lunedì 24 giugno 2013
Silvio Berlusconi è un fiume in piena dopo la decisione dei giudici del tribunale di Milano:​ «E' stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica». Il Cavaliere però non ha intenzione di mollare: «Non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell'Italia un paese davvero libero e giusto»
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È un botta e risposta drammatico. Marina Berlusconi si sfoga, Silvio Berlusconi l’ascolta in silenzio. «Sapevo che finiva così. Hanno costruito questo processo per sfregiarti. Volevano demolire il nemico politico, non stabilire la verità», ripete la figlia del Cavaliere. Lui resta a lungo in silenzio. Come se volesse riflettere su quelle parole che nelle ultime settimane ha ascoltato più volte. «Nessun reato, nessun testimone, nessuna prova, nessun movente, nessuna vittima, eppure sapevo che sarebbe finita così. Ti vogliono abbattere», va dritta Marina. All’improvviso l’ex premier la ferma. «È vero è una sentenza violenta, è vero è una sentenza incredibile costruita solo per eliminarmi. Ma io sono innocente e resisto. No, non mi abbattono. Lo sai come sono, lo sai che resisterò a questa persecuzione». L’ultimo pensiero di Marina, Silvio lo legge sulle agenzie di stampa. «Tutto il castello crollerà, è certo, la verità verrà ristabilita, ma questo non basta in alcun modo a mitigare l’amarezza e lo sdegno». È una notte strana. Berlusconi è ad Arcore con la testa ferma su due parole: interdizione perpetua. Il Cavaliere le ripete in tutte le telefonate. Quasi meccanicamente. «Capite? Hanno solo un obiettivo: farmi fuori dalla politica». Poi abbassa la voce: «È dura vedere queste condanne che si continuano a sommare. È dura sopportare tanta ingiustizia. In queste ore pensavo a Nelson Mandela, agli anni passati in carcere... Chissà, magari finiranno per trasformare in martire anche Silvio Berlusconi». Il Pdl è tutto con lui. C’è rabbia verso quella sentenza, verso quei sette anni, verso quell’«interdizione perpetua». Anche i ministri più moderati faticano a trattenersi. Quagliariello affonda: «Oggi è una giornata nera per lo Stato di diritto nel nostro Paese». Lupi lo segue: «Sono allibito per come viene esercitata la giustizia in alcuni tribunali di questo Paese. Non riesco ad avere altre reazioni». Angelino Alfano chiama Arcore e poi spiega il senso di quella telefonata: «Volevo manifestargli la più profonda amarezza e l’immenso dolore di tutto il Popolo della Libertà per una sentenza contraria al comune senso di giustizia e peggiore di ogni peggiore aspettativa. L’ho invitato a tenere duro e ad andare avanti». Berlusconi con una manciata di parole fa capire di non aver nessuna intenzione di mollare: «Resisto a questa persecuzione perchè sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’Italia un paese davvero libero e giusto».L’ala dura del Pdl vuole però lo scontro. Brunetta affonda un primo colpo: «Tutto ciò non è più accettabile. È arrivato il momento di dire definitivamente basta a questo attacco alla libertà». Cicchitto va avanti: «Siamo al limite dell’eversione e quindi del colpo di Stato. Così la pacificazione salta, ma non è responsabilità nostra». Sono ore complicate. Non c’è ancora un’intesa sullo stop all’aumento dell’Iva. È lontano un accordo sull’Imu. Enrico Letta capisce le difficoltà e si rende conto che, con un quadro così sfilacciato, senza un accordo sulle questioni economiche il governo rischia. Non parla il premier. Aspetta il "faccia a faccia" fissato per oggi con il Cavaliere, ma sottovoce ammette: «Tutto rischia di complicarsi, spero solo che continui a prevalere la responsabilità». I "falchi" del Pdl insistono. Chiedono a Berlusconi di non andare dal premier. Di essere più esigente. Di non fare più sconti al governo. Parlano di crisi a luglio e di voto già in autunno.  Insomma molti vogliono la guerra. Berlusconi no: «Questo governo non cadrà mai sulla giustizia. Non cadrà mai per colpa di una sentenza. Nemmeno la più atroce, nemmeno la più ingiusta. Se Letta fa le cose che servono al Paese il nostro sostegno sarà convinto».  La notte è però sempre drammatica. Berlusconi, in queste ore, pensa anche alle aziende. A Mediaset sospesa in borsa. A Marina che più volte lo aveva avvertito: pagherai un prezzo alto. Il Cavaliere sa che c’è della verità nel messaggio della figlia, ma sa che una crisi di governo sarebbe un male anche per i suoi beni. «Non mi abbatteranno, vado avanti», ripete sottovoce. I figli sono con lui. Quando è buio riparla con Alfano. Lo invita a rassicurare Letta: la linea è quella della responsabilità. E anche Brunetta non "morde": «Un intervento del Quirinale sulla giustizia? Non amo tirare per la giacchetta il Presidente della Repubblica, sta alla sua coscienza come primo magistrato d’Italia». Quando sono passate le dieci e la notizia ha fatto il giro del mondo e le telefonate non sono finite, Berlusconi concede l’ultima triste ammissione: «Mi hanno tolto il sonno. Forse anche questa notte resterò a pensare e a interrogarmi». <+copyright>
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