lunedì 27 luglio 2009
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Siamo seduti su una bomba a orologeria. Le carceri sono colme all’inverosimile: ci sono solo posti in piedi». Celle di tre metri per tre in cui vivono, branda su branda, fino a 12 persone, costrette a trascorrere nove-dieci ore al giorno in quello spazio. «La tensione cresce, è inevitabile. E su chi va a scaricarsi?», chiede in maniera retorica Donato Capece, segretario generale del Sappe, uno dei sindacati della polizia penitenziaria.Una situazione che definire allarmante è quasi riduttivo. Sono 11 infatti le regioni italiane “fuori legge” per sovraffollamento: il numero di persone detenute è superiore al limite del tollerabile. In Emilia Romagna, ad esempio, si è raggiunto il 202% della capienza regolamentare (con 4.679 detenuti e 2.308 posti disponibili), la Lombardia accoglie 8.638 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 5.506 posti (che diventano 8.518 posti “tollerabili”). Fuori legge anche Campania, Puglia, Sicilia, Toscana, Friuli, Marche, Trentino, Valle d’Aosta, Veneto. Nelle carceri italiane vivono 63.661 detenuti (dati aggiornati al 20 luglio, ndr), a fronte di una capienza regolamentare di 43.327 posti e di una “tollerabile” di 64.111. Soglia che verrà raggiunta a breve a fronte a un tasso di crescita della popolazione detenuta che aumenta di 800-1.000 unità al mese. Una situazione che anche una circolare del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) definisce «irreversibile». E che rischia di far implodere il sistema da un giorno all’altro.Sovraffollamento uguale riduzione degli spazi «aumento delle difficoltà legate ai colloqui e alle telefonate – spiega il provveditore regionale alle carceri lombarde, Luigi Pagano –. E il caldo peggiora la situazione. Purtroppo ci siamo abituati e, già da alcuni anni abbiamo introdotto qualche accorgimento per rendere più tollerabile questa situazione». E anche la crisi economica va ad aggravare le condizioni di vita di tanti reclusi. «Non pochi detenuti mancano di beni di prima necessità, come spazzolino e dentifricio», denuncia Giorgio Bertazzini, garante dei detenuti della Provincia di Milano. Le famiglie non riescono più a mandare i pacchi di alimenti ai loro congiunti o faticano a versare i soldi sul “conto corrente” che i detenuti possono usare per acquistare beni extra al sopravitto. Persino carta igienica e sapone sono diventati, per molti, beni di lusso. Un certo allarme si avverte anche leggendo una circolare del Dap del 6 luglio scorso, indirizzata ai provveditori regionali che ha per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute» in cui si raccomanda di offrire ai detenuti più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento. Ma anche di aumentare le ore d’aria, tenere aperte le porte delle celle e non far mancare l’acqua. E come se non bastasse, da circa un anno i detenuti sono praticamente privi di assistenza psicologica, denuncia Paola Giannelli, segretario della Società italiana psicologia penitenziaria: «Siamo in tutto 384 persone e lavoriamo su tutte le 205 carcere italiane. Il che vuol dire offrire tre ore di trattamento all’anno per detenuto: compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni». Ma come risolvere il sovraffollamento? Chi lavora accanto ai detenuti preme per un maggiore accesso alle forme di pena alternative eper il ricorso alla custodia cautelare in carcere. Una richiesta che viene dal presidente dell’Unione delle camere penali, dall’Associazione nazionale dei dirigenti dell’amministrazione penitenziaria, dal Sappe e dall’associazione Antigone che mercoledì prossimo, a Roma, scenderanno in piazza.
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