venerdì 11 novembre 2011
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​Davanti a Berlusconi, a ora di pranzo, c’è un Pdl spaccato tra l’appoggio al governo Monti e il voto anticipato. Ma le parole del premier sono obbligate: «Non posso accollarmi la responsabilità di negare il mio assenso, devo prendere una decisione nell’interesse del Paese. Vi voglio ascoltare tutti, ma andare al voto sarebbe un disastro: la speculazione ci assale, e noi saremmo indicati davanti agli elettori come quelli che si sono tirati indietro. Siamo il primo partito, rendiamocene conto, dobbiamo restare uniti...». D’altra parte la mattina si era aperta con un gesto alla luce del sole: un telegramma al neosenatore a vita Mario Monti, per augurargli «un proficuo lavoro nell’interesse del Paese».Il cuore del Cavaliere «gronda sangue» perché, come dice in serata al gruppo Pdl del Senato, «il voto sarebbe la via più limpida». <+corsivo>Sarebbe<+tondo>, «ma i mercati – continua – non ci danno tre mesi di tempo». Allora larghe intese? «Vedremo, deciderà il partito». Poi offre anche un altro spunto di riflessione: e se proponessimo noi come partito di maggioranza un candidato premier e magari un nuovo ministro del’Economia, avrebbe chiesto? Un’ipotesi su cui ragionare, forse anche per placare le ansie degli ex An, degli ex socialisti e degli ultra’ berlusconiani che invocano le urne e non gradiscono Monti.Dietro le sue parole c’è un «sì» già strappato da Napolitano. Attenzione, però: l’eventuale esecutivo del professore è già costato al premier la «temporanea» separazione da Bossi. Altro non vuole perdere. Perciò a Palazzo Grazioli fa parlare tutti i favorevoli al voto. La Russa, Matteoli, Brunetta, Sacconi. «Se andiamo alle urne – dicono – abbiamo ancora la possibilità di recuperare, queste ammucchiate ci faranno solo del male...». Paventano scissioni e gesti estremi, come le dimissioni di parlamentari. È un fronte in fibrillazione. Non hanno digerito un’intervista di Frattini che già dava «per scontata» l’adesione del Pdl. Non gradiscono le prime pseudoliste di ministri, che li estromettono dai giochi. «Noi preferiremmo un governo del tutto tecnico, senza politici», dice Maurizio Gasparri «Ma i nomi li fanno Monti e Napolitano», ribatte Frattini, che invece è ben quotato e gioca di sponda, in questa fase, con Gianni Letta, Formigoni e Scajola (il quale assicura: «Prevarrà la responsabilità»).Il senatore Quagliariello azzarda l’ipotesi di un appoggio esterno, ma Berlusconi lo esclude: «Napolitano non lo accetterebbe». Ma tra i senatori è proprio questa la linea che prevale alla fine: appoggio esterno vincolato alla realizzazione degli impegni presi cone la Ue. Si vedrà. Alfano deve chiudere la riunione con un’ammissione che non c’è ancora una linea comune e nelle prossime ore si riunirà l’ufficio di presidenza: «Arriveremo ad una sintesi». Ma «abbiamo 48-72 ore per la scelta giusta». Proprio sulla sintesi circolano le versioni più varie: assicurarsi dicasteri strategici - anche in relazione ai timori del premier sulla giustizia e sulle sue imprese - o rinunciarvi del tutto in accordo con le opposizioni, chiedere un esecutivo a scadenza, assicurarsi sul programma... Ma dal momento delle dimissioni tutto sarà nelle mani di Napolitano. Berlusconi sabato incontrerà anche i deputati. E anche a loro, come con i senatori, confesserà il suo turbamento: «Non capisco chi mi ha tradito – Carlucci, Antonione... –, gente ampiamente gratificata. Ci sto ancora male».
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