: «Il processo breve, brevissimo si applica solo a Gianfranco Fini». E promette battaglia con un’opposizione «documentatissima» contro la richiesta della procura.La vicenda giudiziaria intorno all’immobile venduto a una società offshore e poi affittato da Tulliani, era partita proprio dalla denuncia di due esponenti del partito di Storace – Roberto Buonasorte e Marco Di Andrea – secondo la quale era ipotizzato il delitto di truffa, in quanto il prezzo di vendita dell’immobile, circa 300mila euro, appariva molto al di sotto del valore di mercato. Su questo punto, però, la procura fa sapere che la Chambre Immobiliere Monegasque, ente per il monitoraggio di tutte le vendite immobiliari del Principato, aveva fornito un valore di mercato triplicato rispetto a quanto dichiarato ai fini della successione (273mila euro), effettuando una valutazione «in astratto senza tener conto delle condizioni concrete del bene, descritto dai testi come fatiscente». E, comunque, sulla vendita a prezzo inferiore, constatata l’assenza di truffa, sarebbe competente il giudice civile.Le indagini - a base di interrogatori e rogatorie - hanno portato gli inquirenti a constatare «l’insussistenza di azioni fraudolente giacché nessun artificio si rilevava nella condotta di alienazione dell’immobile, decisa ed attuata - a mezzo di procuratore- dal presidente dell’associazione partito An rappresentante della stessa lista e titolato a disporre del suo patrimonio. Nessuna truffa, quindi, per difetto assoluto di uno degli elementi costitutivi del reato». Sarà ora il gip a dover stabilire se il ragionamento della procura debba essere accolto.
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