lunedì 21 novembre 2011
“In presenza di palesi limitazioni della giustizia e dell’uguaglianza, si rende urgente il rilancio di un concetto di legalità che implichi una nuova etica pubblica”. Lo ha affermato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo al 35° Convegno delle Caritas diocesane.
Intervista a mons. Vittorio Nozza (direttore Caritas italiana) e mons. Giuseppe Merisi, (presidente) (TV2000)
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“In presenza di palesi limitazioni della giustizia e dell’uguaglianza, si rende urgente il rilancio di un concetto di legalità che non si riduca alla pur necessaria osservanza delle norme giuridiche, ma implichi una nuova etica pubblica come indispensabile cornice entro cui le leggi stesse devono essere fatte e osservate”. Lo ha affermato oggi mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo a Fiuggi al 35° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino al 23 novembre, per celebrare i 40 anni di attività dell’organismo pastorale voluto da Paolo VI. In passato, ha osservato il vescovo, la cosiddetta “questione morale” passava “per il tema della legalità”: “Oggi questa battaglia appare ancora quanto mai necessaria, ma insufficiente”. A suo avviso “bisogna che i cittadini si impegnino a rispettare” le leggi e “che esse siano conformi alle reali esigenze del bene comune e della giustizia”. “Per una rinnovata legalità – ha sottolineato - è necessaria un’educazione al bene comune che è compito di tutti i cristiani, e a un titolo speciale della Caritas”. Da questa formazione a una “cittadinanza responsabile” potranno venire “cittadini capaci di esprimere una classe politica sempre più attenta alla dignità di ogni persona e alle esigenze della vita intera di tutti e di ciascuno”.

Un invito a “recuperare il senso della bellezza del bene, della carità, e del bene e della carità come fonte della vera bellezza”. Così ha proseguito mons. Mariano Crociata, parlando ai convegnisti dell’”educare alla vita buona del Vangelo”. “Il grande compito che abbiamo dinanzi – ha detto mons. Crociata - è quello di superare la dissociazione tra carità e bellezza. Una dissociazione tutta moralistica, che ha fatto percorrere strade separate ad un bene privo di fascino e ad una bellezza ridotta a vuota esteriorità”. “Le persone che amano – ha precisato - sono anche belle persone, e le persone che vivono la pienezza d’amore nella carità conoscono e conducono una vita buona, una vita buona che è anche bella. L’attrazione di una tale vita mette sulla strada di una vera educazione non solo alla carità, ma anche alla riuscita personale in tutti i suoi aspetti”. Proprio nella sua concreta operatività, la carità ha perciò “un’altissima funzione educativa”, soprattutto “in un tempo molto spesso pieno di parole vuote a cui non corrispondono scelte concrete”.“Si imparano i gesti dell’amore – ha osservato il segretario generale della Cei - non solo ascoltando dei discorsi, ma soprattutto trovandosi coinvolti in impegno concreto che altri prima di noi e insieme a noi costruiscono ogni giorno con tali gesti”. In una prospettiva profetica, ha continuato il vescovo, educare a una “cultura della carità” significa “non fermarsi ad astratti discorsi, ma aprire nella nostra società spesso senza misericordia, dove gli individui si agitano e si scontrano come solitari atomi impazziti, degli spazi di reale comunicazione fra le nostre povertà”. “Non si tratta soltanto di realizzare la carità in specifiche iniziative a favore di determinate categorie di persone – ha sottolineato mons. Crociata -, ma di contribuire a creare un clima, una mentalità e uno stile, diffusi a livello collettivo, che siano ‘caritatevoli’ e che si riflettano sui singoli orientandone i pensieri, i sentimenti, le scelte, così da sviluppare, a tutti livelli, un tessuto di relazioni umane caratterizzate dalla fraternità”. Compito degli operatori Caritas sarà dunque quello di “essere costantemente in ascolto delle voci degli uomini e delle donne del nostro tempo, innanzi tutto di coloro che sembrano non averne”. Il campo d’azione privilegiato sarà “la parrocchia, crocevia di età, condizioni sociali, esperienze, etnie e culture diverse”.

