venerdì 12 luglio 2013
​Durante l’ufficio di presidenza del Pdl, il Cavaliere tiene a bada i falchi del partito ribadendo l’appoggio all’esecutivo, a patto che faccia le riforme. Sul fronte giustizia si lavora a una campagna
informativa diffusa, ma senza piazze. Gasparri insiste: «Se condannato, daremo le dimissioni per andare al voto».
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I magistrati della Suprema Corte sono «giudici di rango» e «leggeranno le carte» con attenzione, perciò «spero fino all’ultimo, sono convinto che la Cassazione non mi condannerà...». Non è ancora sera quando Silvio Berlusconi confida a chi gli sta accanto di avere fiducia nel verdetto che verrà pronunciato dalle toghe d’ermellino. Conversazioni private, che rimbalzano nelle agenzie e confermano due cose: la regola del silenzio e del low profile che il Cavaliere si è dato (nessuna dichiarazione roboante in pubblico, neppure sulle reti di famiglia) e la tenuta del suo inguaribile ottimismo, non scalfito neppure dal terremoto scatenato dalla data "a sorpresa" del processo Mediaset. L’ufficio di presidenza del Pdl, convocato nel pomeriggio a Palazzo Grazioli, si è chiuso con la conferma della linea decisa durante il vertice dell’altra notte: «Il governo deve andare avanti. Basta con attacchi singoli», avrebbe ripetuto Berlusconi (critico anche verso «una parte del Pd, contraria alla pacificazione»), ma «non faremo sconti all’esecutivo sui temi economici» perché il Paese ha urgenza di uscire dalla crisi. Declinato in azione politica, significa che (nonostante la bagarre vista l’altro ieri all’interno dei gruppi di Camera e Senato, con furibondi vis-à-vis fra falchi e colombe) il Pdl non farà saltare il banco, almeno per ora, per portare a termine l’impegno assunto con i propri elettori, a iniziare dalle due battaglie per la cancellazione dell’Imu e del ventilato aumento dell’Iva. A smussare gli angoli ci hanno pensato il segretario Angelino Alfano e il Cavaliere: «Sono commosso dalla compattezza dei gruppi del Pdl. Questo rafforza la mia voglia di combattere per il bene del Paese».La linea "oltranzista", evocata in mattinata dal capogruppo al Senato, Renato Schifani («Se Berlusconi fosse condannato all’interdizione dai pubblici uffici, sarebbe molto difficile che un Pdl acefalo del suo leader possa proseguire l’esperienza del governo Letta»), potrebbe resuscitare solo in caso di condanna. Lo ripete in serata il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri: «Se Berlusconi venisse escluso dalla politica, chiederemmo le elezioni. La nostra arma sono le dimissioni collettive: il Capo dello Stato sarebbe quasi obbligato a sciogliere le Camere». Insomma, seppur mitigata dalla tregua, la fibrillazione resta. La situazione viene seguita a distanza dal Quirinale e, secondo alcune fonti, c’è l’eventualità che, come ieri per il segretario del Pd Epifani, oggi a salire al Colle per un colloquio possa essere Alfano.Sostegno al governo a parte, sul tema della giustizia resta l’intenzione di appoggiare la raccolta firme dei radicali per indire i referendum, oltre a campagne informative per i cittadini, in parte tramite Internet e in parte nelle città, ma senza raduni di piazza: «Non c’è in programma un grande evento, ma solo iniziative diffuse», anticipa Gasparri. Mentre il Cavaliere, in privato, non cambia idea sulle toghe di Magistratura democratica: «Un’associazione segreta di cui non si conoscono gli aderenti». Infine, il countdown giudiziario potrebbe non fermarsi al 30 luglio e concedere altro respiro al Cavaliere (l’udienza potrebbe essere infatti solo la prima e il verdetto giungere in autunno), offrendogli il tempo necessario a dar vita al passaggio di consegne fra il Pdl e la sua prima creatura politica: Forza Italia. La (ri)nascita ufficiale dovrebbe avvenire a settembre, ma ieri sera Berlusconi si è concesso una visita nel futuro quartier generale di piazza San Lorenzo in Lucina.
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