mercoledì 26 agosto 2009
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«In un Meeting per l’amicizia fra i popoli che mette a tema la conoscenza, difficilmente avremmo potuto trovare un testimone migliore di Paolo». Don Julián Carrón parla a una platea di 30mila persone. Il fascino della conversione paolina è avvincente. Il successore di don Giussani lo sa: «La novità dell’evento accaduto sulla via di Damasco – osserva don Julian – non si limita al cambiamento di vita». Per colui che sarà l’apostolo delle genti, «questo avvenimento è stato una vera conoscenza, di cui il cambiamento di vita non è altro che una conseguenza». Carron e San Paolo. Alle 17  è come se il Meeting si fermasse. Il fiume di persone che salta da un convegno all’altro per un’ora rimane immobile davanti ai maxischermi. Nella sala congressi grande come due hangar non c’è posto neanche in piedi. Non restano che le tv disposte qua e la tra i padiglioni. Che Paolo dia alla rivelazione «il valore di conoscenza si vede nel fatto che il contenuto di questa rivelazione diventa – osserva il sacerdote – il metro di giudizio fondamentale per giudicare ogni cosa». Le domande dell’uomo d’oggi, il passo talvolta incerto del credente, non devono atterrire. L’incontro di Paolo con Gesù, per quanto dirompente, non volle dire che l’apostolo avesse capito tutto «fin dall’inizio». Paolo di Tarso «fu costretto a rivedere tutte le sue convinzioni fondamentali: dalla legge alla storia della salvezza, dal culto alla lettura della Scrittura». Paolo dopo l’avvenimento di quell’incontro era sì lo stesso uomo, ma «tutto era visto alla nuova luce di questo evento». Tutti ascoltano in silenzio. Ventiquattro cartelle cariche di riflessioni e di citazioni che il sacerdote legge in un silenzio straordinario. In prima fila ascoltano tre ministri: Angelino Alfano, Ignazio La Russa e Maurizio Sacconi. Con essi parlamentari ed esponenti dell’imprenditoria.Come se prevedesse la domanda dei più diffidenti Carron risponde indicando la testimonianza paolina: «La lettura delle Scritture rimane velata finché non ci si rivolgerà al Signore». Come dire che l’interpretazione dei Sacri testi non è «una questione tecnica, ma teologica».Guardi la platea e non puoi fare a meno di domandarti cosa c’entrino i rasta, i metallari, i ragazzi vagamente punk con il Meeting di Rimini. Don Carròn si rivolge anche a loro, forse soprattutto a loro, quando ricorda che «dal punto di vista strettamente storico, nell’esistenza di san Paolo non vi è un fatto più indiscutibilmente certo della svolta che conobbe la sua vita in un momento determinato, ossia quando si trovava sulla via di Damasco».La riflessione del sacerdote spagnolo è in fondo un invito a leggere la Bibbia con occhi nuovi. E lo spiegando la rivoluzione di Paolo nel rapporto con il suo mondo di allora: «Tutta l’abilità e tutta la perspicacia dei rabbini non sono in grado  di attraversare il sottile velo che li separa da una reale comprensione». È il caso dei Galati: stolti, li ammonisce l’apostolo. Stolti perché non sottomettono «la ragione all’esperienza, all’evidenza di straordinaria positività da loro vissuta». Ancora una volta ciò che permette di discernere tra le diverse interpretazioni non è una questione tecnica, ma teologica, o meglio cristologica. Scandisce Carron: «È l’avvenimento di Cristo morto e risorto – che per opera dello Spirito si rende presente nella Chiesa e attraverso la Chiesa, comunicandosi alla ragione e alla libertà dell’uomo – a rendere possibile un’esperienza che permette di decidere in ogni momento rispetto alle diverse interpretazioni che possono comparire nel corso della storia umana».Sbaglia chi crede che il cristiano, anche il più docile, «deve» aderire al Vangelo in modo acritico. «L’onestà e la lealtà verso l’esperienza vissuta – conclude il responsabile di Cl –  permette invece di aderire in modo pienamente ragionevole e insieme pienamente libero». Solo così l’uomo di ogni tempo può riconoscere l’amore di Cristo «che sorpassa ogni conoscenza».
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