venerdì 17 gennaio 2014
Già 5 mila detenuti in meno grazie alle misure prese da Severino e Cancellieri. Un segnale che spinge Seac, Ispettore generale e Antigone a un «cauto ottimismo» sul rispetto della scadenza di maggio imposta dalla Corte europea.
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Un cauto ottimismo. I richiami dei più alti livelli della magistratura, i messaggi del Presidente, i gesti e le parole del Papa hanno creato un clima politico e culturale più disponibile a ridare dignità alla vita delle persone detenute e a creare occasioni di reinserimento. Già l’impegno dei ministri Severino ieri e Cancellieri oggi stanno producendo un’inversione di tendenza. La politica non può perdere questo treno, chiedono all’unisono cappellani, volontari e associazioni. Anche solo per rispettare il termine del 28 maggio, imposto dalla Corte europea dei diritti per riportare dignità nelle galere.Per don Virgilio Balducchi, Ispettore generale dei cappellani delle carceri, qualcosa si muove: «Le persone detenute stanno cercando di usufruire delle normative disponibili. Molti stanno uscendo per l’anticipo di fine pena. Temo un ingolfamento per la magistratura di sorveglianza e le direzioni dei penitenziari». Ma c’è anche «un rallentamento dell’uso della custodia cautelare». Ora dunque «se i contenuti del decreto Cancellieri saranno tutti applicati, assisteremo a un cambiamento importante. Non per "non far scontare la pena" a chi ha sbagliato – sottolineare il sacerdote – ma per fargliela scontare sul territorio, con dignità e responsabilità». Lo ha chiesto lo stesso Napolitano, ricorda don Balducchi: «Uscire sì, ma con un accompagnamento».L’Italia ce la farà entro maggio? «Se a gennaio uscirà un buon numero di persone, poi la tendenza si moltiplicherà. E allora sarà possibile».«La scadenza di maggio autorizza a credere che qualcosa stavolta cambierà», dice con cautela Luisa Prodi, presidente del Seac. «Ai tempi del ministro Paola Severino i detenuti erano 67 mila, oggi sono 5 mila di meno», dice la responsabile del coordinamento dei gruppi di volontariato penitenziario. «Noi volontari vediamo che in carcere non si impara nulla. Nella migliore delle ipotesi è una stiva dove stipare persone». L’alternativa? «Il Seac con la Papa Giovanni XXIII e il Centro nazionale di volontariato di Lucca ha realizzato luoghi di accoglienza per detenuti in affido, controllati, con regole, dove si lavora e si costruiscono prospettive». E lo Stato risparmierebbe: «Così la recidiva crolla: nel 2007 secondo il Dap i detenuti che tornavano a delinquere tra quelli che scontavano la pena fuori erano il 19%, il 68% tra chi restava sempre in cella. Ma sa quanto c’era nel bilancio 2013 del Dap per l’esecuzione penale esterna? Lo 0,17%. Solo 471 mila euro».Esigenze di risparmio? «La diminuzione di un punto percentuale della recidiva crea un risparmio annuale di 51 milioni. Non sarebbe un investimento? Lo diciamo da anni: col 5% del bilancio faremmo miracoli».A sottolineare la favorevole congiuntura nel dibattito politico è Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone: «Il linguaggio intollerante, la cultura della pena come vendetta fortunatamente sono in crisi». Il merito? «I richiami di Corte europea, Consulta, tribunali di sorveglianza hanno aperto una fase di riconsiderazione su leggi - immigrazione, droga, Cirielli sui recidivi - che hanno prodotto carcerazione di massa». Per Antigone allora «sono giorni cruciali in Parlamento dove ormai tutti, tranne la Lega, sono disponibili al dibattito».Ad esempio sulla custodia cautelare, «doppia in Italia rispetto a molti paesi europei». Le misure del pacchetto Cancellieri «partono da proposte che facciamo da anni noi, la Caritas, le Camere penali». A lungo ignorati, «per la debolezza della politica, condizionata dagli umori dell’opinione pubblica». Se qualcosa sta cambiando «è merito delle autorità morali: il messaggio formale di Napolitano, certo. E il lavacro quaresimale dei piedi di Francesco alla ragazza islamica a Casal del marmo. La politica ne ha dovuto tenere conto».
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