lunedì 22 aprile 2024
Uno studio coordinato dall’Università di Padova, e pubblicato su Cancer, spiega come l’uso prolungato di acetilsalicilico sia in grado di attivare la risposta del sistema immunitario contro il tumore
Tutta italiana la ricerca sul ruolo dell'aspirina contro il cancro del colon retto

Tutta italiana la ricerca sul ruolo dell'aspirina contro il cancro del colon retto - Ansa

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Da anni si conoscevano gli effetti positivi dell’aspirina, regolarmente assunta per limitare i rischi di malattie cardiovascolari, anche contro il tumore del colon-retto. Solo oggi però, grazie a uno studio italiano, si comprende il perché: l’acido acetilsalicilico a basse dosi, la cosiddetta “aspirinetta”, attiva una importante risposta immunitaria che porta a ridurre incidenza e mortalità di questa neoplasia, che rappresenta il 10 per cento di tutti i tumori diagnosticati nel mondo, e che è diventata la terza per incidenza, dopo il cancro del seno femminile (11,7%) e del polmone (11,4%).

Alla conclusione scientifica si è arrivati grazie ai dati dello studio multicentrico “Immunureact 7”, coordinato dall'Università di Padova e i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Cancer. Alla ricerca hanno partecipato14 gruppi italiani coordinati da Marco Scarpa, del dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell'Azienda Ospedale Università di Padova, con il finanziamento della Fondazione Airc per la Ricerca sul cancro.

Il lavoro degli specialisti si è concentrato in tre momenti: in una prima fase sono stati analizzati pazienti con diagnosi di cancro al colon-retto operati dal 2015 al 2019; in un secondo tempo sono stati analizzati i geni delle cellule del tumore primario dei pazienti trattati con l'aspirina: in particolare, in queste cellule è stata analizzata la molecola di Rna messaggero (mRna) espressa nei geni correlati alle difese immunitarie; il terzo passo è consistito nell'analizzare il microambiente immunitario della mucosa sana che circonda il cancro in un sottogruppo di pazienti che assumevano regolarmente aspirina da un lungo periodo.

I ricercatori hanno così scoperto che nei tessuti di chi assumeva l'aspirina il tumore era meno diffuso e che c'era una maggiore infiltrazione di cellule immunitarie. Quando le cellule tumorali sono state esposte all'aspirina, si è osservato un aumento del livello della proteina Cd80, che ha migliorato la capacità delle cellule di segnalare le proteine associate al tumore alle altre cellule immunitarie, in particolare ai linfociti T, che costituiscono la prima linea nella difesa dell'organismo. Insomma, questo processo ha in sostanza reso “visibili” le cellule maligne all’esercito deputato alla difesa del nostro organismo, ovvero ai linfociti T, sino ad allora incapaci di scovare il nemico. Un'ulteriore conferma è arrivata quando i ricercatori hanno osservato che tra i pazienti che avevano preso regolarmente l'aspirina, si registravano livelli della proteina Cd80 più alti nel tessuto sano. Un fatto, questo, che suggerisce come l'aspirina possa sostenere il sistema immunitario nella sua azione di sorveglianza anche nella mucosa sana e non solo nel tumore.

La nuova sfida è adesso individuare le dosi ottimali di aspirina per ottenere la maggiore efficacia: «Dovremmo pensare a come garantire che l'aspirina raggiunga il tratto colonrettale in dosi adeguate per essere efficace», ha osservato Scarpa.

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