venerdì 30 ottobre 2020
L'udienza per il caso "affidi illeciti" della Val d'Enza è stata rimandata al 23 novembre per due eccezioni tecniche. Stamattina davanti al Tribunale di Reggio Emilia striscioni e slogan di protesta
Bibbiano, processo rinviato
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Dopo un anno e mezzo di attesa, nuovo rinvio al 23 novembre. Non c'erano gli imputati, rappresentati dai loro legali, stamattina nell'aula del Tribunale di Reggio Emilia, ma schierati nella piazza si sono fatti sentire decine di genitori "vittime" per l'allontamento considerato ingiusto dei loro figli da parte di vari tribunali minorili. Padri e madri - che non erano quelli coinvolti nell'inchiesta - hanno scandito slogan di protesta e mostrato striscioni. Nulla di clamoroso. Tutto si è svolto in modo civile e composto. La prima udienza preliminare del processo "Angeli & Demoni" sui presunti affidi illeciti è proseguita per circa due ore. È stata un'udienza tecnica nella quale sono state sollevate due eccezioni. La prima presentata dall'avvocato Rossella Ognibene - che difende Federica Anghinolfi, ex dirigente dei servizi sociali dell'Unione val d'Enza - sull'incompletezza del fascicolo delle indagini preliminari condotte dalla pm Valentina Salvi. Su questa il tribunale si è riservato di decidere il prossimo 23 novembre, data alla quale è stato rinviato il processo (dove sarà riunita la posizione di un imputato - oggi temporaneamente stralciata).

La seconda eccezione riguarda l'istanza di ricusazione del giudice Dario De Luca presentata dall'avvocato Franco Mazza (che difende la psicologa dell'Ausl, Imelda Bonaretti) secondo cui il giudice in qualche modo aveva "pre manifestato" la propria convinzione di rinvio a giudizio. Istanza (alla quale si erano associati anche le difese dell'Anghinolfi e l'avvocato Giovanni Tarquini che difende il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti) rigettata contestualmente con la motivazione che si trattava di "un'indicazione ipotetica di una data di rinvio a giudizio meramente eventuale". Calendarizzata infine anche la terza udienza al 17 dicembre, dove verrà data la parola agli avvocati difensori per discutere la pertinenza delle costituzioni di parte civile. Tra le richieste, il Ministero di Grazia e Giustizia, la Regione Emilia-Romagna, l'Unione dei Comuni della Val d'Enza, oltre ad associazioni varie che tutelano gli interessi dei minori e i singoli familiari delle presunte vittime di abusi.

L'inchiesta è arrivata in aula, a un anno e mezzo dalle misure cautelari. L’udienza preliminare di stamattina è scaturita dall’indagine dei carabinieri e del pm Valentina Salvi sugli affidi nella Val d’Enza reggiana che ha portato alla ribalta nazionale il piccolo Comune di Bibbiano. Davanti al giudice Dario De Luca sono state trattate le posizioni di 24 imputati. Più di cento i capi di imputazione, 155 i testimoni citati dall’accusa, 48 le parti offese.

"Angeli e demoni" ha scoperchiato un presunto business illecito, legato al mondo degli affidi, ipotizzando affari fatti sulla pelle dei minori, allontanati ingiustamente dalle famiglie con storie inventate, perizie falsificate per ingannare i giudici minorili, finti abusi, disegni manipolati a fini sessuali, e ore di sedute di psicoterapia, che servivano, secondo l’accusa, solo a fare ai piccoli «il lavaggio del cervello ». L’obiettivo, sempre secondo l’accusa, erano i bandi dell’Unione comunale. Proprio con accuse legate ad irregolarità sull’affidamento del servizio sociale era finito agli arresti domiciliari per il suo ruolo di assessore al Welfare dell’Unione Val d’Enza, il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, esponente del Pd. Liberato dalla Cassazione, la sua posizione si è ridimensionata nel corso dell’indagine.

Bibbiano è anche diventato epicentro della battaglia per le Regionali, con la Lega e le Sardine a contendersi le sue piazze e leader nazionali di partito in visita. Tra le figure chiave dell’inchiesta Federica Anghinolfi, ex dirigente del servizio sociale, l’assistente sociale Francesco Monopoli, la psicoterapeuta Nadia Bolognini, legata a Claudio Foti, della onlus piemontese 'Hansel e Gretel' a cui erano affidati i servizi. A loro vengono contestati i reati più gravi.

