martedì 8 gennaio 2013
​Merola: il Comune ha altri obiettivi. E il voto sui fondi comunali alle scuole slitta a maggio.
COMMENTA E CONDIVIDI

La priorità del comune di Bologna è «mantenere un metodo condiviso di educazione indipendentemente dal fatto che le scuole siano comunali, statali o paritarie». Il sindaco del capoluogo emiliano, Virgilio Merola, ha messo a tacere così la polemica sul referendum contro i fondi comunali alle scuole paritarie. Non ci sarà l’election day, l’accorpamento del voto nel giorno delle politiche proposta dal comitato Articolo 33, ma la data del referendum è rimandata al 26 maggio. «Io ho un obiettivo unico, importante e decisivo – ha continuato il sindaco – far sì che ogni mattina un papà e una mamma che si svegliano per andare al lavoro sappiano che le scuole di Bologna siano in grado di accogliere i loro bambini», ha spiegato Merola. Accogliere: perchè questo è il vero problema quando la lista di attesa si allunga e la povertà delle risorse aumenta spaventosamente. Oggi in città 27 scuole paritarie hanno convenzioni con il Comune, con all’attivo 73 sezioni e 1650 bambini ospitati. Il 21% dell’offerta complessiva che vede la parte restante gestita dallo Stato (17%) e dal Comune (60%). Il Comune di Bologna contribuisce alla vita delle paritarie con il sistema delle convenzioni, pari a un milione di euro. «La convenzione prevede circa 600 euro a bambino – spiega Rossano Rossi, presidente della Fism Bologna – contro una retta che varia dai 1.700 ai 2.000 euro all’anno». Togliere quei 600 euro, vorrebbe dire alzare la quota di quasi un terzo, arrivando a rette di 2.300-2.600 euro. «Una mazzata - continua Rossi - per le famiglie e per le scuole, molte delle quali dovrebbero chiudere». Il sindaco Merola si è scagliato contro quello che ha definito «ossessioni ideologiche» che impediscono la cosa più importante: «far sì che in un momento così difficile, i genitori possano essere sicuri che i loro bambini ricevano il massimo delle attenzioni nel massimo rispetto di codici educativi chiari e condivisi». «Il "Comitato Articolo 33", promotore del referendum - continua Rossi - non accetta che in Italia esista un sistema scolastico previsto dalla legge 62 del 2000 che assegna un ruolo pubblico ai privati che offrano un servizio scolastico nel rispetto di parametri precisi». Non potendo eliminare la legge, si cerca di fare entrare dalla finestra quello che non entra dalla porta. E si inizia dalle convenzioni. «Del resto - ha aggiunto ancora Merola - la pretesa di fare il referendum quando lo si ritiene meglio è davvero una pretesa faziosa». Qualcuno dirà che lo Stato soddisfa il suo compito istituzionale garantendo la scuola statale per tutti.«Non è pensabile - conclude il presidente Fism - che lo Stato possa fare quello che ora fanno i privati, che in Italia coprono il 35% dell’offerta».  

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: