giovedì 15 febbraio 2018
Il centrodestra vuole modifiche. Asse Pd-M5S
14 dicembre 2017: l’aula del Senato ha appena dato il via libera alla legge sul «biotestamento» (foto Ansa)

14 dicembre 2017: l’aula del Senato ha appena dato il via libera alla legge sul «biotestamento» (foto Ansa)

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All’indomani dell’approvazione della legge sul testamento biologico da parte di un’anomala maggioranza (Pd-sinistra- M5S), a metà dicembre, ci fu un coro: «Non è eutanasia». Una legge 'fisarmonica', in realtà, aperta al rischio di dubbi interpretativi e a stravolgimenti per via giurisdizionale. Di fatto quasi sparita dai radar nei programmi elettorali dei partiti. Chi ritenendo ormai la causa 'persa'; chi considerandola viceversa vinta; chi ritenendo infine, pur avendo chiesto di più, che in fondo va bene così perché il resto sarebbe venuto in seguito. Una posizione, questa, che spiega l’esultanza, all’approvazione, da parte anche dell’Associazione radicale Luca Coscioni.

Il CENTRODESTRA VUOLE CAMBIARLA
Alessandro Pagano assicura che la Lega farà pesare i suoi numeri per cambiare la legge. «Proprio su questa norma decisi di uscire da Area Popolare – ricorda – e Matteo Salvini ha sottoscritto il nostro programma per la vita e per la famiglia, presentato a Roma, alla manifestazione che abbiamo tenuto a San Salvatore in Lauro, alla quale hanno partecipato anche Giorgia Meloni per Forza Italia e Maurizio Gasparri per Forza Italia».

MA SOLO IN 37 CI MISERO LA FACCIA
In realtà dentro Fi su tutto il fronte bioetico è prevalsa sempre, e prevale tuttora, la cautela. Sul testamento biologico gli azzurri sono per la libertà di coscienza e pur avendo tentato la strada degli emendamenti migliorativi (tutti bocciati) alla Camera, al momento del voto finale sono rimasti in pochi. Al Senato i giochi erano già fatti, la norma fu approvata senza modifiche. Mentre nell’aprile 2017 alla Camera, dove ci fu la discussione decisiva, non furono molti a metterci la faccia. Solo 37 furono i voti contrari, 15 di Forza Italia, 6 della Lega, 5 della ex Ap, 4 di Fratelli d’Italia, 2 dell’Udc, 1 di Idea e 3 del misto, per essere pre- cisi. E a ben vedere in questa campagna elettorale il tema non viene evocato da nessuno. Come archiviato nel dibattito dei partiti. Ci va giù duro, invece, il Popolo della Famiglia, che lotta per entrare in Parlamento proprio sulla promessa di dare battaglia per abolire norme approvate «contro vita e famiglia», ossia divorzio breve, legge Cirinnà e – appunto – biotestamento.

«UN DISEGNO GIA’ CHIARO»
«Chi ha voluto l’approvazione della legge con questa formulazione aveva perfettamente chiaro il suo disegno», dice l’onorevole Paola Binetti, deputata uscente, candidata per Noi con l’Italia-Udc. «Non a caso – ricorda – tutti i nostri emendamenti volti a inserire il divieto esplicito del suicidio assistito e dell’omicidio del consenziente sono stati bocciati. C’era già l’intenzione, evidentemente, di lasciare spazio alla giurisprudenza creativa, come ora sta emergendo». Ora, sul suicidio assistito di Dj Fabo è chiamata a decidere la Corte Costituzionale. «Secondo i giudici della Corte di Assise di Milano, all’individuo va 'riconosciuta la libertà' di decidere 'come e quando morire' proprio grazie ai principi della nostra Carta fondante», interviene Eugenia Roccella, del gruppo Idea, anche lei ora schierata con Noi con l’Italia. «Difficile pensare che i padri della Repubblica, usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale, si siano riuniti nell’assemblea costituente per stabilire il diritto a morire», ironizza. La quarta gamba del centrodestra ha la tutela della vita fra i suoi punti del programma, ma non c’è nessun riferimento esplicito alla norma sul fine vita. Sebbene nelle dichiarazioni di voto al Senato Gaetano Quagliariello abbia avvertito con chiarezza che «la via italiana all’eutanasia» sarebbe stata eliminata «quando un nuovo Parlamento vedrà ribaltati i rapporti di forza e una maggioranza di centrodestra», apportando significativi correttivi al testo, essenzialmente sul rafforzamento dell’alleanza medico-paziente e sul divieto di poter inserire idratazione e alimentazione artificiale fra le terapie rinunciabili attraverso le Dat.

IL PD: «BATTAGLIA DI CIVILTA’ VINTA»
Inutile cercare dichiarazioni del Pd sul testamento biologico. Se non per rivendicare una battaglia vinta ritenuta giusta. Una norma da archiviare con la dicitura 'fatto', non certo da correggere. Matteo Renzi ci è tornato di recente, alla scomparsa dell’ex presidente della Provincia di Firenze Michele Gesualdi, malato di Sla, che aveva scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato per affrettare l’approvazione della norma. «Un ultimo gesto lasciato al Paese - ha detto Renzi -, un grande contributo di civiltà sul fine vita con la sua testimonianza personale». Una battaglia che doveva servire, nelle intenzioni, anche a tentare di ricompattare il Pd visto che le due anime (quella renziana e quella poi confluita in LeU) erano concordi sul tema. Ma l’accelerazione di fine legislatura sul fine vita non è servita allo scopo, evidentemente. E anche per il partito di Pietro Grasso il capitolo sembra ormai archiviato, non se ne trova traccia in campagna elettorale.

LE OSCILLAZIONI DI M5S
Ma nello svolgimento del dibattito sul fine vita, e guardando ora ai nuovi equilibri che potranno manifestarsi in Parlamento, è cruciale il ruolo del M5S. Una «battaglia di civiltà» è stata definita: «Abbiamo rimesso al centro la dignità della parsona», scriveva il blog pentastellato, per una volta in piena sintonia con il Pd. Il popolo del Web nel settembre 2016 si era già espresso in maniera plebiscitaria (solo 934 contrari su circa 20mila votanti) per il sì alle Dat. Il deputato Matteo Mantero, autore di una proposta sul tema, aveva esultato, vedendo il via libera alla linea che aveva portato avanti fino a quel momento, molto filo-eutanasia. Questa posizione del M5S rende chiaro quanto difficile sia stato il tentativo di migliorare il testo da parte degli alleati centristi del Pd e degli stessi cattodem, dentro al Pd, e quanto difficile sia, ora, immaginare nuovi equilibri in grado di cambiare significativamente la norma da poco approvata. Anche se era stato Beppe Grillo, a sorpresa, a insinuare un dubbio: «Questo che chiamiamo 'morire' è una questione che ci trova ignoranti e intimoriti al tempo stesso». Ma alla fine hanno prevalso le certezze.

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