martedì 25 luglio 2017
Si trovano con un'app, si usano e si lasciano dove si vuole. E' la rivoluzione delle biciclette condivise senza rastrelliere, eco-novità per le metropoli. Ma fatti i ciclisti, ora servono le ciclabili
Bike sharing, arrivano in Italia le bici condivise a flusso libero
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La nuova frontiera della bici condivisa in città si chiama "a flusso libero". I primi mezzi a due ruote saranno disponibili in Italia a Firenze dai primi di agosto e poco dopo a Milano. Sono in molti a pensare che sia l'inizio di una rivoluzione nel modo di spostarsi nei centri urbani. Le esperienze all'estero, soprattutto in Cina, ma anche in altri Paesi, dalla Germania al Regno Unito, dagli Stati Uniti all'Australia, dicono che questo tipo di "bike sharing" è destinato a spopolare.

Flusso libero per tutti

Di cosa si tratta? Semplice: di biciclette che si trovano per strada e che possono essere usate e poi lasciate dove si vuole. Il sistema funziona con un'applicazione per smartphone che segnala dove ci sono mezzi disponibili e che fornisce il codice per sbloccare il lucchetto. Ogni bici, ovviamente, è dotata di sistema Gps che ne consente la localizzazione e dovrebbe evitare i furti. Per chi ha dimestichezza con le auto condivise è esattamente come con i veicoli Enjoy, Car2Go o altri servizi a motore. In questo caso, però, l'impatto sull'aria è zero. E il costo inferiore: 30 centesimi ogni mezz'ora.



In Cina è boom

A differenza dei sistemi di bike sharing che si sono affermati finora, in particolare a Milano con il BikeMi di Comune e Atm, nel sistema a flusso libero non ci sono rastrelliere dove si trovano le bici e dove è obbligatorio consegnarle, dunque un innegabile vantaggio riguarda la maggiore libertà (appunto) di azione. Oltre ai minori costi, che rendono il servizio alla portata anche dei comuni più piccoli. Il lato negativo è invece legato al rischio caos che un sistema di noleggio totalmente aperto può generare in fatto di parcheggi delle due ruote, come si è visto in Cina, dove il fenomeno della bici condivisa è letteralmente esploso in questi anni riprendendosi parte di quello spazio che le automobili avevano tolto nel tempo alle due ruote. Oggi solo poco più del 10% dei cinesi si sposta in bici, a inizio anni 80 erano oltre il 60%.

Un'invasione a due ruote

Non è un caso che il primo operatore ad arrivare in Italia, partendo da Firenze e Milano, sia cinese: Mobike. E' uno dei principali operatori del Dragone, con oltre 30mila bici tra Pechino e Shanghai, quello con la migliore qualità dei mezzi rispetto al colosso concorrente Ofo (250mila bici) o a Bluegogo. L'approdo italiano di Mobike è stato annunciato lunedì 24 luglio dai sindaci di Firenze Dario Nardella e di Milano Giuseppe Sala. Nel capoluogo toscano si parte con 500 bici, che diventeranno 4.000 nei due mesi successivi. Nella città della Madonnina le bici a flusso libero saranno ben 12mila e si affiancheranno alle 4.600 bici gialle e alle 1.000 rosse a pedalata assistita di BikeMi. Un'invasione di due ruote.


La primavera della bicicletta

Le bici a flusso libero non nascono in Cina. Molti milanesi ancora si ricordano l'esperimento del 1987, quando ai tempi della Giunta Pillitteri vennero messe a disposizione centinaia di bici gialle da usare liberamente. Sparirono tutte in un'ora. I tempi fortunatamente sono cambiati. E proprio il successo di BikeMi a Milano, progetto partito nel 2008 tra non poche diffidenze e qualche sorriso di scetticismo, lascia presagire un'evoluzione positiva anche per le bici a flusso libero. Gli abbonati BikeMi sono ormai 60mila e ad aprile si è toccato il record di bici prelevate: 23mila. Quello che il bike sharing insegna è che è sufficiente eliminare il problema dei furti (e della manutenzione dei mezzi) per convincere centinaia e centinaia di persone a preferire l'uso della bici per spostarsi in città rispetto all'auto o anche alle due ruote a motore. Ed è positivo il fatto che l'opportunità consenta a molti giovani di scoprire la comodità di un mezzo, la bicicletta, che sta conoscendo una nuova primavera.

Fatti i ciclisti, ora si facciano le ciclabili

Resta solo un dettaglio non irrilevante da considerare: l'inadeguatezza di molte città agli spostamenti in bici. Piste ciclabili realizzate male o incomplete, traffico caotico, soste in doppia fila ovunque, velocità elevate di molti veicoli a motore, scarsa predisposizione al rispetto delle norme di sicurezza da parte di troppi automobilisti (e spesso anche dei ciclisti, purtroppo), rendono le metropoli italiane luoghi ostili per chi si sposta pedalando. L'augurio è che il boom della bici condivisa porti gli amministratori a considerare che fatti i ciclisti a un certo punto occorrerà fare anche le ciclabili.

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