venerdì 21 aprile 2023
Il direttore della Caritas italiana propone un'azione di corresponsabilità tra Chiesa, istituzioni, Terzo settore e volontariato
Don Marco Pagniello, direttore generale della Caritas italiana

Don Marco Pagniello, direttore generale della Caritas italiana

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Un piano di corresponsabilità per l’Italia tra Chiesa, istituzioni, Terzo settore e volontariato per contrastare la povertà. Piano di cui Caritas italiana si fa facilitatrice. È la proposta lanciata da Salerno da don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, in conclusione del 43° convegno delle Caritas diocesane “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni”.

«In questi giorni – spiega don Pagniello – ci siamo messi in ascolto non solo delle fatiche delle periferie, ma anche delle risorse e delle possibilità perché stiamo cercando di approfondire la via della creatività con la rete delle Caritas diocesane. La Campania è un laboratorio di esperimenti anche relazionali, un paradigma di quello che le Caritas dovrebbero vivere nei loro territori. Da qui dobbiamo partire per la ricerca delle periferie esistenziali e geografiche».

Quali sono i luoghi della povertà oggi?

Le aree metropolitane, le grandi città dove le periferie stanno anche nel centro. Ma la povertà in Italia è cambiata dopo la pandemia, ha assunto nuove forme e nuovi volti. Da quella del disagio giovanile, soprattutto gli adolescenti che hanno subito e vissuto il Covid forse più di tanti altri, agli anziani alle prese con un grosso disagio psicologico e spesso psichiatrico.

E i migranti?

Noi vogliamo essere liberi di dire la verità sulla scorta dei numeri, dei fatti e della nostra esperienza. Anche se in questo momento gran parte degli italiani li percepisce come una minaccia, noi invece diciamo con forza che è il futuro che si sta proponendo. Se la denatalità è la minaccia più seria per il Paese e la questione delle pensioni degli anziani è preoccupante, noi ripetiamo che senza il contributo dei migranti non ne usciamo.

Ci sono anche le aree interne che si stanno svuotando...

E che costituiscono una di quelle grandi sfide per il Paese che noi possiamo denunciare, ma non affrontare da soli. Ribadiamo che il paradigma non può esser solo quello economico della spesa, dobbiamo capire cosa vuol dire abbandonare i territori. Che custodia del creato è? Frane come quella di Ischia sono causate anche dalla mancanza di boscaioli e contadini che si prendono cura di terreni e montagne. Poi c’è la questione dei fondi del Pnrr per il Sud che, se non vengono impiegati, finiranno beffardamente al Nord aumentando il divario. Ai nostri incontri di formazione per le Caritas significativamente partecipano anche gli amministratori locali. Altra piaga, soprattutto nel Mezzogiorno, è la dispersione scolastica, contro la quale dobbiamo lavorare di più sulla prevenzione. Tante Caritas diocesane lo fanno, ma nemmeno questo può essere un problema solo della Chiesa. Sono tutti problemi da affrontare con azioni di sistema, coinvolgendo le istituzioni pubbliche, la scuola, le parrocchie, le associazioni. La Caritas deve essere lievito e sale dei territori, abitarli e avviare processi lasciandoli poi andare quando è il momento.

Cosa propone quindi Caritas italiana dopo questo convegno per affrontare vecchie e nuove povertà?

La sfida che ci attende è quella di declinare, dal locale al nazionale, i frutti di questo confronto lungo le tre vie indicate da papa Francesco nel 50° di Caritas italiana: gli ultimi, il Vangelo, la creatività. Proponiamo un piano di corresponsabilità di cui Caritas italiana si fa facilitatrice a livello nazionale, perché le sfide possiamo attraversarle solo insieme, sull’esempio di Gesù. La scelta è di coprogettare, unire, ricomporre, mettere a sistema. Così le pietre di scarto diventano testate d’angolo sulle quali generare un sistema di vita da contrapporre a una cultura di morte.

Ma la politica è disposta ad ascoltare la Caritas?

La nostra proposta di modifica al reddito di cittadinanza è stata ascoltata dal governo. Poi abbiamo detto che va anche ampliata l’offerta di servizi sociali per aiutare chi è senza lavoro. Se ad esempio una mamma disoccupata, non sa dove lasciare i figli perché mancano i nidi e gli asili, come può cercare un impiego a tempo pieno? Non pretendo che il mondo politico ci capisca, ma non siamo solo la stampella della società. La Caritas continuerà sempre a fare anche assistenza, a sfamare i poveri nelle mense e ad aiutare chi non ce la fa. Ma non possiamo fermarci a questo, mai come in questo momento si deve andare oltre l’ideologia e le logiche di schieramento. Vale anche per una parte di associazionismo che bada solo al proprio interesse. C’è un vuoto di pensiero e di cultura, non si riesce ad andare oltre gli slogan forse anche per colpa nostra. La vera sfida oggi è confrontarsi, anche se non tutto andrà come si vuole. Ma dobbiamo provare a costruire insieme. E per questo serve anche un grande impegno del laicato cattolico.

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