Mons. Crociata ha esortato gli operatori Caritas ad “essere efficaci nell’educazione” attraverso “la propria diretta testimonianza”, “uno stile di vita sobrio ed essenziale” e “un clima di vita fraterno”. “Il vostro messaggio ai poveri – ha concluso - non può e non deve essere la prospettiva di diventare ricchi, almeno come lo sono coloro che oggi hanno questa qualifica, perché in questo modo essi passerebbero solo da una forma di disumanità a un’altra”. Ciò “che la Caritas annuncia è una radicale liberazione da logiche sbagliate, che sono alla radice della cattiva povertà e della cattiva ricchezza di cui è fonte la nostra società. Qui più che mai dovrà esercitarsi, nella concreta impostazione della vita personale e di quella relazionale, l’inventiva e la creatività”.LA PRIMA GIORNATA: HA IL VOLTO GIOVANE LA NUOVA POVERTA'Cinque "segnali preoccupanti", per aprire il convegno che celebra a Fiuggi il quarantesimo anniversario della Caritas italiana. Cinque punti, al primo il nodo dei giovani, per un’agenda sociale rilanciata dal presidente dell’organismo pastorale della Cei, il vescovo di Lodi Giuseppe Merisi, nella prolusione tenuta davanti a 600 delegati delle 220 diocesi italiane. Il vescovo ancora una volta sottolinea «la crescente vulnerabilità delle famiglie», le quali continuano a pagare in misura più elevata la crisi, con prospettive sempre più incerte nel mercato del lavoro e una progressiva erosione di risorse. Ma non è solo la crisi economica a impoverire. C’è la solitudine, la difficoltà di relazione, il «carattere antropologico del fenomeno». Da qui l’urgenza di «efficaci politiche di contrasto» che colgano complessivamente la dimensione relazionale, culturale ed etica: «Prendersi carico e promuovere la persona nella sua interezza, rendendola soggetto consapevole del proprio riscatto, costituisce il più potente fattore di contrasto della povertà». A Merisi sta a cuore la questione dei giovani, nei quali ravvisa la progressiva perdita di speranza causata dal precariato. Allarme quindi «per l’aumento della disoccupazione, le migrazioni forzate, l’aumento delle dipendenze e la diffusione crescente di povertà spirituali e culturali, che si ripercuotono sui modelli di comportamento e sulle effettive capacità di progettare il futuro».

Il presidente della Caritas non dimentica il Mezzogiorno, «che richiede un’attenzione particolare della politica e del mondo produttivo per contenere i frequenti fenomeni di migrazione e conseguente depauperamento del capitale umano disponibile». Merisi segnala il pericoloso distacco tra società e politica, da colmare recuperando progettualità, »che comporta rettifica di atteggiamenti e di comportamenti e un rinnovamento in termini di ricchezza di contenuti a partire dal riconoscimento e dalla tutela dei diritti fondamentali in ogni fase e condizione della vita umana».

Infine l’immigrazione, questione per la quale intravede una svolta. «Oggi ci sono - dice il vescovo - le condizioni per avviare uno scambio virtuoso tra opportunità e responsabilità con quanti arrivano in Italia in cerca di lavoro e di diritti». In questo quadro si inserisce «l’essere, il fare e l’agire della Caritas» per il futuro. Merisi ricorda la funzione pedagogica conferita 40 anni fa all’organismo e sprona al rilancio citando il paragrafo 39 degli Orientamenti pastorali per il decennio, laddove parla «della carità che educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimonia la comunione» e chiede ai delegati di incentivare percorsi di volontariato nelle parrocchie adeguati a età e condizioni personali in rete con le altre realtà ecclesiali. Per educare servono testimoni credibili, «capaci di coniugare carità e verità, pronti a non cedere ai compromessi morali, decisi nel rifiutare la menzogna e il vantaggio egoistico». Sottolinea anche la necessità di una discontinuità, chiedendo alla Caritas, che resta per storia e natura entità  "itinerante e di confine" di fare più chiarezza «sulla propria identità nel cammino delle Chiese in Italia», iniziando dalle diocesi, dove servono gli strumenti pastorali del Centro di ascolto, dell’Osservatorio delle povertà e il Laboratorio diocesano per promuovere e accompagnare le Caritas parrocchiali. «Sollecitati da povertà e ingiustizie - conclude Merisi - sempre più gravi e urgenti, rischiamo di dimenticare che i poveri e non i servizi, l’amore e non le prestazioni, sono i luoghi attraverso cui Dio parla e provoca il mondo».

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