venerdì 26 agosto 2011
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«Mahmud Jibril è un uomo di valore. Conosce il mondo, ha lavorato e insegnato negli Stati Uniti, parla perfettamente l’inglese. E poi è una persona pulita, uno lontano anni luce dalle corruttele del vecchio regime...». Franco Frattini ha appena salutato il primo ministro del Consiglio transitorio libico e ora, chiuso nel suo ufficio alla Farnesina, ragiona di politica estera e di politica interna. Parla di Gheddafi e rassicura: «Ora giustizia non vendetta. Anche le parole di Jibril sono state chiare: giustizia internazionale. Noi chiederemo la consegna del dittatore libico al tribunale dell’Aia che lo processerà per i crimini commessi contro l’umanità».Per qualche istante il ministro degli Esteri (oggi sarà al Meeting di Rimini) si ferma a riflettere per poi riprendere a parlare "regalando" una nuova immagine: «Jibril ha escluso vendetta, rappresaglie... Ha guardato Berlusconi negli occhi e lo ha rassicurato: la dignità di Gheddafi non verrà calpestata. Il colonnello non sarà trattato come Mubarak, non lo vedremo in una gabbia dentro l’aula del tribunale disteso su un lettino». Frattini parla mentre le agenzie di stampa annunciano un "faccia a faccia" tra Alfano e Calderoli. È un vertice inatteso che offre al ministro lo spunto per un messaggio tutto politico: «Oggi non è più come ieri. Il Pdl ha idee chiare e proposte chiare: diciamo via tutte le Province, pensioni, privatizzazioni, liberalizzazioni, e Iva su di un punto. Ora siamo noi a trattare con la Lega poi Berlusconi e Bossi dovranno fare sintesi. Ma una cosa è chiara: il premier non potrà cedere su tutto; non potrà dare uno schiaffo al suo partito».Calderoli però fa muroE io mi interrogo: perché solo no? Perché la Lega non capisce che tagliare tutte le province è un passo necessario? Perché si mette di traverso su una riforma della previdenza destinata a garantire chi oggi ha trent’anni? Perché questi negoziati estenuanti, questi riti estenuanti? Noi fatichiamo a capire e abbiamo deciso di essere chiari: incalzeremo il governo con durezza, con forza. E lo costringeremo a trovare la quadra. Vedrà la nostra linea rossa sarà chiara e definita. È una minaccia?No, è il segnale che ci sarà una nuova dialettica tra maggioranza e governo. E Bossi dovrà assolutamente ascoltare la voce del Pdl. Siamo un partito forte, il primo partito della coalizione e la Lega non potrà più fare spallucce e ignorare i nostri punti. Questo non sarà consentito. Abbiamo cinque priorità e su queste si aprirà la trattativa finale ma una cosa possa escluderla già ora: la Lega non l’avrà vinta su tutto.La crisi di governo è un tema reale?No, perché noi non vogliamo stravolgere la manovra, vogliamo correggerla. Tagliare tutte le Province non è stravolgere la manovra. E non lo è nemmeno alzare a 150mila euro il tetto del reddito oltre il quale si dovrà pagare il contributo di solidarietà e dire di tenere conto dei componenti del nucleo familiare.Torniamo alla Libia: che dice Jibril di Gheddafi?Che ha perso completamente il contatto con la realtà. Vive convinto di essere il re dei re, circondato da uomini terrorizzati. Nemmeno i suoi hanno il coraggio di dirgli la verità, di convincerlo a lasciare, ad arrendersi. Molti chiamavano in segreto Jibril: «Fategli arrivare un messaggio da fuori...». Gheddafi viveva in un mondo suo, convocava il primo ministro, lo guardava, lo incitava: «Vai e salva la Libia». Poi si voltava e tornava nella sua stanza. Finirà lui con il suo mondo: è il destino triste di un dittatore che ha piegato un Paese che poteva essere prospero e forteBerlusconi cosa prova?Prima amarezza, ora sdegno. Considerava Gheddafi un amico, l’ha visto uccidere donne e bambini. Lo strappo è stato terribile: l’amicizia si è trasformata in rabbia. Noi abbiamo messaggi terribili e presto saranno resi pubblici.Che messaggi?Quelli delle autorità del governo libico che davano ordini di mascherare cadaveri militari con abiti civili per fare cadere colpe loro sulla Nato. E poi abbiamo le prove degli ordini dati dal governo di Gheddafi per trasformare Lampedusa in un inferno: «Mettete sui barconi migliaia di disperati e gettate l’isola nel caos...». Abbiamo le prove e non possiamo fare finta di nulla. Ma ora c’è Jibril: io ho creduto in lui dal primo giorno e oggi guardandolo ancora una volta negli occhi ho capito che è un uomo che non si dimentica di chi gli è stato vicino»
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