E i sette minori coinvolti nell’inchiesta? Sei sono tornati alle famiglie d’origine, in quanto la procura minorile di Bologna ha nel frattempo verificato l’insussistenza dei motivi per cui erano stati allontanati. Per un minore invece sono state completate le procedure di adozione. Per lui l’allontanamento dalla famiglia era più che giustificato. E i genitori hanno accettato la decisione del tribunale dei minori.

Bibbiano è la punta dell'iceberg di un sistema minori che ha l’anarchia come paradigma su cui nessuno da troppi anni può o vuole incidere. La diagnosi di questi mesi, segnate in profondità da un evento traumatico come quello della Val d'Enza, si sono sprecate. Abbiamo più volte messo in luce la necessità di un intervento globale, capace di armonizzare le varie distonie che oggi impediscono di avviare politiche organiche tra Stato e Regioni, tra sistema giudiziario e welfare locale, tra esperti chiamati di volta in volta a lavorare per i tribunali minorili, per i servizi sociali, per le parti coinvolte nei vari procedimenti, per la formazione dei legali e dei giudici. Non di rado sono le stesse persone che cambiano funzioni in base alle opportunità. Anche senza intaccare il beneficio della buona fede, non è difficile cogliere i troppi conflitti di interesse che si intrecciano in queste circostanze. Una cosa è certa, senza una riforma globale capace di rivedere profondamente l’intero sistema di tutela dei minori fuori famiglia – circa 30 mila bambini e ragazzi secondo la comparazione delle varie stime – non si riuscirà a incidere sulle carenze, e talvolta sulle vere e proprie ingiustizie, segnalate da più parti.

Esagerato parlare di Bibbiano come caso estremo di una situazione diffusa? Probabilmente no, anche se nella maggior parte delle altre situazioni contestate – più che una volontà specifica di nuocere ai minori e alle loro famiglie – hanno pesato incongruenze giudiziarie, ritardi o arbitrarietà degli interventi, inefficienze dei servizi, impossibilità di adottare criteri comuni da parte degli enti locali a causa delle mancanza di risorse. E la pandemia non ha fatto che aggravare, e in alcune circostanze rendere insopportabile, una situazione già pesantissima.

Lo sa bene un’esperta di lungo corso come Liviana Marelli, assistente sociale, responsabile dell’area minore del Cnca, membro dell’Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza. «La cabina di regia di cui si comincia a riflettere nell’ambito dell’Osservatorio sarebbe davvero una soluzione efficace per un coordinamento efficace tra le diverse politiche e i luoghi deputati all’elaborazione di proposte per minorenni e famiglie al fine di evitare inutili frantumazioni».

Il caso delle 'linee guida' è emblematico. In Italia esistono vari 'codici di comportamento', validati scientificamente e sostenuti dagli addetti ai lavori (Linee guida per la prevenzione del maltrattamento all’infanzia, per il diritto allo studio dei minori fuori famiglia, per l’affido, per le comunità e per le famiglie fragili) ma nella maggior parte dei casi rimangono elenchi di buone intenzioni. Meno della metà delle Regioni, a cui è assegnata la delega per tutti gli interventi socio-educativi, ha ratificato questi documenti e, soprattutto, non esiste un’autorità nazionale che ne possa imporre l’adozione. Un po’ come succede per le linee guida di ascolto dei minori nei procedimenti giudiziari.

«Per mettere mano a questa anarchia – riprende l’esperta – servono proposte concrete: maggiore integrazione tra politiche socio-educative e sanitarie; garantire organici adeguati e risorse economiche per l’attuazione dei livelli essenziali di prestazioni e per tutte le attività di presa in carico e di accompagnamento dei bambini e dei ragazzi; rendere operative le linee guida ». Il primo passo sarebbe un intervento della Conferenza Stato-Regioni che pure, a suo tempo, aveva dato il via libera alle 'Linee guida'. Peccato che poi non sia stato fatto nulla. Dipende anche dai vari livelli di competenze. Su tutto il sistema giudiziario, per esempio, le Regioni non hanno possibilità di intervento.

«Ecco perché l’idea di una cabina di regia affidata al ministero della famiglia potrebbe essere l’idea vincente. Non si tratta di sottrarre competenze ai vari ministeri – conclude Liviana Marelli – ma di uniformare gli interventi oggi profondamente disgregati ». Anche perché l’unico organismo che potrebbe dare organicità all’azione, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, è congelato. Da maggio si attende la persona che dovrebbe prendere il posto di Filomena Albano e la nomina non arriva. Tra pochi partirà il commissariamento. Della serie, i minori? Come sempre, l’ultimo problema.

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