giovedì 6 gennaio 2022
Di solito i migranti vengono acciuffati e poi rimandati indietro. Ma un modo per entrare in Austria c'è: inviare un messaggio ai trafficanti
Gli attivisti in cima all'unico sentiero montano di confine chiedono di aprire le frontiere

Gli attivisti in cima all'unico sentiero montano di confine chiedono di aprire le frontiere - .

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Il convoglio merci che dalla fermata del Brennero attende il fischio del capostazione, trasporta autocarri diretti a Nord. Quando la motrice finalmente accelera spazzando la neve dell’ultima notte, dalla chiglia di uno dei vagoni di coda per un solo istante appaiono delle scarpe: nascosti nella bisarca diretta in Austria alcuni profughi sperano di sfuggire ai doganieri di Vienna. Di solito vengono acciuffati e rimandati indietro. Ma un modo per superare il confine c’è: inviare un messaggio WhatsApp ai trafficanti. Lo snodo è più a Sud, a Tarvisio. Nel Comune più orientale della provincia di Udine arrivano i superstiti della rotta balcanica, con qualche quattrino da poter mettere nelle mani dei passeur.

La stazione del Brennero

La stazione del Brennero - .

I recapiti si trovano con facilità nei ripari di fortuna bosniaci. Più volte abbiamo raccolto e fotografato su improvvisate lavagne di cartone numeri che cominciano con il prefisso nazionale “+39”. Uno di quei cellulari aveva risposto al disertore afghano che avevamo seguito durante il “game” da Bihac, in Bosnia, fino al confine croato. Era la fine di ottobre e dopo vari tentativi ha raggiunto l’Italia. Poi è sparito, per rifarsi vivo in Germania. Dice di avere pagato un bel po’ di soldi a un autista che lo ha chiuso in un furgone e lo ha poi lasciato in Austria, dove poi è riuscito a raggiungere il territorio tedesco. Il passaparola tra profughi indica il tariffario dell’ultimo miglio, sempre al rialzo: 800 euro per raggiungere la Svizzera, un po’ meno per chi si accontenta di raggiungere un sobborgo austriaco e poi continuare ad arrangiarsi da solo, un po’ di più per chi vuole viaggiare senza compagnia e dare meno nell’occhio. Gli annunci della autorità sono fatti per scoraggiare gli attraversamenti.

La stazione del Brennero è il passaggio obbligato dei profughi che si nascondono nei convogli

La stazione del Brennero è il passaggio obbligato dei profughi che si nascondono nei convogli - .

Ma i trafficanti sanno che c’è una scarsissima possibilità di venire intercettati. A meno di mettere in ginocchio l’economia europea, che dal Brennero vede passare una parte consistente degli scambi. Il traffico pesante nel 2021 ha quasi raggiunto il record di pre-pandemia. Alla barriera di Schoensberg, sul versante austriaco del valico, nell’anno appena passato sono stati registrati 2,45 milioni di tir in transito, poco meno del record di 2,47 milioni nel 2019. Vuol dire 280 camion all’ora, quasi 7 mila al giorno. Sarebbe come cercare un ago nel pagliaio. Ogni tanto qualcosa va storto. Anni prima era accaduto anche ad Alidad Shiri, adolescente a cui i talebani avevano sterminato la famiglia. Sbucò dal semiasse di un Tir diretto in Germania. Quando i carabinieri lo presero Alidad reagì come aveva sempre fatto con le gendarmerie asiatiche e balcaniche: offrì un pugno di dollari perché lo lasciassero andare. Finì che il maresciallo gli trovò un centro d’accoglienza dove si sarebbero presi cura di lui. Oggi Alidad ha trent’anni, è un affermato giornalista altoatesino d’adozione e uno scrittore di successo.

Giorni fa presentando a Bolzano “Via dalla pazza guerra”, il suo nuovo libro andato esaurito e in corso di ristampa, tra il pubblico c’era proprio quel maresciallo che al ragazzino scappato da Kabul restituì i soldi, evitò una denuncia per tentata corruzione di pubbli- co ufficiale, e trovò un luogo dove ricominciare e vincere gli incubi. Storie così non sono una rarità da queste parti. Al mercatino di Natale di Bolzano i responsabili della sicurezza sono profughi. Altri capita di incontrarne tra i monti, a Vipiteno come a Bressanone. Piccoli numeri, ma che raccontano molto della rotta dimenticata.

Non ci sono statistiche ufficiali. Ma doganieri di lungo corso e operatori del volontariato stimano che almeno 300 persone al mese riescano a passare il Brennero. In pochi percorrono il sentiero che attraversa l’altopiano fino al passo di Gries am Brenner, il borgo alpino di mille abitanti militarizzato come una fortezza prussiana d’altri tempi. Lungo la tratta però si muore. Ieri per un momento si è temuto un nuovo incidente, come quello avvenuto pochi giorni prima di Natale. Lungo la ferrovia hanno avvistato una carcassa: era quella di un lupo. Ma il 18 dicembre a morire erano stati due marocchini: Mohamed Basser, 26 anni della città berbera di Tiznit, e Mostapha Zahrakame, 46 anni originario di Asafi. In piena notte e nel tunnel ferroviario sono stati travolti senza che neanche il macchinista si accorgesse di nulla. Un’ora dopo venne dato l’allarme.

Entrambi avevano presentato domanda d’asilo in Austria, ma per qualche ragione avevano deciso di tornare in Italia. «La militarizzazione del confine e il controllo capillare su ogni treno passeggeri in transito hanno costretto i migranti a scegliere altre rotte o a tentare vie più pericolose per aggirare gli ostacoli», sottolineano gli attivisti di Melting Pot, il progetto editoriale e di comunicazione sociale che da 1996 racconta e analizza i processi di trasfor-mazione del fenomeno migratorio in Italia e in Europa.

A favorire il giro d’affari dei passeur è anche l’assenza di una rete organizzata di volontari, come invece avviene nel resto della rotta Balcanica o al confine con la Francia dove, come hanno recentemente raccontato i reportage di Paolo Lambruschi per Avvenire, la presenza di una capillare rete di solidarietà serve anche a tenere alla larga i trafficanti.

«Bisognerebbe riprendere in mano il progetto “Antenne Migranti”». è l’auspicio di Emira Kola, della fondazione Alexander Langer, intitolata all’intellettuale e politico altoatesino che per primo aveva compreso come in Europa i diritti umani e l’ecologia integrale dovessero essere considerati come due facce della stessa medaglia dello sviluppo umano. «Essere solidali ed organizzati – aggiunge Kola – è necessario non solo per assistere le persone, ma anche per monitorare la rotta del Brennero». E sottrarla al controllo dei contrabbandieri di uomini.

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