lunedì 20 febbraio 2017
Ricercatrice della Sapienza alza il velo sul burnout, sindrome molto diffusa tra la popolazione dei docenti. Il 31% ne soffre in modo grave. E la Buona scuola non prevede soluzioni
Stress da cattedra per il 58% degli insegnanti
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«Rendere l’insegnamento una scelta di carriera allettante». Abbiamo ancora tre anni scarsi, per raggiungere questo obiettivo che la Commissione Europea ha fissato per il 2020. E non siamo messi benissimo, almeno stando ad un’indagine effettuata dalla ricercatrice Luisa Vianello della Sapienza di Roma. Per il dottorato di ricerca in Pedagogia sperimentale, Vianello ha discusso una tesi sul burnout degli insegnanti, patologia psichiatrica che comporta «una rottura dell’equilibrio tra la persona e la sua professione». In sostanza, il burnout è una vera e propria malattia provocata dalla forte esposizione allo stress, che una professione come quella dell’insegnante comporta. Un importante malessere psico-fisico che, nei casi più gravi, «porta a conseguenze negative anche per gli utenti che si affidano al servizio». Come, per esempio, nei sempre più frequenti casi di insegnanti che hanno reazioni violente nei confronti degli alunni. «Quando lo stress raggiunge livelli troppo alti si scoppia», conferma Vianello.
Realizzata attraverso la somministrazione, tra giugno e novembre 2014, di questionari a 1.541 insegnanti (950 quelli compilati completamente), di tutte le età e di tutti gli ordini scolastici, la ricerca evidenzia un alto livello di stress tra la popolazione dei docenti. Nel dettaglio, se il 42% del campione ha un livello di burnout 0, ben il 58% presenta un disturbo: il 31% di livello 3 (il più grave), il 12,2% di livello 2 e il 14,8% di livello 1.

Colpiti sia uomini che donne

Per misurare il grado di burnout, la ricercatrice ha analizzato le risposte date nei tre ambiti indagati dalla ricerca: personale, lavoro, rapporti con gli alunni. «I dati – spiega Vianello – ci dicono che il burnout colpisce indifferentemente sia le donne che gli uomini e che i docenti che presentano livelli elevati della sindrome sono distribuiti in tutti gli ordini di scuola, da quella dell’infanzia alle superiori. Inoltre, chi insegna da un numero maggiore di anni (oltre 30) è maggiormente a rischio, così come chi è chiamato a gestire classi numerose, oltre i 25 alunni».

Classi “difficili” e troppa burocrazia

Agli insegnanti del campione è stato chiesto, inoltre, di indicare le principali fonti di stress. Tra le risposte più frequenti: gestire alunni “difficili” e la mancanza di rispetto e disciplina in classe; scarsa collaborazione con i colleghi e poco o nullo interesse per le novità e la formazione; rapporti “complicati” con i genitori, che troppo spesso si trasformano nei sindacalisti dei figli; l’eccessiva burocrazia e l’utilizzo del registro elettronico.

«Più rispetto sociale»

«Tra le proposte dei docenti – aggiunge la ricercatrice – spiccano richieste quali la riduzione del numero degli alunni per classe, il desiderio di una migliore formazione in servizio e soprattutto ritrovare il rispetto sociale per il proprio lavoro».
E la Buona scuola? Come affronta questo problema? «Nella riforma non ci sono proposte sul burnout – chiarisce subito Vianello –. Anzi, gli insegnanti intervistati hanno segnalato che alcuni aspetti della legge 107 aggravano ulteriormente il problema. In particolare, sono percepiti dai docenti come fonte di grave, ulteriore stress, i trasferimenti in scuole distanti da casa, la valutazione del loro lavoro e la novità del potenziamento, che ha portato, molti insegnanti di ruolo, ad essere utilizzati soltanto per le supplenze o in un ordine di scuola diverso dal proprio».

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