mercoledì 16 dicembre 2009
Un pacco contenente un ordigno di due chili di dinamite è stato trovato mercoledì mattina, parzialmente esploso, nell'ateneo milanese. L'azione, è stata rivendicata da un volantino a firma anarchica e con una telefonata anonima al quotidiano Libero. Il gruppo sarebbe lo stesso che ieri ha piazzato un ordigno davanti al Cie di Gradisca d'Isonzo.
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    Un pacco contenente un ordigno è stato trovato mercoledì mattina, parzialmente esploso, all’università Bocconi a Milano. Il pacco bomba conteneva dell'esplosivo (due chili di dinamite secondo il volantino, ma è da verificare) collegato a un timer, e si trovava in un'intercapedine tra uno sgabuzzino e un corridoio sotterraneo. Alle 3 della notte tra martedì e mercoledì l’ordigno è esploso, ma solo in parte, a quanto pare per un difetto del congegno elettronico. La rivendicazione è arrivata alle 13 di mercoledì con una telefonata anonima e un volantino al quotidiano «Libero». La firma è della «Federazione Anarchica Informale», che in passato aveva firmato altri pacchi bomba, nell’ambito di azioni dimostrative tese a non colpire le persone. La Procura ha aperto un'inchiesta e attende l’informativa della Digos di ricostruzione dei fatti, che con ogni probabilità arriverà giovedì mattina sul tavolo del procuratore aggiunto Armando Spataro.Niente danni, solo tanta paura. Secondo quanto riferito dall'università, non ci sono stati danni a cose o persone e lo scoppio, che ha causato la caduta di qualche calcinaccio, è avvenuto nel tunnel tra via Sarfatti e via Bocconi, che di notte viene chiuso. Ad avvertire la polizia intorno alle 3.15 di notte è stato il custode della Bocconi, dopo aver sentito un violento colpo. Nel primo sopralluogo compiuto dagli agenti delle Volanti si è pensato ad un corto circuito, ma la successiva analisi compiuta dagli artificieri ha permesso di ritrovare parti di un tubo e di esplosivo non detonato. Secondo gli esperti si tratta di uno dei più classici ordigni rudimentali, composto da un cilindro metallico di circa 25 centimetri con un innesco elettrico, visto che dal manufatto uscivano dei fili. I pochi danni causati sono dovuti probabilmente all'imperizia con la quale questo detonatore elettrico è stato fabbricato.La «firma». Il volantino reca le firme «Sorelle in armi - Nucleo Mauricio Morales/Fai», è intitolato «Operazione Eat the Rich - Fuoco ai Cie» e si conclude con la minaccia: «Chiudere subito i centri di identificazione ed espulsione o inizierà a scorrere il sangue dei padroni». La stessa firma «Federazione Anarchica informale» è apparsa martedì su una busta contenente un portafoglio imbottito di polvere esplosiva, deflagrato sulla scrivania del direttore del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d'Isonzo (Gorizia). Tra gli obiettivi indicati nella rivendicazione il Cie e strutture collegate. La busta, gialla e di 25 centimetri per 15, aveva dei francobolli, ma era priva del timbro postale, l'indirizzo era scritto a macchina. La polvere esplosiva era del tipo usato per i petardi e l'innesco era elettrico. La deflagrazione se il direttore del Cie, Luigi Del Ciello, non fosse stato pronto di riflessi gettando la busta sulla scrivania, avrebbe potuto fare anche molto male, se ad esempio fosse avvenuta vicino al viso.Il testo del volantino. «16 dicembre ore 3.00 AM, Milano, 2 kg di dinamite porteranno rivolta e distruzione». Comincia così il volantino di rivendicazione. «Chi non terrorizza si ammala di terrore», si legge ancora nel documento. «Abbiamo scelto di colpire dove meno ve lo aspettate. In una fredda notte d'inverno il fragore di una esplosione illumina la parola solidarietà, che torna al suo giusto significato concretizzandosi nell'attacco a un avamposto del dominio, dove si formano i nuovi strumenti e apparati del capitale, dove si affilano le armi che taglieranno la gola agli sfruttati». «L'indignazione morale - continuano gli autori del volantino - per la costruzione di sempre nuovi campi di concentramento nel "civilissimo" occidente di inizio ventunesimo secolo, si trasforma in azione. Non coltiviamo eroismi, con questa nostra prima azione condividiamo semplicemente i rischi che sorelle e fratelli migranti vivono quotidianamente sulla loro pelle. Che la paura cambi di segno, siano ricchi e potenti a tremare, noi a ballare».
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