giovedì 26 marzo 2020
Da Mantova a Milano, da Venezia a Foggia diocesi e parroci hanno rivalutato l'antica maniera di comunicare dai campanili
La benedizione di don Roncali da Crema

La benedizione di don Roncali da Crema

COMMENTA E CONDIVIDI

Sarà perché "il loro suono è già la preghiera della materia cosmica che attraversa gli spazi e arriva al Cielo". Sarà perché“è segno che associa credenti e non credenti". Sarà perché “supera le distanze e ci fa percepire che siamo tutti contemporanei a questa vicenda del Coronavirus nella lotta e nella speranza". Fatto sta che il vescovo di Mantova e delegato della Conferenza episcopale lombarda per le comunicazioni sociali, Marco Busca, è solo uno dei tanti pastori che in queste settimane stanno invitando le proprie diocesi a riscoprire il segno antico e suggestivo delle campane. Come invito alla preghiera, persona o comunitaria. Ma anche come distillato di luce, che dalle torri scende a rischiarare le ansie di questo tempo. Così, da Milano a Napoli, da Venezia a Torino, ogni giorno fioriscono storie di preti e di popolo che fanno delle campane un abbraccio alla comunità.

Matteo Temporali abita a San Bovio di Peschiera Borromeo, nel Milanese, ed è cieco dalla nascita. Fa il fisioterapista all’ospedale di Cernusco sul Naviglio, e pure la guida nei percorsi sensoriali dell’Istituto dei ciechi di Milano. Ma non solo: in parrocchia, ama occuparsi delle campane. E non appena l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha invitato a scandire il mezzogiorno domenicale con il suono a festa, lui non se l’è fatto dire due volte. “Domenica scorsa l’ho fatto per la terza volta – racconta – suonando in modalità manuale dal quadro di comando”. Già. Perché le mani di Matteo sanno riconoscere al tatto le levette che mettono in movimento ognuna delle sue 5 campane, e pure i tasti con cui – una volta bloccate a bocca in su – dondolano a tempo formando il “concerto solenne” della tradizione ambrosiana. Il suo sogno: “Poter avere un computer di comando interfacciabile con il telefono, che attraverso segnali acustici mi permetta non solo di suonare in presa diretta, ma anche di programmare le suonate già registrate ai vari orari”. Questo, al momento, può farlo solo l’organista: “Il sistema di memorizzazione è piuttosto complesso – spiega Matteo -, e bisogna per forza vedere le varie schermate”.

Sempre in provincia di Milano, a Busto Garolfo, c’è un prete cresciuto a pane e campane. Uno di quelli che ancora è capace di tirare le corde, e che – come un qualsiasi musicista – sa trasformare il richiamo di una Messa in un’opera d’arte. Si chiama don Emanuele Tempesta, ha 28 anni, ed è assistente degli oratori per le parrocchie di Busto Garolfo e Olcella. “Qui – racconta – abbiamo la chiesa sussidiaria di San Remigio, edificata nel XIII secolo e annessa a un ospedale divenuto simbolo di tutte le epidemie”. Il luogo di culto ha sei campane, senza impianto elettrico, abitualmente azionate per il Rosario o l’adorazione solo una volta al mese. Don Emanuele racconta che secoli addietro “suonavano molto spesso a morto, per accompagnare i defunti della struttura sanitaria”. Ma al mezzogiorno della prima domenica di quaresima, all’inizio di questa nuova epidemia, lui – da solo, come già imponevano le prescrizioni - le ha tirate tutte a distesa come segno benaugurante. E ai chierichetti del paese l’ha promesso: “Quando tutto sarà finito, andremo là insieme e suoneremo a gran festa”.

Dall’antica tradizione alle nuove applicazioni dell’informatica: a Moniga del Garda, provincia di Brescia ma diocesi di Verona, il mezzogiorno di ieri è stato scandito dalla melodia gregoriana del Padre nostro. L’ha voluta il parroco, don Giovanni Berti, come segno di comunione con la preghiera del Papa. Ma attenzione: lui, sacerdote vignettista, in arte “Gioba”, dall’anno scorso si è fatto installare un impianto campanario manovrabile da remoto. E la cosa è andata più o meno così: a lui viene l’idea, al suo organista (che si trovava a 120 chilometri di distanza) chiede di concretizzarla. Morale: arrivano le 12. Il musicista, dal suo computer d’ufficio, accede all’impianto delle campane, lo mette in modalità manuale, e allo scoccare dell’ora esegue la melodia premendo le lettere “q”,”w”,”e”,”r”,”t” della tastiera. Le prime in alto a sinistra, insomma, che chi l’avrebbe mai detto? In quel momento non hanno generato parole sullo schermo, ma rintocchi su un campanile (a 120 chilometri di distanza). Il resto l’ha fatto don Giovanni: un video del concerto a uso youtube, con in sovrimpressione il testo della preghiera e alcuni stralci dal commento del Papa.

A Trento, l’arcivescovo Lauro Tisi ha chiesto a tutte le chiese di suonare la campana serale in contemporanea, alle 20.30. Ma a quell’ora, dalla chiesa di Nostra Signora d’Europa al passo Campo Carlo Magno, sopra Madonna di Campiglio, si leva la voce di ben sette bronzi: quelli del carillon inaugurato la scorsa estate, che in questi tempi di sofferenza, ogni sera, intonano il canto gregoriano quaresimale “Parce Domine, parce populo tuo” (abbi pietà Signore, abbi pietà del tuo popolo). Inventive di piccole comunità, dunque, ma non solo.

La valorizzazione dei bronzi si è spinta anche su una tra le più famose torri d’Italia, qual è il campanile di San Marco a Venezia. Lì, nella diocesi lagunare, il patriarca Francesco Moraglia ha invitato i parroci a suonare le campane tre volte al giorno (mattino, mezzogiorno e sera, secondo l’antica tradizione della Chiesa), esortando i fedeli nelle case a pregare durante i rintocchi. Ebbene. Nella basilica che fu dei dogi mancava il suono serale. Presto fatto, come spiega l’arcidiacono di quella stessa chiesa Cattedrale, monsignor Angelo Pagan: “Per l'invito alla preghiera in tutta la diocesi, come chiesto dal Patriarca, è stata aggiunta alle 21 la terza (campana, ndr)”. Una scelta di non poco conto, se si considera che i suoni della basilica rispondono pressoché immutati a una tradizione secolare. Per capirci: un decreto del patriarca, emesso nel 2012, ha stabilito che i rintocchi delle torri cessino alle 21.30. Eppure, il campanile di San Marco continua a scandire la mezzanotte nientemeno che con il campanone a distesa. Il motivo lo spiega quella stessa norma: “Data la sua peculiarità – si legge - continua ad essere regolato da norme speciali”.

Così come speciale è stato il gesto compiuto ancora una volta ieri da don Lorenzo Roncali, a Crema (Cremona) parroco di san Bernardino fuori le mura. Lui, la preghiera del Papa l’ha attesa dalla cima del campanile. E contemporaneamente, “armato” di camice, stola bianca e aspersorio, ha benedetto la città con l’acqua santa dai finestroni della torre. Inutile dirlo: il video, in rete, è diventato virale. Lui, come migliaia di sacerdoti d’Italia, non solo sta continuando a celebrare quotidianamente, ovviamente senza il popolo, ma ha pure aperto un canale youtube sul quale trasmette le Messe. E non c’è liturgia che non sia annunciata dal suono delle campane.

D’altronde, in questo periodo sono molti vescovi i primi a farlo: celebrano a porte chiuse, in diretta tv, radio o internet, e con i rintocchi annunciano l’inizio della liturgia. A Bologna, per esempio, dall’8 al 17 marzo il cardinale arcivescovo Matteo Zuppi ha guidato in streaming dalla Cattedrale la novena alla Madonna di San Luca. Ad annunciarla, dietro suo invito, i rintocchi non solo del Duomo, ma pure di tutta le chiese della diocesi: alle 19, puntualissimi, in concomitanza con l’inizio della celebrazione.

Ogni domenica, alle 11, qualcosa di molto simile accade a San Severo (Foggia), dove al suono di tutte le chiese il vescovo Giovanni Checchinato inizia la Messa festiva in diretta dalla Cattedrale. Fatto sta che il campanile suona, e nelle case si connettono computer, ipad e iphone:a ben pensarci, un suggestivo dialogo tra il primo mass media della cristianità e l’ultima frontiera della comunicazione digitale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: