sabato 25 gennaio 2014
«Voto nel semestre Ue? Meglio di no». Approvato il testo base della riforma, ma restano troppe divergenze.
Napolitano: «Riforme al più presto»
Draghi: «Progressi, ma si rischia»
COMMENTA E CONDIVIDI
Il testo base c’è, l’accordo è anco­ra lontano. Si viaggia spediti in commissione Affari costituziona­li alla Camera, dove si prevedono an­che sedute notturne per rispettare l’intesa almeno sui tempi, che do­vrebbe portare la legge elettorale in aula mercoledì. Ma collegi, preferen­ze e soglie restano ancora capitoli da definire. Le divergenze trasversali ren­dono impervio il percorso, ma chiu­dere è fondamentale per Renzi e Ber­lusconi. Alfano, però, non intende ri­nunciare alla sua proposta, mentre nel governo si apre il fronte tra il pre­mier Letta e il ministro Franceschini. Si tratta, allora, nelle diverse sedi. Il Pd resta per ora spettatore, in attesa di capire come si scioglieranno i no­di tra Ncd e Forza Italia. Il segretario democratico piuttosto continua a monitorare il suo gruppo, dove non crede che comunque ci saranno fran­chi tiratori. Sebbene ieri le divergen­ze siano state ampiamente sottoli­neate nella riunione dell’area di Gian­ni Cuperlo. A scanso di equivoci, il se­gretario del Pd lancia allora un mes­saggio per tutti, alleati e non: nulla vieta di votare nel semestre di presi­denza dell’Ue. «Tecnicamente si può – avverte il sindaco di Firenze – , ma sarebbe opportuno evitare». Perché, spiega, «questa è l’ultima chance an­che per i parlamentari. Io più che fa­re l’accordo non posso». Il punto è che «se c’è l’accordo di tut­ti le soluzioni si trovano». Ognuno però deve metterci buona volontà. «Io avrei preferito mettere le preferenze perché in questa stanza del Pd ero u­no dei pochissimi che voleva le pre­ferenze ». Poi però che si fa?, si chie­de: «Rinunciamo a tutto perché man­cano le preferenze e andiamo para­dossalmente a votare con una legge che prevede le preferenze in circo­scrizioni enormi?». A questo punto è una questione di «credibilità», insi­ste. L’Italicum, dunque, potrà subire le sue modifiche, purché l’impianto non si tocchi. Specie per quanto ri­guarda il ridimensionamento dei «partitini», che con i loro veti «hanno fregato l’Italia in questi anni». Un si­stema di «pesi e contrappesi che po­teva andare forse nella prima Repub­blica».Ma il tentativo di mandare avanti il lavoro parlamentare, tenendo fermo l’impianto, va avanti. Ncd chiede a Pd e Fi di ragionare sull’introduzione di un sistema misto collegi-preferenze. Sembra destinato a rientrare sotto forma di emendamento il nodo 'sal­va- Lega'.Gli altri fronti restano invece aperti. Se le preferenze, sulle quali si è espres­so a favore il premier, restano fonda­mentalmente un terreno di scontro tra Fi e Ncd, la questione delle soglie (quella di accesso e quella del premio di maggioranza) riguardano una trat­tativa più ampia, ma è sui collegi, che rendono gli effetti del testo più o me­no maggioritari, che si consuma il braccio di ferro. Per l’accesso, non si esclude il passaggio dal 5 al 4 per cen­to, mentre appare possibile salire dal 35 al 37 per cento dei consensi per ot­tenere il premio di maggioranza. Più complessa la definizione della ripar­tizione dei collegi, su base nazionale o circoscrizionale e del conseguente riparto dei resti. Forza Italia ieri non ha voluto cedere sulla competenza parlamentare per disegnare i collegi elettorali. Brunet­ta è riuscito a spuntarla. Il Pd, invece, vuole assegnare, «come si è sempre fatto in passato», una delega al go­verno. Il capogruppo azzurro, però, per evitare la spaccatura, concede che se non si raggiungerà un’intesa e se la questione dovesse mettere a rischio la legge, spetterà all’esecutivo trovare la soluzione. Una mediazione che, al­meno per ora, mette tutti d’accordo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: